Mc. 4, 35 “In quel medesimo giorno, venuta la sera” A
parte il significato cronologico della fine di una lunga giornata di Gesù,
Marco usa questi stacchi temporali anche per cambiare argomento. È finito il
capitolo delle parabole e inizia un capitolo dedicato ai miracoli.
Mc. 4, 37-38 “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde
si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a
poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro,
non t’importa che siamo perduti?» Come
dicevo all'inizio, dobbiamo spostare il
nostro sguardo dall'intorno (il regno di Dio già in mezzo a noi) al nostro
interno “chi è per noi questa persona che ci annuncia il Regno? Un profeta dei
tanti che si sono succeduti, oppure?”. Per ora questa domanda rimane senza
risposta come per i discepoli sulla barca. È il nostro cammino di fede che deve cominciare. Da
cosa? Forse proprio dai momenti bui, i momenti in cui le tempeste della vita
sembrano far soccombere la nostra fragile barca, e non solo la nostra personale,
ma quella della comunità, della Chiesa, del mondo stesso. È il momento del
pessimismo, del “va sempre peggio”, ecc. Spesso ci interroghiamo sulla Chiesa e abbiamo paura anche del suo futuro perché
ci pare non ci sia più posto per essa. Tremiamo anche per la sorte della
società di cui facciamo parte, per la corruzione, la violenza senza motivo che
sembra affascinare di nuovo specialmente le generazioni più giovani. Un giorno
fu domandato a padre Haring “Dov'è il diavolo” ed egli rispose “il diavolo è il
pessimismo. Abbandonarsi all'angoscia che diminuisce le energie, l'aspettarsi
sempre il peggio. E purtroppo ha molti alleati. Sono coloro che sanno solo
lamentarsi.”. Mi sembra che anche papa Francesco, pur non nascondendosi le
difficoltà dell'oggi (vedi la sua presa di posizione sul pericolo concreto di
una guerra atomica) sia contrario ai cristiani perennemente tristi. I discepoli
erano già da un po' di tempo con Gesù, avevano visto i suoi miracoli, avevano
sentito i suoi discorsi, lo avevano sentito contrapporsi ai farisei, ma non
avevano ancora capito veramente e non capiranno ancora per un po'.
Mc 4, 39-40 “Si destò, minacciò il vento e disse al mare:
«Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro:
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Ma è
proprio su questa fede che veniamo qui interrogati assieme agli apostoli. Il
seme di grano nascosto nella terra, la piccolezza della senape sono qui in Gesù
che dorme. Gesù è presente, siamo noi che non ce ne accorgiamo, come rischiamo
di non accorgerci del bene che c'è nel mondo. Quando egli si ridesta, a noi che
siamo nella sua barca rivolge quella parola di rimprovero: “Ma non avete ancora
fede?”. Sì Gesù, lo confessiamo, non abbiamo ancora fede se non quella teorica
che è oggetto di discussioni e precisazioni astratte. Ci manca la fede nel
regno di Dio presente tra i tumultuosi regni dell'uomo.
Mc. 4, 41 “E furono presi da grande timore e si dicevano
l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli
obbediscono?” Ecco
la domanda a cui il vangelo di Marco per ora non dà risposta. Iniziamo da qui
il nostro cammino alla scoperta di chi è veramente Gesù.
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Guarigione dell' indemoniato
di Gerasa (Mc. 5, 1-20)
Giunsero all’altra
riva del mare, nel paese dei Geraséni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri
gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua
dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene,
perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le
catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente,
notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce,
disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome
di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da
quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione –
gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché
non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di
porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo
in essi».Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono
nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa
duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle
campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù,
videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato
posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono
loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si
misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di
poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa,
dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha
avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli
quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
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Mc. 5,1 “Giunsero all'altra riva” Abbiamo
quella domanda in cuore ma Marco sembra un sapiente scrittore di gialli.....non
ci dà una risposta preconfezionata: troppo facile! Andiamo a cercare gli indizi
dove mai avremmo pensato; addirittura in terra pagana!
