10 aprile 2022
Con Marco alla scoperta di Gesù
Ventesima tappa: Cap. 15, 22-47

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola al di là delle dune
a violentare altre notti
Io nel vedere quest'uomo che muore
Madre, io provo dolore
Nella pietà che non cede al rancore
Madre, ho imparato l'Amore

(Fabrizio De André)

Questa sera, dopo aver riflettuto nelle ultime due tappe sul processo cui è stato sottoposto Gesù, vogliamo soffermarci sull’esecuzione della sentenza di quel processo-farsa che Marco ci descrive nella parte finale del capitolo 15 del suo Vangelo e cioè la crocefissione e la morte di Gesù.

Prima di leggere il testo di Marco una breve premessa.
Bisogna ricordare un dettaglio che a volte diamo per scontato, ma che mi pare utile sottolineare. Gesù non è semplicemente morto. Gesù è stato assassinato! Deliberatamente con fredda e lucida premeditazione, in base a un calcolo opportunistico, dal potere religioso e politico del Suo tempo…. e con la complicità di molti!
Credo sia anche opportuno soffermarci un attimo a valutare quale sia il nostro atteggiamento nei confronti della morte. Se non vogliamo essere ipocriti dobbiamo riconoscere che la morte ci spaventa, ci lascia sgomenti e il perché va ricercato nel fatto che è qualcosa di sconosciuto, qualcosa di "altro" rispetto al nostro concetto dell’essere. Si può fare esperienza della morte di qualcuno, magari a noi molto vicino, ma mai in nessun caso della nostra…. la nostra morte rimane un fatto privato che ci inquieta e per questo motivo tendiamo a rimuoverlo, a esorcizzarlo…. spesso evitiamo addirittura di pronunciarne il nome e preferiamo usare degli eufemismi come ad esempio: è mancato, ci ha lasciato, è tornato al Padre etc. etc.

A questo proposito mi torna in mente come muoiono gli elefanti (quando non interviene qualche bracconiere).
L’animale che sente avvicinarsi la sua ora si allontana dal branco, ma non lo fa in solitudine, lo segue un compagno. Quando dopo aver percorso molta strada e aver individuato il posto giusto, il moribondo si ferma e facendo perno sulle zampe posteriori compie un paio di giri su sé stesso come a delimitare uno spazio immaginario dentro il quale nessuno può entrare, uno spazio privato che solo lui conosce…. poi si stende a terra e si lascia morire. Solo a quel punto il compagno che lo aveva seguito lo lascia e tornando sui suoi passi ritorna nel branco. E’ l’esperienza che molti fra noi conoscono. Personalmente ho attraversato questa esperienza e per quanto possa essere stato vicino sino all’ultimo istante al moribondo, per quanto possa averle inumidito le labbra per l’ultima volta, averle accarezzato la fronte, averle dato l’ultimo bacio, averle tenuto la mano sino alla fine, ebbene nel momento del passaggio definitivo era sola nel suo spazio privato, nel suo cerchio, ed io sgomento, spaventato e incredulo sono tornato sui miei passi e mi sono riunito al branco.

Se questo è vero nella esperienza umana tanto più ci lascia interdetti, sgomenti la morte di Gesù.
Ma come posso immaginare io la morte di Dio? Come posso accettare la morte di quel Dio che credevo onnipotente, risolutore dei mille problemi del mondo e miei?
La morte di Gesù è solo paura, tristezza, sgomento, rabbia, incredulità?
Siamo sicuri che sia proprio così o forse c’è qualcosa di diverso… di nuovo?

