Preghiera di Comunità Una -
Traccia per la riflessione - Gruppo Fuoco Letture della festa della Santissima Trinità,
anno A
A immagine della Trinità
Con questa settimana riprendiamo
il Tempo Ordinario, quello che penso debba essere considerato il tempo
“normale” per il cristiano e quindi, se vogliamo, il più importante.
Sì, perché mi pare valga il paragone con la vita quotidiana:
una persona ad esempio è viva e allegra se lo è nella vita
di tutti i giorni, e non solo nelle feste o quando si concede una “botta
di vita”! Tempo Ordinario, dunque, tempo per vivere ogni giorno con l’eco
nel cuore della Buona Notizia ascoltata nei tempi forti.
Alla ripresa del Tempo Ordinario, dopo
la Pentecoste, la Chiesa mette la Festa della Trinità, che ricapitola
un po’ la nostra fede, quella che dichiariamo ogni volta che ci facciamo
il segno della croce “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo” e ogni volta che recitiamo la preghiera più ripetuta
nella Liturgia delle Ore, il Gloria. La Chiesa non tenta però di
darci una spiegazione teologica. L’intento delle letture proposte dalla
liturgia è quello di dare solo dei flash per cogliere il volto di
Dio, ossia per capire meglio in quale Dio crediamo.
Breve introduzione. Lunedì sfogliavo
l’ultimo numero della rivista “E-il mensile” appena arrivato, e
ho letto un breve saggio di Giulio Giorello, intitolato “L’ebbrezza
della scelta”, in cui, di fronte a scelte personali, ad esempio
in materia di testamento biologico, discute del dilemma tra l’autonomia
decisionale dell’individuo e il dover seguire le indicazioni di una qualche
“autorità superiore”, siano esse autorità politiche o religiose
o esperti medici. Giorello conclude: “Ma io non vorrei mai ... che Dio
per chi ci crede, o l’Essere o la natura per chi è di altro avviso,
si rivelasse un tiranno teologico o metafisico. Non può essere lecito
– persino per chi non aderisce ad alcuna fede religiosa – vederlo invece
come un compagno delle nostre lotte e delle nostre speranze: clemente e
misericordioso?”. Mi ha fatto pensare: “ma guarda che immagine di Dio
facciamo arrivare al mondo intorno a noi!”. Siccome sono ignorante, ho
cercato in Internet chi è Giorello e ho scoperto che è un
filosofo e matematico, i cui interessi sono indirizzati verso i temi del
rapporto tra scienza, etica e politica. Si definisce “ateo metodologico”,
che non pretende di dimostrare che Dio non esiste ma rivendica la libertà
nell’impostare le questioni filosofiche e scientifiche. In una recensione
del suo libro “Senza Dio” si dice: “L’autonomia dell’individuo,
l’assenza di dogmi o autorità a cui sottomettersi sono infatti la
forza dell’ateismo che, come evidenzia brillantemente Giorello, «non
sta nel dimostrare che Dio non c’è, bensì nel rifiuto
di riconoscerlo come un padrone».” Ecco, torno alla sensazione
che avevo avuto subito alla fine della lettura del suo articolo: l’immagine
di Dio che diamo fuori della comunità dei credenti è quella
di un Dio padrone e tiranno, mentre lo stesso Giorello, ateo dichiarato,
si domanda se non potremmo vederlo come “un compagno delle nostre lotte
e delle nostre speranze: clemente e misericordioso”. C’è davvero
sete di un Dio clemente e misericordioso!
