26 gennaio 2019
Con Marco alla scoperta di Gesù
Dodicesima tappa: Cap. 10 32-52

Stasera prenderemo in considerazione i quattro brani che concludono il cap. 10 Siamo all'ultima tappa del lungo viaggio di Gesù da Cesarea di Filippo a Gerusalemme. Gesù è consapevole del destino a cui va incontro, e deve far fronte alla cecità dei discepoli, insegnando loro pazientemente cosa significa stare alla sua sequela. L'episodio della guarigione del cieco di Gerico, che conclude il capitolo, si inserisce perfettamente nel discorso, sottolineando come solo la potenza di Dio renda capaci di camminare sulla via di Gesù.

Cominciamo quindi dal primo brano.

Terzo annuncio della passione

[32] Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: [33] "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, [34] lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà".

Per i discepoli salire a Gerusalemme avrebbe dovuto significare partecipare al trionfo del Messia, alla sua proclamazione a re.
Ma ormai i segnali sono preoccupanti. Del resto lo stesso Gesù già due volte ha annunciato loro quel che gli sarebbe capitato e, anche se non hanno capito e hanno rifiutato questo annuncio, non sono tranquilli... l'avventura di Gesù sta assumendo una luce inquietante. Hanno paura, però lo seguono...

Al versetto 32 leggiamo "Gesù camminava davanti a loro … coloro che venivano dietro erano pieni di timore": i discepoli, quelli che vengono dietro, hanno paura..
Quindi c'è in loro questa paura, che è la paura di affidarsi.
Immaginiamo un piccolo gruppo di persone, che sta facendo un'escursione notturna in montagna. A chi chiude il gruppo basta tenere l'occhio chi ha davanti, fidandosi, ma, chi è davanti, deve scegliere lui il percorso; si assume la responsabilità della sicurezza del cammino, per se stesso, ma anche per chi viene dietro. Ma se quello dietro ha paura, vuol dire che la sua fiducia in chi sta davanti non è molto grande.
Ogni giorno, Gesù cammina davanti a noi, per indicarci la via della Vita . Se ci crediamo e soprattutto se  ci fidiamo,  possiamo camminare con gioia, tranquilli e sicuri.

Prendendo di nuovo in disparte i Dodici
È bello è vedere che Gesù non giudica i discepoli, perché non capiscono o perché sono pieni di timore, ma si accorge che c'è bisogno di parlare loro, si ferma, e li chiama a sé e, con pazienza, ricomincia a spiegare loro quello che accadrà.
E i discepoli questo annuncio l'hanno già sentito altre due volte: la prima al capitolo 8, versetto 31: "il Figlio dell'uomo deve molto soffrire ed essere riprovato, venire ucciso e dopo tre giorni resuscitare". E  Pietro quella volta ha reagito, ribellandosi alle parole di Gesù. E Gesù lo ha rimproverato aspramente: "Lungi da me, satana!" La prima volta è andata così.
Il secondo annuncio lo abbiamo visto al capitolo 9 versetto 31: "Il Figlio dell'Uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini". I discepoli però non capiscono il senso di quello che Gesù diceva. Diciamo che non volevano capire, e peggio ancora: "avevano timore di chiedergli spiegazioni". E allora tacciono. E quando, giunti a Cafarnao, Gesù chiede: "Di che cosa stavate discutendo lungo la via?" essi non rispondono perché lungo il cammino avevano discusso chi tra loro fosse il più grande.
La terza volta, come vedremo ora, va ancora peggio.

La domanda dei figli di Zebedeo

[35] E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo".
[36] Egli disse loro: "Cosa volete che io faccia per voi?". Gli risposero:
[37] "Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra".
[38] Gesù disse loro: "Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?". Gli risposero: "Lo possiamo".
[39]E Gesù disse: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. [40] Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato".


