Domenica 28 novembre 2021
prima domenica di Avvento anno C

Riflessione di Francesco Fassone per l'Avvento 2021

«Avvento Tempo di incontro»


Ho dato questo titolo perché l'Avvento sia un incontro con noi stessi, con gli altri, col mondo intero, inteso anche come creato e come ambiente, col sogno di Dio per gli uomini. Lo faremo attraverso l’incontro con questi 4 profeti per provare un cammino che in queste 4 settimane ci aiuti a tentare di rispondere in noi a quel bisogno ancestrale dell’umanità di attesa di un ‘salvatore’. Questa è una parola che userei con le pinze, perché come Gesù ci ha mostrato, ognuno deve percorrere la propria strada per essere pienamente sé stesso in libertà. Noi non siamo chiamati ad essere un altro Gesù, ma ognuno di noi è chiamato ad essere pienamente se stesso:
…perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Gv 15,16)

Per iniziare voglio ricordare l'annuncio di Gesù nella sinagoga di Nazareth: “Oggi si è compiuta questa parola” (Lc 4,18-19.21), che sottolinea la missione di Gesù:

«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».



Ho pensato questo momento a partire dai 4 brani dei profeti che leggeremo in queste quattro domeniche.
Vi propongo quindi 4 piccoli momenti di ascolto di alcune righe della Parola, un piccolo commento, e poi un momento di silenzio.
Ma prima di cominciare vi farei ascoltare il ritornello del canto "Sentinella nella notte" di Antonio Salis (seguendo il link potete leggere il testo per intero e ascoltare tutto il canto):

Sentinella, cosa vedi?
Quanto manca ancora all’alba?
Quanto resta della notte,
quanto manca all’alba?


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Ora facciamo un attimo di silenzio e poi ognuno di noi, nella massima libertà, dice una parola di come si sente: lo stesso faremo poi al termine prima della condivisione personale, per vedere se il nostro sentire è uguale o è cambiato dopo l’incontro.

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Le parole chiave di questa riflessione, quelle che sottolineerò nella riflessione, per me sono:
Giustizia - Misericordia - Speranza - Pace - Corpo - Incontro


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Il primo incontro (prima lettura di oggi) è quello con il profeta Geremia (Ger 33,14–16):
Ecco, verranno giorni - oràcolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.

Facciamo un viaggio veloce al venerdì santo, sotto la croce. Come ci riporta il vangelo di Luca il centurione dice: “Veramente quest'uomo era giusto» (Lc 23,47).
Ecco, il primo spunto, che vedremo anche nella seconda domenica col profeta Baruc, è la giustizia, ma la giustizia di Dio ; inoltre  Gerusalemme che rappresenta la visione di Dio per  la città degli uomini è una città dove regna la giustizia, quella di Dio che è amore fino in fondo, si potrebbe dire che sinonimo di giustizia è misericordia ("Siate misericordiosi come il padre vostro celeste" (Lc 6,36).

Sono giusto? Sono misericordioso? Ho cioè quell’amore indissolubile di una madre incinta per il suo bambino?



I
l secondo incontro (prima lettura di domenica 5 dicembre) è quello con il profeta Baruc (Bar 5,1-9). Divido, per comodità di commento, la lettura in due parti:

Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione,
rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre.
Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno,
perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo.
Sarai chiamata da Dio per sempre:
«Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,
dal tramonto del sole fino al suo sorgere,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.
Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici;
ora Dio te li riconduce
in trionfo come sopra un trono regale.

 
Abbiamo qui lo stesso tema della prima domenica: Gerusalemme, simbolo della dimora di Dio tra gli uomini è invitata ad avvolgersi del manto della giustizia da cui nascono Pace e Pietà. Mi viene in mente, in proposito, la semplice frase di Don Gigi che c’è all'ingresso di Romena, “Un luogo dove Dio e l'uomo possono riposare insieme”. Forse è un po’ per questo che Romena ha successo, perche in piccolo rappresenta questo sogno della Gerusalemme come pensata da Dio e annunciata dai profeti.

E poi la profezia continua così:

Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni,
di colmare le valli livellando il terreno,
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio.
Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio.
Perché Dio ricondurrà Israele con gioia
alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.

Il profeta annuncia che questo è il sogno di Dio, coabitazione di giustizia e misericordia, e che per far trionfare questo è persino disponibile a togliere gli ostacoli che la natura ha creato. È sicuramente un verso poetico per dirci che non dobbiamo perdere la speranza, perché c’è un progetto di Vita che è più grande dell’uomo e che lo conduce verso il compimento di questa città di Dio con gli uomini già su questa terra dove l’unico comando è "che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15,12).

Ho mai sperimentato, come fosse una strada spianata, che la mia vita è stata diversa quando ho cercato di essere "Amante" cioè capace di amare, concretamente con gesti di affetto, di vicinanza, di presenza, di liberazione?