In quale Dio crediamo
La nostra fede di cristiani ci presenta
un Dio ben diverso da quello che noi stessi lasciamo intravedere al di
fuori. Già nella prima lettura di oggi, presa dal libro dell’Esodo,
vediamo che Dio già nell’Antico Testamento, veniva percepito come
«Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia
e di fedeltà». Già! Credo che ciascuno di noi
possa rendersi conto che Dio avrebbe avuto tanti motivi per arrabbiarsi
con noi, anche a livello personale e individuale. Quelle
volte che qualcuno aveva così chiaramente bisogno del mio aiuto
e io me ne sono battuto l’anima... quelle volte che, per orgoglio, ho tenuto
il muso per anni ad un parente... quelle volte che ho messo al primo posto
la carriera, le cose, il mio onore, il mio comodo, e tutte le relazioni
di affetto sono passate in secondo piano... Sì, se Dio fosse stato
un padre normale, chissà quante volte mi avrebbe preso per i capelli
e sbattuto la testa sul tavolo! E invece ha avuto pazienza, mi ha lasciato
libero di scegliere e sbagliare, ha aspettato che arrivassi a rendermi
conto. Gesù però va ancora oltre,
molto oltre. A Nicodemo dice: «Dio ha tanto amato il mondo
da dare il suo Figlio unigenito .... Dio non ha mandato il Figlio
nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per
mezzo di lui». Sì, lo so, l’abbiamo sentito tante
volte che non ci fa impressione. Ma il punto è il solito: se crediamo
che Gesù, il Cristo, fosse il Figlio di Dio, come lui stesso proclamava,
e come attestato dai segni che compiva e dalla sua resurrezione che gli
apostoli ci hanno testimoniato anche a costo di dare loro stessi la vita,
allora non possiamo scivolarci sopra con facilità. Immaginiamoci
un attimo di essere al posto di Nicodemo, soli con Gesù che ci dice
queste cose, che ci fa questa confidenza. Cosa proveremmo? Da parte di
Dio siamo alla follia, dare il proprio figlio perché il mondo si
salvi! Questa sì che è una Buona Incredibile Notizia! Gesù
dice una cosa straordinaria: che il Padre desidera che ci salviamo e ha
mandato il suo Figlio per questo scopo, che Dio non desidera la nostra
condanna, non è un poliziotto severo che ci aspetta al varco, mai!
Dio ama di un amore sconfinato e perdona anche chi è meno amabile,
chi lo rinnega, chi lo tradisce, chi lo condanna a morte. Gesù muore
in croce per svelare questo volto splendido di Dio!
E la storia di Gesù ci rivela
un’altra cosa: che Dio è comunione, è Trinità, un
Dio unico che si manifesta a noi in tre persone, in tre modi diversi. Dio
è il Padre che ama il mondo al punto da dare il suo figlio unigenito.
Dio è il Figlio che dà la vita e che è una
sola cosa con il Padre (“Io e il Padre siamo una cosa sola”
Gv 10,30). Dio è Spirito che consola, che insegna le verità
spirituali più profonde, che prega in noi con gemiti inesprimibili
e ci permette di gridare “Abbà, babbo, papà”, è Spirito
di vita donato dal Padre e dal Figlio.
Questo della Trinità è
un mistero, nel senso che non è da capire intellettualmente con
le nostre categorie umane, ma solo da accogliere. È come quando
Gesù chiede: “voi chi dite che io sia?”. La risposta può
essere data solo all’interno di un rapporto personale con Dio. Un rapporto
in cui dobbiamo solo non occupare tutto lo spazio disponibile col nostro
ego, ma aprirci all’ascolto della novità di Dio, sicuramente diversa
da qualunque idea mentale possiamo essercene fatta. Il succo della questione,
il volto di Dio da scoprire anche personalmente, è che Dio si
rivela come comunione, famiglia, festa, danza. Dio non è l’essere
solitario e immobile dei filosofi greci, bastante a sé stesso, ma
spirito di amore che dà la vita e chiama l’uomo a fare parte del
Regno di Dio.
Creati a Sua immagine
E qui viene per forza da fare una riflessione
su di noi, anche come individui ma in particolare come Comunità
e come porzione della Chiesa. Noi che siamo creati a immagine di Dio, che
abbiamo lo Spirito di Dio dentro di noi, dobbiamo quindi convertire il
nostro modo di guardare a noi stessi. Anche noi siamo fatti per la relazione,
l’amore, la comunione, la fraternità. Ciascuno di noi è diverso
dall’altro, eppure nel profondo siamo tutti uniti! Come dice San Paolo:
“In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (Atti 17,28).
