Nel
capitolo 13, che conclude la storia della vita pubblica di Gesù e che
introduce al racconto della Passione, troviamo la versione marciana del
cosiddetto "discorso escatologico"; ovvero il discorso che riguarda le
realtà ultime della vita: morte, fine del mondo, giudizio, paradiso ed
inferno. A partire dalla convinzione che Dio guida la storia verso la
realizzazione del disegno di salvezza, Marco esorta la comunità ad un
triplice impegno: fidarsi di Dio, rendersi capaci di cogliere i segni
dell'azione di Dio, rimanere ancorati al vangelo. L'evangelista non
offre speculazioni sulla fine del mondo, sottolineando la necessità
dell'impegno oggi e ridimensionando l'esagerata attesa di una fine
imminente. Questo discorso punta a far vivere il momento presente,
educando a scorgere in esso il nascere di una realtà nuova, il Regno di
Dio, per cui possiamo affermare che il tema non riguarda la fine del
mondo, quanto piuttosto il fine del mondo. Il vero tempio |
Mc 13,1-4: [1]Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!". [2]Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta". [3]Mentre
stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro,
Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: [4]"Di' a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?". |
Le
parole dei discepoli, affascinati dallo stupendo edificio del tempio,
servono da introduzione all'ultimo discorso di Gesù che rivelerà il
senso finale di tutta storia. Il tempio era il luogo della
presenza di quel Dio, che pur restando tra il suo popolo, era separato
da esso, santo ed inaccessibile. Di esso non resterà pietra su pietra,
poiché sarà sostituito dal nuovo tempio, la Chiesa, comunità dei
discepoli, in cui tutti gli uomini, come pietre vive verranno edificati
per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito di Cristo. Il
tempio materiale cessa di essere il posto privilegiato dell'incontro
con Dio e nascerà il tempio vero perché "Dio è amore: chi sta
nell'amore sta in Dio e Dio dimora in lui" (1Gv 4,16); infatti nel dono
della sua vita Gesù instaurerà la nuova economia di Dio, che non si
baserà più sulla legge e la separazione, ma sull'amore e la
condivisione. In Gesù e nella sua vita, tutta incentrata sulla
solidarietà con il Padre e coi fratelli, crolla la separazione tra Dio
e l'umanità per cui ogni donna ed ogni uomo hanno accesso a Dio in
Spirito e verità (Gv 4,24). Ma vi è anche un significato storico più immediato: il tempio era anche simbolo del potere economico ideologico della classe privilegiata: ogni tempio tende di sua natura a diventare tale per una inclinazione naturale dell'uomo e d'altra parte la religione si è sempre prestata ad essere manipolata come copertura ideologica all'oppressione dell'uomo sull'uomo; non a torto Marx riteneva la religione "oppio dei popoli". Ora, con Gesù, al posto dell'economia del possesso subentra l'economia del dono (Mc 12,44), la logica del Vangelo che Gesù porta a pieno compimento sulla croce nel dono e nella condivisione della sua stessa vita. Il nuovo tempio che sostituirà la "spelonca di ladri" sarà la comunità che spezza il pane vivendo, nella concretezza della vita quotidiana, l'amore fraterno. Con l'inizio del regno di Dio si rivela la vera dignità dell'uomo: in questo tempo (oggi) i discepoli (leggasi noi, se vogliamo esserlo) dovranno saper cogliere il significato della storia concreta e quotidiana, e leggere bene nel suo travaglio presente il germinare del regno di Dio; così la storia dell'uomo, liberata dal senso di fallimento, diviene storia di salvezza che si va progressivamente realizzando nella giustizia, nella libertà e nell'amore in Gesù Cristo, unico senso della stessa storia. La testimonianza
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Mc 13,5-23: [5]Gesù si mise a dire loro: "Badate che nessuno vi inganni! [6]Molti verranno nel mio nome, dicendo: "Sono io", e trarranno molti in inganno.[7]E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. [8]Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l'inizio dei dolori. [9]Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. [10]Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. [11]E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. [12]Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. [13]Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. [14]Quando vedrete l'abominio della devastazione presente là dove non è lecito - chi legge, comprenda -, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, [15]chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, [16]e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. [17]In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! [18]Pregate che ciò non accada d'inverno; [19]perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. [20]E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni. [21]Allora, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là", voi non credeteci; [22]perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. [23]Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto. |
