Ho dato questo titolo perché l'Avvento sia un incontro con noi stessi, con gli altri, col mondo intero, inteso anche come creato e come ambiente, col sogno di Dio per gli uomini. Lo faremo attraverso l’incontro con questi 4 profeti
per provare un cammino che in queste 4 settimane ci aiuti a tentare di
rispondere in noi a quel bisogno ancestrale dell’umanità di attesa di
un ‘salvatore’. Questa è una
parola che userei con le pinze, perché come Gesù ci ha mostrato, ognuno
deve percorrere la propria strada per essere pienamente sé stesso in
libertà.
Noi non siamo chiamati ad essere un altro Gesù, ma ognuno di noi è chiamato ad essere pienamente se stesso: …perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Gv 15,16)
Per iniziare voglio ricordare l'annuncio di Gesù nella sinagoga di Nazareth: “Oggi si è compiuta questa parola” (Lc 4,18-19.21), che sottolinea la missione di Gesù:
Ho pensato questo momento a partire dai 4 brani dei profeti che leggeremo in queste quattro domeniche. Vi propongo quindi 4 piccoli momenti di ascolto di alcune righe della Parola, un piccolo commento, e poi un momento di silenzio. Ma prima di cominciare vi farei ascoltare il ritornello del canto "Sentinella nella notte" di Antonio Salis (seguendo il link potete leggere il testo per intero e ascoltare tutto il canto): Sentinella, cosa vedi?
Quanto manca ancora all’alba? Quanto resta della notte, quanto manca all’alba? ========= Ora facciamo un attimo di silenzio e poi ognuno di noi, nella massima libertà, dice una parola di come si sente: lo stesso faremo poi al termine prima della condivisione personale, per vedere se il nostro sentire è uguale o è cambiato dopo l’incontro. ========= Le parole chiave di questa riflessione, quelle che sottolineerò nella riflessione, per me sono: Giustizia - Misericordia - Speranza - Pace - Corpo - Incontro
========= Il primo incontro (prima lettura di oggi) è quello con il profeta Geremia (Ger 33,14–16): |
Ecco,
verranno giorni - oràcolo del Signore - nei quali io realizzerò le
promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda.
In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio
giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia. |
Facciamo un viaggio veloce al venerdì santo, sotto la croce. Come ci riporta il vangelo di Luca il centurione dice: “Veramente quest'uomo era giusto» (Lc 23,47).
Sono giusto? Sono misericordioso? Ho cioè quell’amore indissolubile di una madre incinta per il suo bambino? Il secondo incontro (prima lettura di domenica 5 dicembre) è quello con il profeta Baruc (Bar 5,1-9). Divido, per comodità di commento, la lettura in due parti:
Abbiamo qui lo stesso tema della prima domenica: Gerusalemme, simbolo della dimora di Dio tra gli uomini è invitata ad avvolgersi del manto della giustizia da cui nascono Pace e Pietà. Mi viene in mente, in proposito, la semplice frase di Don Gigi che c’è all'ingresso di Romena, “Un luogo dove Dio e l'uomo possono riposare insieme”. Forse è un po’ per questo che Romena ha successo, perche in piccolo rappresenta questo sogno della Gerusalemme come pensata da Dio e annunciata dai profeti. E poi la profezia continua così:
Il profeta annuncia che questo è il sogno di Dio, coabitazione di giustizia e misericordia, e che per far trionfare questo è persino disponibile a togliere gli ostacoli che la natura ha creato. È sicuramente un verso poetico per dirci che non dobbiamo perdere la speranza, perché c’è un progetto di Vita che è più grande dell’uomo e che lo conduce verso il compimento di questa città di Dio con gli uomini già su questa terra dove l’unico comando è "che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15,12). Ho
mai sperimentato, come fosse una strada spianata, che la mia vita è
stata diversa quando ho cercato di essere "Amante" cioè capace di
amare, concretamente con gesti di affetto, di vicinanza, di presenza,
di liberazione? Il terzo incontro (prima lettura di domenica 12 dicembre) è quello con il profeta Sofonìa attraverso un brano di grande consolazione (Sof 3,14-18):
