giovedì 5 giugno 2014

Da Atti 2 attraverso il Concilio Vaticano II:

Essere comunità oggi


Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parta a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

(Atti degli Apostoli 2, 42-48)

I pilastri della comunità cristiana

Fin dall’inizio della sua storia la comunità cristiana aveva chiaro quello che era il suo compito. Luca scrive intorno al 90 d.C. (sono passati circa 60 anni dalla morte di Gesù) e definisce con chiarezza quale sia il ruolo ed il compito della Chiesa nel mondo del suo tempo e di ogni tempo e quindi anche del nostro.

Ci è parso importante al termine di questo nostro secondo anno, e quindi al centro del nostro percorso in occasione della prossima Pentecoste, fare il punto sul laicato non tanto nel cammino personale di ciascuno di noi, ma soprattutto in riferimento al nostro essere comunità di laici; cercherò di rileggere insieme a voi un documento poco conosciuto: l’Apostolicam Actuositatem.

Nel brano che abbiamo appena ascoltato Luca ricorda quali sono le fondamenta della comunità cristiana e richiama così anche noi a non dimenticarci di questo:

Nella comunità apostolica “erano assidui…

  1. Nell’ascoltare l'insegnamento degli apostoli: il dono grande del Concilio, nell’aver ridato in mano ai laici la Parola di Dio, ci impegna oggi a costruire la Casa della nostra vita sulla roccia viva; sebbene possa essere faticoso, solo così potremmo rendere salda la nostra costruzione.
  2. Nella comunione fraterna: l’idea forte del Concilio di una chiesa non più società perfetta e gerarchica ma comunione fraterna di uomini e donne chiamate a condividere i doni di cui il Signore li ha resi partecipi, rende la nostra appartenenza alla comunità cristiana più ricca, feconda e pertanto responsabile.
  3.  Nel rompere il pane e nelle preghiere: la riforma liturgica voluta dal Concilio rende finalmente il popolo di Dio partecipe della lode a Dio; siamo chiamati pertanto a vivere la Messa e la preghiera non come passivi spettatori ma a celebrare in esse la nostra vita.
  4. Lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.

 

A come accoglienza e apostolato

Luca è chiaro: la testimonianza coerente portava alla stima da parte di coloro che venivano a contatto con i primi cristiani e da qui nasceva la possibilità di annunciare il vangelo. Pertanto la nostra vocazione all’accoglienza deve innanzitutto misurarsi con la coerente testimonianza, ovvero nell’essere sale e luce, ma sale che non perde il sapore e luce che non si nasconde sotto il moggio. Si deve porre attenzione a non cadere nella tentazione di sentirsi magari vecchi o di aver ormai fatto il nostro tempo; né a sentirsi persi perché magari non vediamo i frutti dei nostri sforzi, poiché il Signore sa costruire con le nostre debolezze, purché ci affidiamo a Lui, ed infine la nostra testimonianza non è fatta per portare avanti i nostri piccoli progetti umani. Scrive il Concilio: “Questo è il fine della Chiesa: con la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo. Tutta l'attività del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama “apostolato”; la Chiesa lo esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi; la vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato. C'è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione […]; anche i laici, essendo partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all'interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo. In realtà essi esercitano l'apostolato evangelizzando e santificando gli uomini, e animando e perfezionando con lo spirito evangelico l'ordine temporale, in modo che la loro attività in quest'ordine costituisca una chiara testimonianza a Cristo e serva alla salvezza degli uomini. Siccome è proprio dello stato dei laici che essi vivano nel mondo e in mezzo agli affari profani, sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito cristiano, esercitino il loro apostolato nel mondo, a modo di fermento” (Apostolicam Actuositatem 2) ed in precedenza “I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici; anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato sia più intenso e più esteso. Infatti l'aumento costante della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato straordinariamente il campo dell'apostolato dei laici, in gran parte accessibile solo ad essi, ma hanno anche suscitato nuovi problemi, che richiedono il loro sollecito impegno e zelo.  Tale apostolato si è reso tanto più urgente, in quanto l'autonomia di molti settori della vita umana si è assai accresciuta […]. Il segno di questa molteplice e urgente necessità è l'evidente intervento dello Spirito Santo, il quale rende oggi sempre più consapevoli i laici della loro responsabilità e dovunque li stimola a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa.” (A.A. 1).

 

Radici dell’apostolato dei laici

Continuo a leggere il documento del concilio: “I laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo capo. Infatti, inseriti nel corpo mistico di Cristo per mezzo del battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato. Vengono consacrati per formare un sacerdozio regale e una nazione santa (cfr. 1 Pt 2,4-10), onde offrire sacrifici spirituali mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo.[…] L'apostolato si esercita nella fede, nella speranza e nella carità: virtù che lo Spirito Santo diffonde nel cuore di tutti i membri della Chiesa. Anzi, in forza del precetto della carità, che è il più grande comando del Signore, ogni cristiano è sollecitato a procurare la gloria di Dio con l'avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini […] Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo […] elargisce ai fedeli anche dei doni particolari […] Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo con la libertà dello Spirito.” (A.A. 3).