La
barca di Gesù ha raggiunto l'altra riva, la regione dei geraseni. Siamo in
territorio pagano e in un contesto cupo (sepolcri, grida, ceppi). Sembra uno di
quei racconti popolari legati alla stregoneria. Ma dietro questa facciata
emerge la portata religiosa dell'episodio: in questo territorio pagano Gesù
affronta un mondo abbandonato all'irrazionale, alle potenze malefiche che
incatenano l'uomo. Satana regna lì da padrone.
Mc. 5,6 “Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai
piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio
altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!” È interessante notare che è
sempre e solo il demonio che durante la vita di Gesù ne riconosce la vera identità,
a differenza dei discepoli. Ma il demonio (la menzogna per antonomasia) non può
mentire sulla realtà divina: Dio ha l'ultima parola sul male. Nell'economia del
vangelo di Marco queste professioni di fede degli spiriti servono anche a
mettere il lettore sulla giusta strada, sono i famosi indizi per comprendere il
mistero di Gesù senza svelare il segreto. Lo capiremo solamente quando anche la
nostra legione di demoni ci avrà lasciato e, come dice umoristicamente Marco,
finirà annegata in un branco di porci in fondo al mare. Noi ora dobbiamo
scegliere se essere come i geraseni che vedono tutto ma vengono presi dal
terrore e per salvaguardare i loro interessi non sono disposti ad accogliere
Gesù e anzi lo pregano di allontanarsi dai propri confini, oppure come
l'ex-indemoniato che prega Gesù di poter stare con lui.
Mc. 5,18-19 “Mentre risaliva nella barca, colui che era
stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise,
ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore
ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a
proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano
meravigliati” Gesù, come aveva mandato il
lebbroso sanato ai sacerdoti, manda l'indemoniato liberato come primo apostolo
tra i suoi connazionali. Lui è già con il Cristo, perché è stato riscattato dal
potere del male che lo teneva nella tomba e può quindi testimoniare il vangelo,
cioè Gesù figlio di Dio. Gli apostoli invece non sono ancora in grado di fare
ciò perché non hanno ancora avuto quell'esperienza liberante della misericordia
di Gesù. “Vai e annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia
che ti ha usato.”
Siamo
anche noi come i geraseni che conoscono Gesù ma non lo vogliono implicare nella
vita di ogni giorno? Lo proclamiamo figlio di Dio a parole ma facciamo fatica
ad accettarlo come Signore della nostra vita e della nostra storia?
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Risurrezione della figlia di
Giairo e guarigione dell'emorroissa (Mc. 5, 21-43)
Essendo Gesù passato
di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli
stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il
quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La
mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e
viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che
aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di
molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi
piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro
toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue
vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo
corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza
che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie
vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno
a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che
aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era
accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le
disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo
male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a
dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito
quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi
fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e
Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed
egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro:
«Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo
deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre
della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la
mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti
dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici
anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che
nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
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Questo
lungo brano contiene due racconti di miracoli disposti a “sandwich”; cioè il
racconto di uno viene inserito nel bel mezzo del racconto dell'altro, ma i due
episodi intessuti insieme si illustrano uno con l'altro facendo risaltare i
vari aspetti di un unico messaggio. I due racconti per prima cosa dimostrano
una profonda unità, sia per quanto riguarda il comportamento di Gesù, sia per
il messaggio teologico.
Mc, 5 25-33 Ora una donna, venne tra la folla e da dietro
toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue
vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo
corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza
che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie
vesti?». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la
donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si
gettò davanti e gli disse tutta la verità.” La
personalità di Gesù si impone per la calma e la sicurezza con cui si muove in
mezzo alla folla ma anche per la sua capacità di prendersi cura del singolo.
Penso che una delle cose che più ci commuove di papa Francesco sia la sua
capacità di cogliere, tra la folla che lo acclama, il singolo che chiede una
particolare attenzione. Pensiamo solo ai gesti del recente viaggio in Cile e
Perù di unire in matrimonio una coppia, di scendere dalla macchina per
assistere una agente infortunata, di fermarsi per accarezzare un'anziana cieca.
Credo che in questi momenti davvero lui sia “in persona Christi” per tutti
quelli che lo guardano.