Proviamo a rispondere seguendo il testo di Marco. Come abbiamo già fatto nelle tappe precedenti frazioniamo il testo del capitolo 15 dal versetto 22 al versetto 47 in tre quadri che potremmo sottotitolare così:

  • La crocefissione: ovvero accettazione e adesione al progetto.
  • La morte: ovvero viver l’assenza.
  • La sepoltura: davvero tutto è finito?
Leggiamo quindi la prima parte dal versetto 22 al versetto 32:

La crocifissione di Gesù (Mc. 15, 22-32)

[22] Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio, [23] e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. [24] Poi lo crocefissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. [25] Erano le nove del mattino quando lo crocefissero.
[26] E l’iscrizione con il motivo della condanna diceva: il re dei giudei. [27] Con lui crocefissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra.
[29] I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: “Ehi tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, [30] salva te stesso scendendo dalla croce!" [31] Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso! [32] Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo”. E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.


Sull’argomento che vogliamo affrontare questa sera, come è facilmente intuibile, sono stati spesi fiumi di inchiostro, esistono intere biblioteche al proposito, e quindi non vuole essere, né potrebbe esserlo, esaustiva la riflessione di questa sera, semplicemente vogliamo sottolineare alcuni passaggi che ci sembrano significativi.
La prima cosa che salta agli occhi è come Gesù in questo passo non dica e non faccia nulla, i protagonisti della scena sono altri  …..  i passanti, i soldati, i sommi sacerdoti e gli scribi, i due malfattori. Eppure più che mai emerge potente la figura di Gesù vero uomo e vero Dio. Nel suo tacere, nel suo non reagire alle provocazioni di quanti lo insultano e lo sbeffeggiano si fa evidente tutta la coerenza di Gesù al progetto del Padre. Nell’orto degli ulivi aveva pregato il Padre così : “ … se possibile allontana da me questo calice, ma sia fatta non la mia volontà ma la Tua …”. Ecco, Gesù accoglie e fa sua la volontà del Padre, liberamente si fa dono interamente fino in fondo e Lui, il giusto crocifisso dall’ingiustizia del mondo, carica su di sé tutte le ingiustizie. Lì sulla croce manifesta tutta la sua gloria e potenza.

Credo che sia impossibile capire fino in fondo il mistero della Croce, l'unica possibilità che abbiamo è quella di rimanere in silenzio e in contemplazione di quello che è la rivelazione piena di Dio. Dalla croce, scandalo per il pensiero comune, male estremo, patibolo per malfattori e ribelli, Dio pone il fondamento del mondo nuovo e dell'uomo nuovo che siamo chiamati a essere.
Gesù sulla croce è il punto di incontro tra il trascendente, dimensione verticale verso il cielo, e il mondo, dimensione orizzontale ad abbracciare da oriente ad occidente tutti gli uomini, nessuno escluso. Vorrei soffermarmi un attimo sul versetto 29 "I passanti lo insultavano ... salva te stesso scendendo dalla croce" Chi sono questi passanti di cui parla Marco? Probabilmente sono quella folla che, chiedendo la liberazione di Barabb,a urlava "Crocifiggilo", sono i complici dei mandanti e degli esecutori materiali dell'assassinio di Gesù. Ho cercato di immaginare come e da chi fosse composta questa folla e l'ho immaginata come composta da tre cerchi concentrici di persone. Nel cerchio più esterno, quello più lontano da Gesù, mi pare di scorgere dei semplici curiosi, gente che trovandosi a Gerusalemme per la Pasqua e notando il trambusto si è lasciata eccitare dall'odore del sangue, magari senza conoscere i fatti. Nel secondo cerchio ci potrebbero essere coloro i quali erano inizialmente rimasti affascinati dal messaggio portato da Gesù, ma non avendone colto l'essenza erano rimasti delusi. Nel cerchio più interno, quello più vicino al Cristo, collocherei i discepoli, tutti coloro che lo avevano seguito affascinati dal suo messaggio ma che poi alle prime avvisaglie di pericolo erano fuggiti a gambe levate. Allora la riflessione che propongo è questa: Io faccio parte di questa folla? in quale cerchio mi colloco? sono un semplice curioso che si accoda a quelli che gridano più forte? Oppure dopo la fascinazione del primo momento non avendo capito nulla dell'essenziale sono rimasto deluso? O ancora, essendo fra coloro che hanno capito che seguire Gesù significa essere disposti, come Lui, a salire sulla croce ho preferito fare una rapida retromarcia e darmi alla macchia? In definitiva direi che io faccio parte di quella folla ogni volta che lo rinnego dimenticando che sono chiamato a seguirlo e imitarlo, ogni volta che penso in maniera divisiva, quando penso all'umanità suddivisa in noi e loro, quando penso che la mia famiglia, il mio gruppo, i miei amici vengono prima del resto del mondo. Faccio parte di quella folla ogni volta che mi penso appartenente a un qualsivoglia gruppo (cattolico, cristiano, politico, etnico, ecc.) e dimentico l'essenziale e cioè che prima di tutto sono figlio di Dio e quindi tutti le donne e uomini sono mie sorelle e miei fratelli.