Gesù ha appena detto, per la terza volta, quello che succederà a Gerusalemme, e due dei discepoli (e non due qualsiasi, ma Giacomo e Giovanni che erano stati tra i primi a seguire Gesù e avevano lasciato tutto, facendo una scelta radicale di vita), si presentano e gli dicono: Noi vogliamo che tu faccia ciò che ti chiediamo. Vogliono che Gesù faccia come vogliono loro!
C'è da riflettere su questo, perché anche noi spesso facciamo proprio così, con le nostre richieste cerchiamo di strumentalizzare il Signore perché realizzi ciò che vogliamo noi...
Eppure Gesù li ascolta e rilancia con una bellissima domanda: "Cosa volete che io faccia per voi?"
Ed ecco la richiesta: Giovanni, il discepolo preferito, il migliore, il fine teologo, si mette di fronte a Gesù e gli chiede, con il fare proprio di un bambino: "Voglio che tu mi dia quello che chiedo. A me e a mio fratello. Vogliamo i primi posti!" Dopo tre anni di strade percorse insieme a Gesù, di malati guariti, di uomini e donne sfamati, dopo tre annunci della morte in croce, è come se non avessero ancora capito niente.
Proprio rimuovono totalmente le parole di Gesù. E gli chiedono di sedersi uno alla destra e l'altro alla sua sinistra nella sua Gloria.
Ma per l'uomo la gloria è qualcosa di ben diverso da ciò che pensa Dio. Per l'uomo la gloria è quella dei capi delle nazioni che spadroneggiano, dominano, opprimono; per l'uomo la gloria è la realizzazione dell'egoismo. E non è una cosa nuova, è dai tempi di Adamo ed Eva che l'uomo vuole essere come Dio. Vuole realizzare sé stesso facendosi guidare dal desiderio di potere, di possedere cose e persone e perfino di Dio stesso. È da questi desideri che vengono tutti i mali.
Gesù presenta un'altra gloria: non la realizzazione dell'egoismo ma la realizzazione dell'amore.
Gesù ha fatto l'esperienza diretta delle nostre difficoltà, conosce dall'interno la nostra condizione umana; il non aver sperimentato il peccato non gli impedisce di capire i peccatori. Egli ama gli uomini, assume e condivide le loro debolezze e offre loro la grazia che risana, li accompagna con tenerezza infinita nel loro tribolato cammino.

Voi non sapete ciò che domandate. Non sapete quali corde oscure andate a toccare con questa domanda,
La ricerca del primo posto è una passione così forte che penetra e avvolge il cuore di tutti gli esseri umani, pericolosamente. "Non sapete ciò che domandate!": cioè non avete capito a cosa andate incontro, quali argine rompete con questa domanda, che cosa scatenate con questa fame di potere.
Per il Vangelo essere alla destra e alla sinistra di Cristo, vuol dire occupare due posti sul Golgota, quell'ultimo venerdì; vuol dire essere con Gesù lungo tutta la sua vita, quando è voce di Dio e quando è voce dei poveri, e fa dei più piccoli i più grandi del suo Regno.
Stare a destra e a sinistra di questa vita vuol dire bere alla coppa di chi ama per primo, ama in perdita, ama senza contare e calcolare.
"Non sapete ciò che domandate!", non capite quale povero cuore, quale povero mondo nasce da questa fame di potere.
E la dimostrazione arriva immediatamente: gli altri dieci apostoli hanno sentito e si indignano, e non è che si scandalizzano, è che hanno tutti quanti la stessa aspirazione di essere i primi, i più importanti. Allora si arrabbiano con questi due discepoli, loro compagni, perché tutti vogliono avere i primi posti.

Tra voi non è così

[41] All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni.
[42] Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere.
[43] Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, [44]e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti.
[45] Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti".