Mc 5, 34 “Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha
salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male.” Questo
brano, che ha come centro la fede, illustra anche i tre momenti in cui essa
cresce e si sviluppa nella sua pienezza. Al primo livello c'è la vista della
propria pochezza e la fiducia nella potenza di Dio, così che Dio può
intervenire. Il secondo livello di fede è suscitato dallo sguardo di Gesù che
cerca l'emorroissa e crea quella comunione che porta al dialogo tra i due. Da
qui sgorga la parola di salvezza e di pace
“la tua fede ti ha salvata va in pace”.
Mc.
5 34-36 “Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga
vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma
Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere,
soltanto abbi fede!” A Giairo Gesù chiede un terzo livello di fede: qui si
tratta di una fede che ha un risvolto oggettivo inaudito nel quale si manifesta
la pienezza della gloria di Dio. È un affidarsi totale all'amore di Dio che non
permetterà che il suo eletto conosca la corruzione (sal. 16,10). Fede che ci
rende vittoriosi sul male che ci vorrebbe incatenati (vedi l'indemoniato di Gerasa)
e fede come vittoria sulla morte:
risultato del male e nemico ultimo dell'uomo.
I due miracoli, che si intrecciano nel brano che abbiamo
letto e sembrano così diversi, sono legati da un numero (12) e dalle parole
salvare, credere, toccare che continuamente emergono.
Dodici sono gli anni
di malattia della emorroissa e dodici sono gli anni della figlia di Giairo.
Tale numero presso gli ebrei ha un significato particolare: indica la totalità
del tempo (dodici sono i mesi dell'anno) e la totalità del popolo (dodici sono
le tribù di Israele). Se il dodici ha questo significato particolare si
potrebbe vedere nell'emorroissa che soffre da dodici anni l'umanità che in
tutto il suo tempo è afflitta dal male e nella fanciulla che muore a dodici
anni tutta l'umanità che muore nel fiore della sua speranza.
Credere: possiamo
rivedere le tappe della nostra fede come abbiamo visto stasera le tappe di fede
dell’indemoniato, della emorroissa e di Giairo.
Toccare: pensando
all'immagine di Gesù che prende per mano la fanciulla mi è venuta alla mente un'immagine,
quella della creazione sulla volta della cappella Sistina: il dito di Dio
creatore che tocca il dito dell'uomo creatura e gli infonde la vita. In quella
ricerca degli indizi sulla vera natura di Gesù dove ci sta portando Marco
possiamo mettere un altro tassello: il tocco di Gesù dona la vita.
Mc.
5, 43 “E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse
di darle da mangiare.” Gesù non ci impone di credere in Lui. Vedremo nella
prossima tappa del nostro cammino che addirittura i suoi concittadini,
nonostante i miracoli, lo disconosceranno e ancora una volta, come dai
geraseni, sarà cacciato via.
Il brano si conclude con Gesù che dice di dare da mangiare
alla fanciulla. Non può essere casuale. Il nostro testo vede un preludio alla
moltiplicazione dei pani quando sarà Gesù stesso a dare da mangiare alla folla,
e soprattutto all'Eucarestia, dove Gesù trasformerà sé stesso in cibo. Così il
cristiano morto e risorto in Cristo per il battesimo mangia il Pane di vita:
chi ne gusterà non vedrà più la morte.
In conclusione vorrei dire che in un mondo dove tutto sta
diventando virtuale dobbiamo fare un cammino di fede anche per capire che il
nostro è un Dio che non ha paura di toccare l'uomo, anzi lo vuole toccare e da
lui essere toccato. I farisei guardano Gesù da lontano e lo giudicano, i
poveri, i sofferenti lo toccano e vengono salvati. Pensiamoci quando il
sacerdote ci mette in mano quel pezzo di pane che è l'ostia consacrata. Stiamo
toccando Gesù e Gesù si sta facendo toccare da noi!
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Come domande finali vorrei che ci chiedessimo: Abbiamo
capito chi è Gesù o siamo ancora alla ricerca delle “prove”?
Ripercorriamo
con la mente gli incontri di Gesù
(l'indemoniato, i geraseni, l'emorroissa, Giairo, sua figlia) e chiediamoci a
quale di questi personaggi somiglio di più in questo momento della mia vita e
quale è la mia ferita nascosta che vorrei che Gesù toccasse. Cosa mi sta
rispondendo Gesù?
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