Al versetto 32 leggiamo: "Il Cristo,il re di Israele, scenda ora dalla croce, perchè vediamo e crediamo" Abbiamo bisogno di miracoli, di segni prodigiosi per poter credere. No, Gesù non scende dalla croce, sceglie di non salvare sé stesso... sceglie di salvare me! Questo è il vero miracolo che troppo spesso non so vedere. Gesù non scende dalla croce, non fugge, accetta di condividere fino in fondo il destino degli sconfitti, degli ultimi, dei perdenti di tutti i tempi.

=========

Passiamo allora al secondo quadro , ovvero la morte di Gesù.

La morte di Gesù (Mc. 15, 33-39)

[33] Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. [34] alle tre Gesù gridò con voce forte: "Eloì, Eloì, lema sabactàni?" che significa: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato? [35] Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco chiama Elia!" [36] Uno corse ad inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce". [37] Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. [38] Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso. [39] Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse. "Veramente quest'uomo era figlio di Dio! ".

In questi pochi versetti sono molte le cose che meritano attenzione, vediamone alcune.

"Si fece buio su tutta la terra...": cosa è quel buio se non il buio che scende nel cuore di tutti noi quando con i nostri comportamenti partecipiamo alla crocefissione di Gesù? È il buio delle coscienze di ogni uomo responsabile di qualche ingiustizia, è il buio che ci coglie ogni volta che ci allontaniamo da Gesù. Ma c'è una buona noitizia...  il buio avrà una durata limitata, fino alle tre del pomeriggio. Il buio della disperazione ha un limite temporale oltre il quale non potrà andare e lì alberga la nostra speranza. La croce, se assunta con consapevolezza, può e deve essere occasione di ripartenza, di rinascita.

Un altro punto che voglio sottolineare è il versetto 34. Gesù muore pregando e lo fa con le parole del salmo 22: è una preghiera urlata, una disperata richiesta di aiuto, quasi un'accusa a Dio di non essere presente, ma fatta in forma di preghiera. Dio accetta sempre il mio urlo di dolore, fosse pure una bestemmia, se esprime verità e richiesta di aiuto. La folla crede che Gesù stia invocando Elia, non capisce che al contrario sta aderendo fino in fondo al progetto primordiale del Padre per la salvezza di ogni uomo.

Al versetto 37 leggiamo: "Ma Gesù, dando un forte grido, spirò". Secondo Giovanni "rese lo spirito" (Gv 19,30), secondo Matteo "emise un forte grido e esalò lo spirito" (Mt 27,50). Gesù morendo ci fa un ultimo dono, ci dona lo spirito vitale, il suo stesso spirito che ci rende partecipi della vita stessa di Dio, quello spirito che saprà trasformare in testimoni credibili del Risorto quei pavidi discepoli che erano fuggiti rinnegandolo.

"Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso". Come sappiamo il velo di cui parla Marco era un pesante tendaggio lungo dal soffitto al pavimento, che divideva il Santo dei Santi dall'atrio al centro dell'edificio più inaccessibile del tempio, dove al tempo del Re Salomone era custodita l'Arca dell'alleanza che conteneva le tavole della legge, il bastone di Aronne e un po' di manna. In quel luogo aveva accesso solo il sommo Sacerdote una volta all'anno per versare il sangue del sacrificio il giorno dell'espiazione (Yom Kippur). Quindi il velo che si squarcia nel momento della morte di Gesù assume un significato importantissimo: morendo sulla croce Gesù ci svela il volto di Dio; Dio non è più misterioso, nascosto in un luogo inaccessibile, non è più altrove, è qui, lo possiamo vedere e toccare. Si è compiuto un capovolgimento: il Santo dei Santi ora è vuoto definitivamente, Dio ora condivide la sorte dei malfattori sulla croce. La croce ora è diventata  il tempio, il luogo della gloria di Dio, il luogo della manifestazione della misura dell'amore di Dio per tutti, donne e uomini di ogni razza e religione.

Il centurione. Non sappiamo niente di quest'uomo, è un soldato romano, ha comandato il plotone di esecuzione, sicuramente era abituato alla violenza e alla morte, ma ci dice Marco che, vedendo morire Gesù in quel modo, rimane scosso e turbato. Non sappiamo se le parole del centurione riportate da Marco siano state esattamente quelle, forse è più preciso Luca (Lc 23,47) che riporta "...certamente quest'uomo era giusto". Certamente quello che è importante per Marco (o Pietro, che Marco seguiva) e che vuole testimoniare alla sua comunità è la professione di fede del centurione che deve essere quella della Comunità ... la mia. Sono, siamo chiamati a riconoscere Gesù figlio di Dio non quando le cose vanno bene, ma lì sulla croce dove è morto donandosi fino in fondo come aveva vissuto. Allora, come il centurione, scossi e turbati, incapaci di comprendere fino in fondo il mistero della croce non possiamo far altro se non rimanere in silente e adorante contemplazione.


=========

E arriviamo infine all'ultima parte, quella della sepoltura di Gesù:

Le donne sul Calvario e la sepoltura (Mc. 15, 40-47)

[40] C'erano alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, e Salome, [41] che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. [42] Sopraggiunta ormai la sera, poichè era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, [43] Giuseppe d'Arimatea,  membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. [44] Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. [45] Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. [46] Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. [47] Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Joses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Credo che valga la pena di soffermarsi un attimo sui versetti 40 e 41. Le donne. Queste donne, che sono le stesse che per prime accoglieranno il messaggio della risurrezione, come vedremo nella prossima tappa del nostro cammino, ci devono far riflettere su almeno due questioni.
Marco ci dice che queste donne osservano la scena "da lontano": non tutti sono fuggiti, alcuni sono rimasti, anche se da lontano, a seguire Gesù. Quando siamo messi alla prova dalla vita può succedere di allontanarsi dal Cristo, importante è non perderlo di vista e continuare a seguirlo, magari solo con la coda dell'occhio... "da lontano", appunto.
Il secondo punto che voglio sottolineare è l'importanza della testimonianza delle donne sotto la croce. Loro ci sono, sono presenti, mentre i discepoli sono fuggiti. Questa testimonianza è affidata loro forse perchè è propria della donna la capacità della muta contemplazione della gestazione di una vita nuova, e proprio lì sulla croce nasce l'uomo nuovo che siamo chiamati a essere. Allora, se questo è vero, mi domando e vi domando: Perchè nella Chiesa continua a essere così marginale il ruolo delle donne?

