L'attesa di vedere il volto del Messia

Gruppo Fuoco - Traccia di riflessione per la Preghiera di Comunità Una di giovedì 30 gennaio 2003
Letture di domenica 2 febbraio - Presentazione del Signore
Vangelo: Luca 2, 22-40


"Eccoci qua … ancora una volta un Vangelo difficile", ci siamo detti quando ci mettevamo a preparare la nostra condivisione per questa preghiera. "Ci vorrebbe qualcuno preparato …". Ci sentivamo di non aver niente da dire, niente da dare agli altri … magari ci si preoccupa un po’ troppo di fare una bella predicazione, ci sembra di dover fare chissà cosa, invece di pensare che lo scopo è quello di condividere tra noi quello che abbiamo capito del Vangelo … e poi abbiamo comunque cominciato a parlare su quello che il Vangelo di oggi ci diceva.
Qualche giorno dopo ho cercato in Internet delle omelie su queste letture. Ho trovato 2 omelie del papa, due del cardinale Tettamanzi, una del cardinal Biffi, una del cardinale Martini … le ho scorse tutte, … ho trovato alcuni spunti di riflessione … ma a volte un po' troppo "concettosi" … e alla fine mi pareva proprio che gli spunti migliori, per la nostra vita, fossero proprio quelle quattro briciole di pane spezzato nella nostra condivisione … piccoli barlumi di luce che, insieme, formano un segnale luminoso … "PER DI QUA"!

In questo brano di Vangelo Giuseppe e Maria portano Gesù al Tempio per essere presentato al Signore. Fanno quello che andava fatto, secondo la legge di Mosè. Un episodio normale, anzi, normalissimo. Tant’è vero che, alla fine del brano, si dice: “Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.” Una vita che si dipana quindi secondo i ritmi normali di una famiglia normale di quei tempi. Niente fuochi artificiali, niente miracoli. E questo ci rincuora anche un po’, perché è già un motivo per sentire la vita di Gesù vicino alla nostra, nella normalità delle cose quotidiane.

Eppure questo episodio, visto nell'ottica della Storia della Salvezza, è un evento straordinario: il Messia, l'Unto del Signore, il Salvatore del mondo, per la prima volta viene presentato “ufficialmente” alla comunità di Israele. Giovanni, l’Evangelista, che Gesù lo ha conosciuto da vicino, ne parla in modo entusiasta e innamorato: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo … E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. … Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.”
Un evento straordinario che però passa quasi inosservato: un bimbo qualsiasi, portato da due giovani genitori, qualsiasi. Malachia profetizza un arrivo in grande stile - “chi resisterà al suo apparire?” dice nel brano di oggi. E invece pare si debba dire “chi se ne accorge?”.

Qui entra in scena il personaggio principale di questo brano, il vecchio Simeone. Di lui si sa poco, solo che lo Spirito gli aveva preannunziato che “non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore”. Questa attesa di vedere il Messia ci pare già una cosa incredibile, e le parole che pronuncia dopo ci dicono che questo evento era il perno di tutta la sua vita. Penso per contrasto alla mia vita, alla nostra vita, sempre piena di cose da fare, e se non c’è da fare niente me lo trovo. Per la carità, tutto bene, perché c’è realmente un sacco da fare, guadagnarsi il pane e burro, tirare avanti la casa, i figli, genitori che hanno bisogno di noi, il catechismo e l’accoglienza, un po’ di volontariato sociale, il CPM, qualcosa per la Comunità … Però mi viene da chiedermi se la mia, la nostra vita, non è un po’ troppo presa dal fare. Pensavo: e se tutto d’un colpo ci trovassimo nel Paradiso Terrestre? Non c’è da lavorare per mangiare, non ci sono bollette da pagare in Posta, non ci sono elettrodomestici da riparare, non c’è da guardare con ansia il telegiornale per sapere se Bush non resiste alla sua voglia di fare la guerra all’Iraq, non c’è da lavare e stirare … Cosa faremmo? Riusciremmo a passare il tempo cantando, godendo il sole e l’acqua fresca dei ruscelli, ascoltando il canto degli uccellini, condividendoci le nostre gioie? Pensiamoci, pensiamo alle cose che veramente contano per essere “vivi”, perché con la vecchiaia potremmo essere costretti a non avere più molto da fare, e potremmo invece anticipare lo spirito di quiete del Paradiso Terrestre.

Il cuore di Simeone era lì, vedere il volto di Dio. Come nel salmo: “Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco.”. Ma come farà a vederlo, nel volto di un bimbo normale? E’ in realtà una ricerca fatta come di notte. Mi vengono a mente le parole di quel canto di Taizé : “de noche iremos, de noche, que para encontrar la fuente solo la sed nos alumbra” - “di notte andremo, di notte, che per incontrare la fonte solo la sete ci illumina”. E’ la sete che ci fa vedere dove è la fonte. E’ il desiderio di vedere il Messia che rende diversi gli occhi di Simeone, come quelli della profetessa Anna. La sete di Dio, la vita orientata non solo al fare, la capacità di fare silenzio, sono gli elementi per cogliere lo straordinario negli eventi più o meno ordinari. Che bello se anche noi riuscissimo la sera a soffermarci, magari dopo una giornata faticosa, o anche dopo una giornata apparentemente buttata via, a pensare a quando nella giornata abbiamo colto barlumi di luce … allora ci resterebbe più facile dire, con Simeone “Ora lascia Signore … perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza…”. E se guardando indietro all’anno trascorso sapessimo cogliere quante volte il Signore ci è passato accanto, sapessimo interiorizzare la sua presenza accanto a noi nelle giornate trascorse, nelle cose e nelle persone che ci sono vicine ogni giorno! Proviamoci!