I
l terzo incontro (prima lettura di domenica 12 dicembre) è quello con il profeta Sofonìa attraverso un brano di grande consolazione (Sof 3,14-18):

Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!
Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico.
Re d’Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.
In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.
Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».


Non dobbiamo farci prendere dalla sconforto, ma con speranza  agire come ci dice il brano di Vangelo di questa terza domenica, che, in riferimento all'insegnamento di Giovanni il Battista, con due semplici esempi ci indica la strada per iniziare a vivere questo sogno di giustizia e di pace: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Lc 3,10). Condividere è la strada da percorrere!

Mi piace, a proposito, citare una bella frase: "Non posso perdere l’unica cosa che mi mantiene vivo: la speranza. Una parola che, spesso, si trova con noi al mattino, viene ferita nel corso della giornata e muore all’imbrunire. Ma risuscita con l’aurora“ (Paulo Coelho).

Questa speranza inizia nel presente (Come afferma Gesù nella sinagoga: "ora si è compiuta questa Parola") e ci porta a sognare un futuro di cieli e terre nuove perché la speranza è nell’uomo, in quanto tale capace di gesti di umanità, come ci ricorda il Vangelo di Luca.




I
l quarto incontro (prima lettura di domenica 19 dicembre) è infine quello con il profeta Michea (Mi 5,1-4):

Così dice il Signore:
«E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui,
fino a quando partorirà colei che deve partorire;
e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.
Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio.
Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande
fino agli estremi confini della terra.
Egli stesso sarà la pace!».


La profezia di Michea, che la tradizione delle prime comunità ha preso per far esaltare la nascita di Gesù come il Messia annunciato, è sicuramente come tutti i vangeli dell’infanzia un midrash, cioè un commento biblico ad un’esperienza di fede (midrash, metodo rabbinico che ricerca nella scrittura testi che servono a spiegare il presente e la sua situazione) ci indica Gesù come PACE e Betlemme come città della fecondità (Efrata ha questo significato oltre a quello di "specchio", inteso come riflesso di una verità ancora da comprendere pienamente).

Nel mio ricercare in rete ho scoperto che c’è anche una Betlemme in Galilea, menzionata nel Libro di Giosuè (19,15) come città della tribù di Zabulon e anche questo territorio è indicato in una profezia sul Messia da parte di Isaia, riportata da Matteo :
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta» (Mt 4,12).

Mi piaceva l’idea che emerge che la pace è identificata con una persona, non con una situazione di non conflitto: questo cosa mi può suggerire? Forse che la pace si identifica con ognuno di noi, che se non se non sapremo farci pace, ossia portatori di pace, non potremmo trovarla.

So farmi pace? So essere in pace con me stesso? Mi voglio bene? Mi considero un dono grande?




Volevo finire questa piccola condivisione con quello che la liturgia di questa ultima domenica ci regala: l’incontro di Maria ed Elisabetta, assieme alla bella frase della lettera agli Ebrei, che ci ricorda che per la costruzione di questo sogno di Dio per l’uomo, non ci viene richiesto sacrifico, ascetismo, ma di vivere gli incontri con la concretezza della nostra corporeità
:

Entrando nel mondo, Cristo dice:
«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà”». (Eb 10,5)

E veniamo all'incontro tra Maria ed Elisabetta, che tutti ricordiamo: cosa mi dice? Ci sono due donne, incinte, che si incontrano, non in maniera spirituale, ma fisica, nell’atrio della casa, e si riconoscono donne, madri, e questo incontro dà gioia anche al bambino nel grembo.

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Allora ci alziamo un attimo in piedi, e nel rispetto delle norme, quando parte la musica andiamo ad incontrarci, in silenzio, guardandoci negli occhi, con calma, sfiorandoci con tenerezza una mano.

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Concludo la riflessione con una frase che ascoltiamo tutti gli anni a Natale, nella Messa di mezzanotte e che, secondo me, è la frase più importante di quella liturgia. S. Paolo, nella lettera a Tito, dice: "Carissimo è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna … a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo.". San Paolo invita cioè ad essere giusti, a condividere. Ciascuno ovviamente deve vedere su sé stesso cosa questo può voler dire, in pratica, ma è molto importante che ci poniamo la domanda se so vivere con sobrietà e con pietà, se so esercitare la giustizia.

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Per finire, ascoltiamo o cantiamo un canto che ci invita a chiedere quando arriverà l’alba. Il canto che ho scelto ora è quello di Guccini "Shomèr ma mi-llailah?", in cui questa frase del ritornello, in Ebraico antico, significa appunto "Quanto manca all'alba?". Seguendo il link trovate una esecuzione dal vivo di Guccini, preceduta dalla sua spiegazione, bellissima, del significato del canto e del perché lui lo aveva composto. Il testo intero invece lo potete trovare a questo altro link.

Vi ripropongo quindi, dopo qualche attimo di silenzio, prima della condivisione, di dire agli altri con una parola come mi sento, ora, alla fine di questo incontro.