È certamente figura degna di nota anche quella di Giuseppe d'Arimatea, influente membro del Sinedrio, il quale era rimasto affascinato dal messaggio di Gesù, ma nonostante la sua influenza non era riuscito  a evitare la sentenza di condanna a carico del Maestro. Giuseppe d'Arimatea mosso a compassione compie un gesto coraggioso, si reca da Pilato a chiedere la salma di Gesù per potergli dare una degna sepoltura. Un gesto coraggioso due volte perchè sfida l'autorità romana che aveva la consuetudine di lasciare i corpi dei condannati alla crocefissione esposti al pubblico ludibrio e in seconda battuta perchè entrando nella dimora di un pagano contrae l'impurità e non potrà celebrare la Pasqua che si sta preparando. Contrarrà una seconda volta l'impurità toccando il cadavere di Gesù deponendolo dalla croce e avvolgendolo nel panno di lino comprato appositamente. Probabilmente non ne ha neppure più voglia di celebrare Pesah, tanto è il dolore e il turbamento che lo accompagna in quell'ultimo atto pietoso. Ma non ha da preoccuparsi Giuseppe d'Arimatea, fra tre giorni potrà celebrare un Pasqua nuova!
Giuseppe d'Arimatea, deposto Gesù dalla croce e avvoltolo nel drappo di lino, ne depone il corpo in una tomba scavata nella roccia e ne sigilla con un masso l'ingresso. È l'ultimo dono a Gesù la tomba che probabilmente aveva acqistato per sè. Tutto sembrerebbe finito, gli ultimi curiosi tornano a casa per iniziare a celebrare quello Shabbat particolare che coincide con la festa di Pesah. Fine della storia, di una illusione. Fine di un sogno, fine di quello che era un marginale movimento religioso del primo secolo. Fine di tutto. O forse no?

Vorrei fare un passo indietro e fare un'ultima considerazione su quel lenzuolo che ha avvolto il corpo del Signore, la Sindone. Sappiamo che la tradizione cristiana crede essere quello conservato a Torino il drappo originale usato per la sepoltura di Gesù. Molte sono state e sono tutt'ora le dispute e contradittori  sull'originalità di quel telo. Sono state fatte indagini di ogni tipo chimiche, fisiche, storiche che non hanno portato a conclusioni certe e non è certo oggi la sede per discuterne oltre. Quello che per me è importante è l'emozione che provo quando mi capita di essere di fronte a una immagine della Sindone (di fronte un po' come il centurione di fronte a Gesù crocefisso). Purtroppo non ho mai avuto occasione di partecipare a una ostensione, ma credo che il sentimento non sarebbe poi molto diverso da quello provato di fronte a una immagine riprodotta. Di fronte a quella immagine più che osservarla, io mi sento osservato, osservato da uno sguardo che mi provoca turbamento ma che al tempo stesso mi pacifica con me stesso e con il mondo. Uno sguardo non inquirente, non giudicante, uno sguardo che riconcilia. In definitiva uno sguardo pieno di "bellezza". Non parlo certo di bellezza estetica, ma di quella bellezza che Sant'Agostino nelle "Confessioni" definisce cosi:

Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai!

Sì, perche tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo...

Eri con me, e non ero con te...

Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità...

diffondesti la tua fragranza, respirai e anelo verso di te,

gustai e ho fame e sete di te,

mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.


=========

Quattordicesima stazione

GESÙ È DEPOSTO NEL SEPOLCRO

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perche con la tua croce hai redento il mondo.

Dal vangelo secondo Marco (Mc 15,46):
Giuseppe d'Arimatea, comprato un lenzuolo, calò il corpo di Gesù giù dalla croce e, avvoltolo in un lenzuolo, lo depose in un sepolcro nuovo scavato nella roccia.

=========

MEDITAZIONE


L'ultimo gesto d'amore: una tomba.
Giuseppe l'aveva fatta per sè:
ora te la dona.
La sua influenza nel Sinedrio, la sua saggezza, la sua ricchezza
non ti hanno salvato,
la sua tenerezza e attenzione, ora,
ti danno un po' di riposo.
Non ha da preoccuparsi, Giuseppe.
Non lo sa ancora,
ma la tomba gli verrà restituita intatta.
Quando non abbiamo più nulla da darti,
quando sentiamo il nostro cuore freddo come la pietra,
quando la nostra vita ci sembra una tomba,
facci capire, Signore,
che tu accetti e abiti
anche le nostre sconfitte,
riempiendole di Risurrezione.

=========

PREGHIERA

Accetta, Signore,
ciò che siamo:
il bene e il male,
ciò che amiamo e ciò che rifiutiamo.
Prendi tutto,
portalo con te,
perchè possiamo risorgere
continuamente,
Dio che ami la vita.