Simeone riconosce il Messia in Gesù bambino, e questo ha due effetti netti e strettamente legati tra di loro, la gioia e la illuminazione.
Innanzi tutto la gioia: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi han visto la tua salvezza». Riuscire a “vedere” Dio, anche nascosto sotto l’aspetto di un bambinetto, ti cambia. Tutto il resto non conta niente. E bisogna pensare che Dio non è una cosa complicata. Dio non viene colto dai sapienti, da chi ha studiato le scritture, ma dai semplici. È una questione di fede, non di testa, ma di cuore. La religione è spesso una cosa complicata, la fede è semplice. Alle volte, quando sono a messa, mi stupisco di quanto facilmente la mia testa vada in giro su mille altre cose, e penso “QUI c’è Dio presente e io mi perdo sulle mie sciocchezze”. Come si fa? Ma se io fossi dietro a pensare a come ho speso male dei soldi in un oggetto da 100 mila lire che si è rotto subito e mi venissero a dire che ho vinto 10 miliardi, continuerei a pensare alle 100 mila lire buttate? E se sto pensando a cosa vedere in TV stasera e mi venissero a dire: andiamo in Piazza De Ferrari che c’è un concerto di Tina Turner, penserei ancora a cosa vedere in TV? L’incontro con Gesù è un evento così grande che tutto il resto passa in secondo piano. Come per Zaccheo, che voleva vedere Gesù per curiosità, ma quando Gesù l’ha chiamato per nome ha capito tutto d’un colpo chi era Gesù, e tutti i suoi soldi hanno perso importanza. Come per il buon ladrone: quando ha capito chi era crocifisso accanto a lui non gli è più importato di niente: “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. Il resto non conta niente. È questo il punto centrale della nostra vita di cristiani: credere veramente alla presenza di Dio accanto a noi, fidarsi. Più Dio smette di essere un’idea ma diventa una persona vicino a noi e più le cose prendono un colore giusto, più scopriamo che va tutto bene, che le mille sciocchezze della nostra vita sono solo sciocchezze.

E poi l’illuminazione. Simeone ha “visto” Gesù. E Gesù era la luce, come lo descrive Giovanni. Tra l’altro oggi la Chiesa benedice le candele che danno luce, candele che sono simbolo della luce che è proprio il Cristo: “Io sono la luce del mondo: chi segue me non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita” dice il vangelo di Giovanni. E quell’altro canto di Taizè ripete questo fatto “la ténèbre n’est point ténèbre devant toi: la nuit comme le jour est lumière” - il buio non è più buio davanti a te, la notte come il giorno risplende”. Ma cosa illumina Gesù? È superfluo ricordarci che noi siamo perennemente nel buio, perennemente a cercare di chiarirci qualche fatto, a cercare la risposta a qualche domanda importante. L’incontro con Gesù ci porta a vedere nuovi orizzonti, una vita di semplicità, di amore, di rapporti fraterni e disinteressati. Simeone dice: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori.”. Mettersi davanti a Gesù ci costringe a vedere la verità: sono come mi aveva sognato Dio quando mi ha creato? Oppure io quel disegno originario l’ho scarabocchiato qui e là e non si riesce più a vedere come era in origine? Al momento del giudizio non ci saranno più dubbi, sarà tutto chiaro, e vedremo se abbiamo seguito il disegno originario o se lo abbiamo paciugato.

Infine un ultima considerazione: Simeone desidera vedere il Cristo, lo riconosce, è pieno di gioia e capisce, si illumina, e diventa lui stesso luce. Lo diventa anche per Maria e Giuseppe: “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”. Maria e Giuseppe, grazie a Simeone e ad Anna, cominciano a capire qualcosa di più su quel figlio, cominciano a intravedere la sua divinità.
Guardate a Lui e sarete raggianti”, dice il Salmo 34. E questo si riflette ancora direttamente su di noi: diventare raggianti per i nostri fratelli, comunicare il Vangelo per contagio. Non parlare di Cristo, ma, per quanto possibile, farlo “vedere”, con una vita di fede, di semplicità, di pazienza, di attenzione amorevole verso il nostro prossimo.

E vorrei quindi concludere riassumendo il messaggio di oggi: desiderare vedere il volto di Cristo, desiderarlo e cercarlo, cercarlo nel silenzio, come ci suggeriva Marco due settimane fa, ringraziare Dio per la luce che è in noi e in mezzo a noi, per la Luce che è il Cristo e per le piccole luci che ce lo indicano nelle piccole cose di ogni giorno, lasciarsi illuminare per vedere con chiarezza in noi e nelle cose del mondo, lasciarsi illuminare per essere raggianti e propagare questa luce, per contagio.

Su questa strada stasera chiedo allo Spirito che ci faccia camminare.