Diventa quindi imperativo scoprire sempre di più questa unità
nella totale ed anche entusiasta accettazione della diversità.
Essere fatti a immagine di Dio Trinità
vuol dire di rifiutare di comportarci come se esistessimo solo noi,
senza tenere conto delle esigenze o delle sensibilità degli altri,
smettere di pretendere che gli altri, fossero anche i figli, la pensino
o si comportino come noi. Chi non accetta la diversità e non ne
coglie la potenziale bellezza creativa, può facilmente cadere nel
conformismo, così si elimina il pericolo di esporsi e mettersi
in gioco. O ancora più spesso vive in perenne competizione
con gli altri, cercando di dimostrare di essere più bravo, più
informato, più riuscito, più qualsiasi-cosa, e quindi alla
fin fine cercando sempre di sminuire il valore dell’altro. O, infine, può
essere frequentemente elemento di conflitto, avendo sempre una battaglia
da combattere per il predominio, anche all’interno di un gruppo cristiano,
o anche solo criticando quelli che la pensano diversamente. E lasciamo
da parte i casi storici più eclatanti di emarginazione e persecuzione
dei diversi, fossero essi lebbrosi, ebrei, zingari, omosessuali, o di coercizione
violenta degli indio da parte dei conquistador perché abbracciassero
la fede cattolica!
Se invece sento l’unione nel profondo
con Dio e con tutti gli esseri, posso sviluppare la mia strada e vivere
gioiosamente la mia diversità, senza alcuna gelosia o giudizio verso
chi percorre strade diverse. Anzi, la diversità può allora
diventare arricchimento reciproco, come del resto avviene normalmente quando
un uomo e una donna si mettono insieme e formano una famiglia. Possiamo
essere diversi ma uguali, diversi ma in comunione.
Ecco qui il grosso dono e impegno per
la nostra Comunità e ovviamente anche per la Chiesa intera, di cui
facciamo parte: essere uniti nell’amore fraterno reciproco. La Comunità
è e deve continuare ad essere scuola di comunione. Ogni volta
che rinunciamo all’egoismo o alla supremazia sull’altro, ogni volta che
ci aiutiamo a realizzarci più pienamente, nell’accettazione delle
diversità, ogni volta che ci vogliamo bene, rendiamo presente
Dio tra di noi (ricordiamo: “dove sono due o tre riuniti nel
mio nome, io sono in mezzo a loro.”, Mt 18,20) e rendiamo la nostra
Comunità sempre più a immagine del vero volto di Dio, quello
della Trinità. La vocazione della Comunità, potremmo dire,
è quella di essere icona della Trinità.
Vale anche per noi l’invito e l’augurio
di San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, seconda lettura di questa
domenica: “siate lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio
a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore
e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo.
Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore
di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.”
Sembra una Carta Verde in poche parole. Essere lieti, innanzi tutto. Tendere
alla perfezione, senza scoraggiarci per quanto ne siamo lontani, anzi,
incoraggiandoci a vicenda. Avere gli stessi sentimenti, in un rapporto
quotidiano di condivisione. Vivere in pace, con noi stessi, con la famiglia,
con i fratelli della Comunità e della parrocchia, col mondo che
ci circonda da vicino e con quello lontano, con Dio. … Sì,
lo so, è così difficile da realizzare! Ma Paolo aggiunge
anche: “e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi”.
Se solo ci crediamo un pochino che Dio, il Dio dell’amore e della pace,
proprio Lui, è con me, se lo chiamiamo e lo accogliamo, questo invito
di Paolo smette di essere un’utopia e diventa un programma di vita. E l’augurio
finale diventa una realtà: la grazia del Signore Gesù, l’amore
di Dio, la comunione dello Spirito Santo sono con tutti noi!
Compito per le vacanze: un po’ ci vedremo
e un po’ siamo lontani; cerchiamo di ricordarci sempre gli uni degli altri,
di esserci vicini con il cuore. E poi, incontreremo persone diverse, vedremo
posti diversi, scopriremo abitudini diverse: impegniamoci a scoprire la
bellezza delle diversità!