Nel titolo di questo nostro pellegrinaggio spirituale si trovano già
delineati l’obiettivo, Gesù Cristo, ed il metodo usato, il vangelo secondo
Marco. L’obiettivo rimane Gesù al quale ogni cristiano deve
fare riferimento per vivere la propria vita, come scrive san Paolo: “per me infatti il
vivere è Cristo” (Fil 1, 21). Attenzione però: non vuole essere questo un
obiettivo scientifico, ma sapienziale: non siamo qua per studiare chi era Gesù,
ma per imparare a vivere come lui ci ha insegnato. Siamo qua per condividere la parola, crescendo nella
fede, e vivere la vita, seguendo Gesù. Il metodo è la lettura del vangelo di Marco: la prima
considerazione che vorrei fare è che il vangelo è stato scritto ed è valido per
ciascuno di noi e per la comunità cristiana; nel vangelo ciascuno entra in
contatto con quella Parola che sola interpella la nostra vita. Il vangelo non è
strumentalizzabile, direi per assurdo che non serve a niente, perché non offre
soluzioni a problemi personali o sociali; come l’amore, il vangelo non "serve", ma
apre all’uomo un mondo nuovo dove egli scopre il senso della vita, la propria
libertà, la pienezza e la gioia del vivere. Il primo passo che si deve
realizzare è quindi quello di uscire da una mentalità utilitaristica, poiché il
vangelo rompe tutto questo, presentando la bellezza del dono e dell’amore. Accostarsi
al vangelo vuol dire già compiere un passo per entrare nella logica di Dio. Il
vangelo ci dischiude un orizzonte sempre nuovo, ci spinge in avanti a guardare
oltre. Concludendo, il vangelo non serve a niente, ma cambia tutto a cominciare
dalla mia vita personale, dai rapporti interpersonali per giungere fino alla
società intera. Un Messia crocifisso, scandalo
per i Giudei e follia per i pagani (1Cor 1, 22) Il vangelo nasce dalla comunità che si interroga sul significato della
vita e della morte di Gesù Cristo: come può quel povero carpentiere, Gesù,
finito in croce tra due malfattori, ucciso come bestemmiatore dal potere
religioso e come sovversivo dal potere civile, essere “l’autore della vita” (At
3,15)? Il vangelo non è altro che il tentativo di capire la storia di Gesù
partendo dalla croce alla luce della resurrezione per cogliere il progetto
globale della sua esistenza; allora rileggere e riflettere sul vangelo è andare
alla scoperta di quel progetto originario che Dio ha su ciascuno di noi. Cercate e troverete (Lc 11,9) La povertà deve essere la situazione di chi legge il vangelo, poiché in
essa si esprime il desiderio di incontrare Dio: chi si sente ricco stia pure a
casa, non è questo il luogo per chi è sazio della vita, perché chi è pieno di sé
non potrà accogliere i doni dello Spirito. Un primo dono dello Spirito sarà la profezia, ovvero quella capacità di
saper discernere la realtà d’oggi con l’occhio di Dio; un secondo dono dello
Spirito è l’amore: Egli, amore del Padre, donato dal Figlio, penetrando in noi
ci dona la capacità di amare fino alla fine; è un amore che apre, libera,
rinnova e riempie di vita nuova. Accostandoci al vangelo saremo capaci di
rompere l’indurimento del nostro cuore rianimandolo di continuo lungo il cammino
della libertà dei figli di Dio. Un terzo dono dello Spirito è la Chiesa, la comunità: è all’interno
della comunità che siamo chiamati a leggere il vangelo, perché il vangelo è
nato all’interno di una comunità; sono i fratelli che ci aiutano a spezzare la
Parola, perché la fede, anche se è personale, non è mai individualistica. Ma il
vangelo va letto all’interno di quella più vasta comunità che è l’umanità tutta
intera e aggiungerei va letto all’interno di tutto il creato: è un richiamo a
leggerlo da un lato “sulla porta della Chiesa” con lo sguardo aperto al mondo e
dall’altro “incartato nel quotidiano”, cioè parlante non solo alla nostra vita
personale, ma anche alla società di oggi. In questo senso, se prepareremo
l’incontro anche con l’uso di commentari, rimarrà fondamentale nel nostro
incontro il momento nel quale ci spezzeremo l’un l’altro la Parola che quella
sera il Signore ci rivolge. Il nostro cammino proseguirà personalmente o in famiglia, leggendo e
riflettendo sulla sequenza di vangelo che leggeremo la volta seguente e poi
qualcuno ci aiuterà iniziando la condivisione che poi proseguiremo nei gruppi. Infine, ma non ultimo, avremo un momento di restituzione e durante i
nostri incontri si effettuerà la raccolta di cassa che devolveremo a qualche
opera di misericordia. Quattro versioni di un solo
messaggio La Chiesa universale ha accolto come canonici 4 vangeli, mentre diversi
altri sono stati rifiutati; così come la stessa Chiesa ha sempre rifiutato di
compendiare i 4 scritti in un unico vangelo perché da sempre ha ritenuto che
questi fossero necessari e sufficienti per normare la fede cristiana. Essi
rappresentano infatti 4 modi di porsi di fronte alla figura di Gesù, che
nell’unione dei 4 comprendiamo pienamente: Marco è il vangelo di chi si
avvicina per la prima volta a Gesù; Matteo presuppone la conoscenza della
storia della salvezza nel cammino del popolo ebraico; Luca si rivolge ai pagani
e a coloro che erano lontani dalla fede, presentando il Dio dell’accoglienza e
della misericordia; Giovanni approfondisce i temi della fede sostenendo con la
sua testimonianza i cristiani nel loro cammino. Perché Marco? Marco fu quello che inventò il genere letterario evangelico, in cui,
alla luce della Pasqua, si ordinavano in un tutto organico le testimonianze su
Gesù, cercando di capire il significato della sua vita. Marco fu spinto a
questo dall’avvicinarsi o dall’avvenuta morte di Pietro, suo maestro. Marco è lontano da preoccupazioni dottrinali, la sua attenzione è tutta
incentrata sulla persona di Gesù: per esempio Gesù insegna sempre, ma in Marco
parla pochissimo perché ciò che insegna è la sua stessa persona. Il vangelo si divide in due parti: nella prima (1,1-8,30) è un cammino
crescente verso la rivelazione di Gesù come l’atteso Messia e si conclude con
la professione di fede di Pietro “Tu sei il Cristo”; nella seconda (8,31-16,20)
iniziano le prime incomprensioni e nel momento del supremo non-senso, la morte
in croce, ecco il riconoscimento da parte di un centurione romano “Davvero
quest’uomo era Figlio di Dio!” |