 

Apostolato e politica

L'opera della redenzione di Cristo ha per natura sua come fine la salvezza degli uomini, però abbraccia pure il rinnovamento di tutto l'ordine temporale. Di conseguenza la missione della Chiesa non mira soltanto a portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche ad animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito evangelico. […] Nell'uno e nell'altro ordine il laico, che è simultaneamente membro del popolo di Dio e della città degli uomini, deve continuamente farsi guidare dalla sua unica coscienza cristiana.” (A.A. 5).

I laici devono assumere il rinnovamento dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini devono cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità; dappertutto e in ogni cosa devono cercare la giustizia del regno di Dio.” (A. A. 7).

Affinché tale esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni critica e appaia come tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e Cristo Signore, al quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso; si abbia estremamente riguardo della libertà e della dignità della persona che riceve l'aiuto; la purità di intenzione non macchiata da ricerca alcuna della propria utilità o desiderio di dominio; siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti ma anche le cause dei mali; l'aiuto sia regolato in modo che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventi sufficienti a se stessi." (A.A. 8). Tale opera è propria del fedele laico e nessuno può compierla al suo posto.

 

Caratteristiche dell’apostolato dei laici

"I laici adempiono tale missione della Chiesa nel mondo: a) anzitutto nella coerenza della vita con la fede, mediante la quale diventano luce del mondo, e con la loro onestà in qualsiasi affare, con la quale attraggono tutti all'amore del vero e del bene, e in definitiva a Cristo e alla Chiesa; b) con la carità fraterna, con cui diventano partecipi delle condizioni di vita, di lavoro, dei dolori e delle aspirazioni dei fratelli e dispongono a poco a poco il cuore di tutti alla salutare azione della grazia; c) con la piena coscienza della propria responsabilità nell'edificazione della società, per cui si sforzano di svolgere la propria attività domestica, sociale, professionale con cristiana magnanimità. Così il loro modo d'agire penetra un po' alla volta l'ambiente di vita e di lavoro."  (A.A. 13)

Si sforzino i cattolici di collaborare con tutti gli uomini di buona volontà nel promuovere tutto ciò che è vero, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è amabile” (A.A. 14)

 

Vivere l’apostolato in comunità

L'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse: « Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20). […] Le associazioni erette per un'attività apostolica in comune sono di sostegno ai propri membri e li formano all'apostolato, ordinano e guidano la loro azione apostolica, così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente." (A.A. 18)

“Fine immediato di tali organizzazioni è il fine apostolico della Chiesa, cioè l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo che riescano ad impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti.” (A.A. 20)

In primo luogo il laico impari ad adempiere la missione di Cristo e della Chiesa vivendo anzitutto nella fede il divino mistero della creazione e della redenzione, mosso dallo Spirito Santo che vivifica il popolo di Dio e che spinge tutti gli uomini ad amare Dio Padre e in lui il mondo e gli uomini.” (A.A. 29)

Essi sono spesso la via ordinaria di un'adeguata formazione all'apostolato. In essi infatti si dà simultaneamente una formazione dottrinale, spirituale e pratica. I loro membri, riuniti in piccoli gruppi con i compagni e con gli amici, valutano i metodi e i frutti della loro attività apostolica e confrontano con il Vangelo il loro modo di vivere quotidiano.” (A.A.30)

In particolare la formazione deve rendere capaci i singoli membri di un fattivo e costruttivo dialogo con tutti gli uomini, di un impegno concreto e forte nel mondo della politica e delle istituzioni e nella testimonianza della carità.

In conclusione “Il sacro Concilio scongiura perciò nel Signore tutti i laici a rispondere volentieri, con generosità e con slancio alla voce di Cristo, che in quest'ora li invita con maggiore insistenza, e all'impulso dello Spirito Santo. […] È ancora lui che li manda in ogni città e in ogni luogo dove egli sta per venire (cfr. Lc 10,1), affinché gli si offrano come cooperatori nelle varie forme e modi dell'unico apostolato della Chiesa, che deve continuamente adattarsi alle nuove necessità dei tempi, lavorando sempre generosamente nell'opera del Signore, sapendo bene che faticando nel Signore non faticano invano” (A.A. 33)

Saranno comunque altre parole ad indicare la strada maestra alla chiesa per una vera testimonianza di Cristo e per la costruzione del regno di Dio; parole che vorrei lasciare alla vostra e mia meditazione in questa estate che sta per cominciare: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (G.S. 1).