La struttura classica nei vangeli a cerchi concentrici A-B-C-B'-A' ci aiuta a fissare la nostra attenzione sull'elemento centrale. Gesù non parla di catastrofi cosmiche ma dei mali quotidiani che rendono faticosa l'esistenza dell'uomo; proprio lì il cristiano deve scoprire il senso del vangelo e vivere la propria fede in Gesù Signore, impegnandosi per la soluzione positiva della storia, ormai affidata alla responsabilità delle sue mani. I fatti narrati non si svolgono in un futuro lontano, questi mali (guerre, carestie, persecuzioni) provengono dalla logica del potere; tutto questo trova la massima espressione nella morte di Gesù, ma in essa si trova anche la soluzione positiva nell'intervento del Padre che si manifesta nella resurrezione quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto. Gli ingannatori e i falsi profeti (Mc 13,5-6.21-23) Guerre terremoti, carestie e grande desolazione (Mc 13,7-8.14-20) Persecuzioni (Mc 13, 9-13) La venuta del Figlio dell'Uomo |
Mc 13,24-27: [24]In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, [25]le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. [26]Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [27]Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. |
I
versetti 24-25 esprimono la convinzione profonda della caducità
dell'universo ("passa la scena di questo mondo" 1Cor 7,31); la morte di
Gesù è il primo compimento, poiché in lui l'uomo vecchio è distrutto,
si realizza il giudizio di Dio, si compie la catastrofe (inversione)
del negativo. L'ultima parola non spetta al male, questo mondo morirà,
ma per lasciar nascere "cieli nuovi e terra nuova". La croce è la prima
venuta "con grande potenza e gloria", perché lì si ha la rivelazione
piena di Dio come amore, che si dona a noi totalmente nell'uomo Gesù e
compie il suo giudizio di salvezza. Il cristiano attende ancora la sua
seconda venuta e non può essere una attesa passiva, ma si lega alla
responsabilità fattiva, vigile e attenta del discepolo, che si mette
alla sua sequela e compie lo stesso cammino di Gesù. Nasce una nuova
visione della storia, che tende a Gesù Cristo Signore come al suo
compimento, al suo futuro di pienezza, attraverso lotte e difficoltà
presentate come le doglie del parto. In questa visione sta l'essenza
della vita e della testimonianza del cristiano, che non evade dalla
dura realtà presente, ma si fa totalmente carico di essa, sempre pronto
a rendere conto della speranza accesa nel suo cuore (1Pt 3,15). I segni dei tempi
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Con
la breve parabola del fico sul discernimento Gesù intende rispondere
alla domanda dei discepoli posta all'inizio del capitolo. Questa
domanda piena di angoscia e trepidazione la Chiesa se l'è posta fin
dalle origini ed è domanda a cui senza discernimento è fin troppo
facile dare risposte sbagliate o alienanti. La risposta sta solo
nell'impegno di mettersi alla sequela di Gesù nella sua vita terrena. "Vegliate"
In
queste poche righe per ben tre volte si ripete il verbo "vegliare"; con
queste ripetizioni Marco indica alla comunità quale deve essere
l'atteggiamento di fronte al Signore che certamente viene, per cui il
ritorno del Signore non è un avvenimento che essa deve subire
passivamente, ma qualcosa che incide in modo determinante sul suo modo
di agire oggi. Marco non dà particolari circa gli eventi futuri, ma
richiama a una vigilanza attenta ed ha una fedeltà responsabile
nell'assenza del Signore. Non si può aspettare con le mani in mano,
perché la storia della salvezza, pienamente realizzata in Cristo Gesù,
attende ancora di essere realizzata in noi. Così la nostra vita è
caratterizzata da una tensione vigile, responsabile e attiva, verso un
compimento che per noi non è ancora avvenuto, ma del quale abbiamo in
Cristo sia la certezza che l'indicazione dei mezzi. In questo tempo la
prima tentazione è la noia e la stanchezza: ecco l'appello alla
vigilanza, poiché Gesù torna per chiederci conto della nostra fedeltà
in ogni momento. I riferimenti alla passione (sera fa riferimento al
tradimento di Giuda (14,17), a mezzanotte quando fu giudicato
(14,53-64), al canto del gallo quando Pietro lo rinnegò (14,72) e al
mattino quando fu condannato (15,1-15)) non sono casuali perché la
passione rappresenta per Marco il compimento del discorso escatologico:
Gesù sulla croce manifesterà la gloria di Dio che è amore; la sua
venuta è vicina perché in realtà viene in qualsiasi momento, viene se
noi non cadiamo nel sonno dello smarrimento e della disperazione, viene
se sappiamo vegliare nella speranza operosa, cogliendo nei segni dei
tempi la sua presenza. La seconda tentazione è opposta: uno può
aspettare così intensamente, lasciandosi assorbire talmente dal futuro
da dimenticare il significato e il valore del tempo presente, per
questo la vigilanza viene posta in stretta connessione con la
responsabilità fedele ed operosa. Il tempo dell'attesa vigile diventa
allora il tempo dell'azione, in cui al discepolo è stato affidato lo
stesso potere di Cristo, a ciascuno secondo la propria mansione; in
questo odo il tempo vuoto dell'attesa si riempie di contenuto, e
diventa storia concreta, che l'uomo deve ormai gestire in prima
persona, in totale responsabilità e fedeltà alla parola che il Signore
ci ha lasciato. Allora il tema del discorso escatologico non riguarda
la fine, ma il fine, cioè la destinazione del nostro cammino; allora la
domanda sul quando e su quali segni trova la sua piena risposta pratica
in un atteggiamento di sequela vigile e responsabile, che ci porterà ad
incontrare Dio in Gesù crocifisso, il Signore della storia. |