Tra voi non è così. Di fronte alla richiesta di Giacomo e Giovanni e alla reazione indignata degli altri dieci, la risposta di Gesù costituisce una vera rivoluzione nei rapporti umani: la grandezza nel regno di Dio non si misura sul potere che si ha, ma sulla capacità di servire, di condividere con le sorelle e i fratelli ogni cosa in modo che tutti possano vivere dignitosamente il loro essere figli di Dio.
Gesù li chiama vicino e spalanca loro l'alternativa cristiana: i grandi della terra dominano sugli altri, li opprimono, ma... Tra voi non è così!
Attenzione, Gesù non dice: "Tra voi non sia così", facendo un augurio o impartendo un comando, ma: "Tra voi non è così", è come se affermasse "perché se è così, voi non siete la mia comunità!".
Non è possibile che la comunità cristiana abbia come modello il potere mondano, che si lasci conformare a ciò che fanno i governi, quasi sempre ingiusti e spesso totalitari: 
Tra voi non è così: questa frase è bellissima, dovrebbe restarci nelle orecchie, nel cuore: Non così tra voi, perché è così ovunque nel mondo. Istintivamente gli apostoli fanno così e noi… non credo che siamo molto migliori... ma questa non è la gloria dell'uomo, ma  il suo fallimento!
L'idolo del possesso è un idolo di morte, porta solo al vuoto interiore, al nulla e prima di arrivarci provoca tanto male!
Non così tra voi! Il cristiano, sia all'interno della comunità, sia in questo mondo, testimonia che la gloria di Dio c'è e non è così, è esattamente il contrario. Ed è quella gloria che davvero riempie il mondo di bellezza, di bontà, che dà la vita.

Chi vuole diventare grande tra voi. Una volontà di grandezza è innata nell'uomo: il non accontentarsi, il "morso del più", il cuore inquieto… Gesù non condanna questo desiderio, anzi lui stesso promette una grandezza, non vuole con sé uomini umiliati o schiavi, ma che diventino grandi, felici, e liberi, prendendosi cura della felicità dell'altro.
La vera grandezza sta nell'amare, servire e fare posto all'altro, perché chi ama serve. Pensiamoci: ci viene facile, spontaneo servire chi amiamo... Pensate che bello un mondo così dove, invece di schiavizzarsi a vicenda, ci si serve, ci si è utili a vicenda, ci si libera a vicenda, si cresce, ognuno fa esistere l'altro. È davvero il mondo nuovo!
È una vera rivoluzione, è come se Gesù prendesse le radici della pianta del potere e le capovolgesse al sole e all'aria.

Ma c'è di più: anche il Figlio dell'uomo non è venuto a essere servito, ma a servire.
È la più sorprendente, la più rivoluzionaria di tutte le autodefinizioni di Gesù. Parole che danno una vertigine: Dio mio servitore!!!
Vanno a pezzi le vecchie idee su Dio e sull'uomo: Dio non è il Padrone dell'universo, il Signore dei signori, il Re dei re, è il servo di tutti. Non tiene il mondo ai suoi piedi, è  lui che si inginocchia ai piedi delle sue creature; un Dio che si inginocchia di fronte a me e a ciascuno di noi per lavarci i piedi, come l'ultimo degli schiavi!
Sconvolgente! Eppure, ve la immaginate un'umanità dove ognuno corre ai piedi dell'altro? E si inchina non davanti ai potenti del mondo, ma davanti all'ultimo?

Pensiamo bene a che cosa significhi avere un Dio nostro servitore. Il padrone fa paura, il servo no. Cristo ci libera dalla paura delle paure: quella di Dio. Il padrone giudica e punisce, il servo no, sostiene, non spezza la canna incrinata, ma la fascia come fosse un cuore ferito.
Gesù capovolge l'immagine tradizionale di Dio, le dà una bellezza che stordisce: siamo stati creati per essere amati e serviti da Dio, qui e per sempre. Non siamo noi che esistiamo per Dio, ma è Dio che esiste per noi, per amarci, per servirci, per conoscerci. Se Dio è nostro servitore, chi sarà nostro padrone?
L'unico modo perché non ci siano più padroni è essere tutti a servizio di tutti.