Non dobbiamo farci prendere dalla sconforto, ma con speranza agire come ci dice il brano di Vangelo di questa terza domenica, che, in riferimento all'insegnamento di Giovanni il Battista, con due semplici esempi ci indica la strada per iniziare a vivere questo sogno di giustizia e di pace: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Lc 3,10). Condividere è la strada da percorrere! Mi piace, a proposito, citare una bella frase: "Non posso perdere l’unica cosa che mi mantiene vivo: la speranza. Una parola che, spesso, si trova con noi al mattino, viene ferita nel corso della giornata e muore all’imbrunire. Ma risuscita con l’aurora“ (Paulo Coelho). Questa speranza inizia nel presente (Come afferma Gesù nella sinagoga: "ora si è compiuta questa Parola") e ci porta a sognare un futuro di cieli e terre nuove perché la speranza è nell’uomo, in quanto tale capace di gesti di umanità, come ci ricorda il Vangelo di Luca. Il quarto incontro (prima lettura di domenica 19 dicembre) è infine quello con il profeta Michea (Mi 5,1-4):
La profezia di Michea, che la tradizione delle prime comunità ha preso per far esaltare la nascita di Gesù come il Messia annunciato, è sicuramente come tutti i vangeli dell’infanzia un midrash, cioè un commento biblico ad un’esperienza di fede (midrash, metodo rabbinico che ricerca nella scrittura testi che servono a spiegare il presente e la sua situazione) ci indica Gesù come PACE e Betlemme come città della fecondità (Efrata ha questo significato oltre a quello di "specchio", inteso come riflesso di una verità ancora da comprendere pienamente). Nel mio ricercare in rete ho scoperto che c’è anche una Betlemme in Galilea, menzionata nel Libro di Giosuè (19,15) come città della tribù di Zabulon e anche questo territorio è indicato in una profezia sul Messia da parte di Isaia, riportata da Matteo : «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta» (Mt 4,12). Mi piaceva l’idea che emerge che la pace è identificata con una persona, non con una situazione di non conflitto: questo cosa mi può suggerire? Forse che la pace si identifica con ognuno di noi, che se non se non sapremo farci pace, ossia portatori di pace, non potremmo trovarla. So farmi pace? So essere in pace con me stesso? Mi voglio bene? Mi considero un dono grande? Volevo finire questa piccola condivisione con quello che la liturgia di questa ultima domenica ci regala: l’incontro di Maria ed Elisabetta, assieme alla bella frase della lettera agli Ebrei, che ci ricorda che per la costruzione di questo sogno di Dio per l’uomo, non ci viene richiesto sacrifico, ascetismo, ma di vivere gli incontri con la concretezza della nostra corporeità:
E veniamo all'incontro tra Maria ed Elisabetta, che tutti ricordiamo: cosa mi dice? Ci sono due donne,
incinte, che si incontrano, non in maniera spirituale, ma fisica,
nell’atrio della casa, e si riconoscono donne, madri, e questo incontro
dà gioia anche al bambino nel grembo.
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Allora
ci alziamo un attimo in piedi, e nel rispetto delle norme, quando parte
la musica andiamo ad incontrarci, in silenzio, guardandoci negli occhi,
con calma, sfiorandoci con tenerezza una mano. =========
Concludo la riflessione con una frase che ascoltiamo tutti gli anni a Natale, nella Messa di mezzanotte e che, secondo me, è la frase più importante di quella liturgia. S. Paolo, nella lettera a Tito, dice: "Carissimo è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna … a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo.". San Paolo invita cioè ad essere giusti, a condividere. Ciascuno ovviamente deve vedere su sé stesso cosa questo può voler dire, in pratica, ma è molto importante che ci poniamo la domanda se so vivere con sobrietà e con pietà, se so esercitare la giustizia. ========= Per finire, ascoltiamo o cantiamo un canto che ci invita a chiedere quando arriverà l’alba. Il canto che ho scelto ora è quello di Guccini "Shomèr ma mi-llailah?", in cui questa frase del ritornello, in Ebraico antico, significa appunto "Quanto manca all'alba?". Seguendo il link trovate una esecuzione dal vivo di Guccini, preceduta dalla sua spiegazione, bellissima, del significato del canto e del perché lui lo aveva composto. Il testo intero invece lo potete trovare a questo altro link. Vi ripropongo quindi, dopo qualche attimo di
silenzio, prima della condivisione, di dire agli altri con una parola
come mi sento, ora, alla fine di questo incontro.
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