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Ed eccoci all'ultimo brano del capitolo 10, che ci presenta l'incontro di Gesù con Bartimeo.
Nel brano precedente abbiamo visto come i due discepoli, Giacomo e Giovanni, siano affetti da una cecità spirituale: Gesù ha predetto loro chiaramente gli eventi della Passione, dalla cattura alla morte in Croce ed anche la successiva resurrezione. Ma loro, accecati dalla brama di primeggiare, non hanno capito nulla. Sono preoccupati soltanto di riuscire ad ottenere i "posti migliori": hanno orecchi ma non odono, hanno occhi, ma non vedono, e pensano solo al loro trionfo, uno alla destra e l'altro alla sinistra di Gesù.
Bartimeo invece è affetto da una cecità fisica, non vede con gli occhi, ma come vedremo la sua vista spirituale funziona benissimo!

Il cieco all'uscita di Gerico

[46] E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.
[47] Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". [48]Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!".
[49] Allora Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". E chiamarono il cieco dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!".
[50] Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
[51] Allora Gesù gli disse: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco a lui: "Rabbunì, che io riabbia la vista!".
[52]E Gesù gli disse: "Và, la tua fede ti ha salvato". E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

Finalmente Gesù incontra un vero discepolo, Bartimeo, seduto a mendicare alle porte di Gerico. Bartimeo era cieco e la malattia, era considerata una punizione di Dio per un qualche tipo di peccato commesso. Marco fa un ritratto di quest'uomo con tre drammatiche pennellate: cieco, mendicante, solo.
Un mendicante cieco: l'ultimo della fila, un naufrago della vita, un relitto inchiodato nel buio sul ciglio di una strada di Gerico. E questa figura di mendicante, seduto sulla strada rappresenta un po' tutta l'umanità.  Siamo ciechi perché non riusciamo a vedere quella luce che davvero può illuminare le nostre vite, mendicanti perché passiamo l'intera nostra vita a mendicare qualcuno che ci ami, che ci dia attenzione, che ci valorizzi e per ottenere questo a volte siamo disposti a tutto.
Altra caratteristica di Bartimeo è che sedeva al lato della strada. All'interno di una scena di movimento (Gesù e la folla erano in cammino), c'è questa persona ferma, seduta a lato del cammino. 
La vita stessa è un cammino, è su una via con una meta, altrimenti si resta fermi, fuori della strada. È l'immobilità tipica delle paure e della cecità, dell'egoismo: ti lascia immobile, fuori strada e la vita scorre tutta fuori e tu dove vai? Da nessuna parte.
Questa è allora la situazione di Bartimeo. Beh, io sono Bartimeo!
Ma quel che è peggio è che spesso non siamo consapevoli della nostra cecità interiore.
Venire alla luce, nascere e camminare. Per essere veri discepoli dobbiamo anzitutto scoprirci ciechi e mendicanti. Solo la consapevolezza della povertà interiore, del limite, della fragilità ci permette di metterci in cammino. Se siamo contenti di come siamo, non facciamo nulla per migliorare: l'inquietudine è la strada per uscire dal buio!
Bartimeo non è pieno di certezze come il giovane ricco, né sogna posti di comando come gli apostoli. Cosa chiede? Pietà, che qualcuno lo veda, chiede compassione e tenerezza.
Bartimeo sente il rumore della folla che avanza, e nel buio della sua vita e delle sue percezioni, intuisce una presenza: "ha sentito che c'era Gesù...", nota l'evangelista. Forse ha la sensazione che quel giovane profeta non è come tanti altri che gli erano passati vicino sino a quel momento.
E Bartimèo comincia a gridare. Alza la voce sopra il rumore della folla e grida la sua disperata speranza: "Figlio di Davide abbi pietà di me". Un grido. È tutto quello che ha, l'urlo, il grido, e lo mette in gioco senza nessuna paura, grida più forte di quanti lo vogliono mettere a tacere.
Un grido è più che la parola, è qualcosa di viscerale, che sembra salire da ciò che ogni essere ha di più di profondo. C'è dentro corpo, energia, dolore, bisogno.
Ma la folla fa muro al suo grido: taci! Sì. perché uno che grida la propria situazione disgraziata, il proprio dolore, il proprio bisogno di pienezza, solitamente disturba. E invece Bartimeo grida più forte! Decisamente la fede non è per i deboli, per quelli che si arrendono facilmente: la fede è per le persone forti, determinate, decise, tenaci, resi forti dal desiderio o dal dolore.

E Gesù si ferma, lo chiama, e in quella voce che lo accarezza, Bartimeo comincia a guarire. Guarisce come uomo, prima che come cieco. Esce dal suo naufragio umano perché qualcuno si è accorto di lui , si è fermato, ha fermato tutti gli altri per lui, lo tocca con la voce, ha ascoltato le sue ferite, la sua tenebra, la sua angoscia. L'ultimo si riscopre uno come gli altri.
È chiamato con amore e allora la sua vita si riaccende. E la folla, che prima era un ostacolo ora diventa un veicolo Al comando di Gesù "chiamatelo" la folla cambia il proprio cuore e si avvicina a Bartimeo per dirgli l'unica cosa che come comunità cristiana siamo chiamati ad annunciare al mondo di oggi: Coraggio! Alzati, ti chiama!

Coraggio! la prima cosa che dobbiamo fare è sostenere la speranza di tante sorelle e fratelli che sono chiusi nella loro disperazione e nelle loro difficoltà.
Alzati! invitare a riprendere in mano la propria vita per farne l'avventura meravigliosa per la quale Dio l'ha creata.
Ti chiama, ha ascoltato il tuo grido e ora pronuncia il tuo nome. È Lui che può dare luce, dare occhi profondi che vedono, che vedono il cuore di Dio e il senso della vita.
Ed ecco che in Bartimeo si libera tutta una energia compressa, l'energia della vita, tutto sembra improvvisamente eccessivo, esagerato. Bartimeo non parla, grida; non si toglie il mantello: lo getta; non si alza in piedi, balza.
La fede è moltiplicazione di vita, un eccesso illogico e bello, è vita in pienezza!

Anche noi, mendicanti di luce, almeno una volta, dietro ad una parola del Vangelo, abbiamo lasciato i nostri angoli bui, la vita seduta, le vecchie strade e forse, quando ci siamo buttati nel volo, si sono aperte strade nel sole, ali che non sapevamo di avere.

E Gesù gli chiede: "Cosa vuoi che io faccia per te?" A prima vista sembra una domanda inutile, come la risposta di Bartimeo: "E il cieco gli rispose "Rabbunì che io riabbia la vista"".
Notiamo che non lo chiama più Figlio di Davide. "Rabbunì" era un termine reverenziale che veniva usato per Dio; i maestri di Israele venivano chiamati "Rabbi", ma Dio veniva chiamato "Rabbunì", quindi il discepolo incomincia a comprendere.
È ovvio che un cieco voglia tornare a vedere. Ma in realtà non è così semplice. Gesù sa bene che la vista non è tutto per Bartimeo. Inoltre Marco riprende la stessa domanda che Gesù ha rivolto a Giacomo e Giovanni, per evidenziare la differenza della risposta. Chi dovrebbe sapere non sa, chi crede di vedere è cieco. Chi è cieco ci vede benissimo.
Giacomo e Giovanni chiedono la gloria, a Bartimeo basta la luce. Bartimeo chiede di essere discepolo, di vedere con gli occhi e con l'anima. E Gesù lo ascolta!

Bartimeo si mette a seguire Gesù, e quasi di sicuro ne diventa discepolo. Infatti è l'unico che viene chiamato per nome, perché molto probabilmente era noto nella Comunità di Marco. Quello che Bartimeo fa nell'episodio raccontato è solo il primo passo, e lo fa con entusiasmo.
L'incontro con Gesù guarisce, salva e rimette in moto.

E concludo con le parole di un commento di Claudio: "Ora Bartimeo vede, può seguire il Signore lungo la via verso Gerusalemme, verso la croce, verso il dono totale di sé. Seguire la via dell'amore! Ora tocca a noi seguire quella luce che sola può illuminare le nostre vite: il Signore ci ha chiamato attraverso donne e uomini come noi, ciechi, mendicanti, peccatori, ma capaci di indicarci quella strada che ci conduce all'incontro con Dio; Egli è lì che ci aspetta a braccia aperte per racchiuderci in un infinito abbraccio d'amore!".