27 gennaio 2018
Con Marco alla scoperta di Gesù
Sesta tappa: da Cap. 4-35 a 5-43 (i miracoli)

Introduzione

Come già abbiamo sentito dire altre volte, i quattro vangeli, pur avendo tutti per argomento la vita di Gesù e come fine far conoscere la sua dottrina alle comunità cristiane, hanno un taglio letterario diverso a seconda delle comunità a cui principalmente si riferiscono e della fonte apostolica da cui attingono. Già nella prima tappa di questo cammino di lettura del vangelo di Marco, Claudio ci aveva detto che questo evangelista si rifà a Pietro come fonte e si rivolge principalmente ai pagani che sono quindi all'oscuro della storia del popolo ebraico e delle profezie che hanno accompagnato il suo cammino. Il fine ultimo di Marco è di portarci alla domanda “ ma chi è veramente costui?” e la risposta definitiva la troveremo solo nell'ultima pagina.

Dopo i primi capitoli che sembrano servire a stuzzicare la nostra curiosità e dopo le parabole sul Regno di Dio che ci fanno intravedere una realtà che è altra rispetto a quella che tocchiamo ogni giorno, da questo capitolo lo sguardo si posa più precisamente sulla figura di Gesù.

Leggiamo il primo brano.

La tempesta sedata (Mc. 4,35-41)

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Mc. 4, 35 “In quel medesimo giorno, venuta la sera”
A parte il significato cronologico della fine di una lunga giornata di Gesù, Marco usa questi stacchi temporali anche per cambiare argomento. È finito il capitolo delle parabole e inizia un capitolo dedicato ai miracoli.

Mc. 4, 37-38 “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?»
Come dicevo all'inizio, dobbiamo spostare  il nostro sguardo dall'intorno (il regno di Dio già in mezzo a noi) al nostro interno “chi è per noi questa persona che ci annuncia il Regno? Un profeta dei tanti che si sono succeduti, oppure?”. Per ora questa domanda rimane senza risposta come per i discepoli sulla barca. È il nostro cammino di fede che deve cominciare. Da cosa? Forse proprio dai momenti bui, i momenti in cui le tempeste della vita sembrano far soccombere la nostra fragile barca, e non solo la nostra personale, ma quella della comunità, della Chiesa, del mondo stesso. È il momento del pessimismo, del “va sempre peggio”, ecc. Spesso ci interroghiamo sulla Chiesa  e abbiamo paura anche del suo futuro perché ci pare non ci sia più posto per essa. Tremiamo anche per la sorte della società di cui facciamo parte, per la corruzione, la violenza senza motivo che sembra affascinare di nuovo specialmente le generazioni più giovani. Un giorno fu domandato a padre Haring “Dov'è il diavolo” ed egli rispose “il diavolo è il pessimismo. Abbandonarsi all'angoscia che diminuisce le energie, l'aspettarsi sempre il peggio. E purtroppo ha molti alleati. Sono coloro che sanno solo lamentarsi.”. Mi sembra che anche papa Francesco, pur non nascondendosi le difficoltà dell'oggi (vedi la sua presa di posizione sul pericolo concreto di una guerra atomica) sia contrario ai cristiani perennemente tristi. I discepoli erano già da un po' di tempo con Gesù, avevano visto i suoi miracoli, avevano sentito i suoi discorsi, lo avevano sentito contrapporsi ai farisei, ma non avevano ancora capito veramente e non capiranno ancora per un po'.

Mc 4, 39-40 “Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
Ma è proprio su questa fede che veniamo qui interrogati assieme agli apostoli. Il seme di grano nascosto nella terra, la piccolezza della senape sono qui in Gesù che dorme. Gesù è presente, siamo noi che non ce ne accorgiamo, come rischiamo di non accorgerci del bene che c'è nel mondo. Quando egli si ridesta, a noi che siamo nella sua barca rivolge quella parola di rimprovero: “Ma non avete ancora fede?”. Sì Gesù, lo confessiamo, non abbiamo ancora fede se non quella teorica che è oggetto di discussioni e precisazioni astratte. Ci manca la fede nel regno di Dio presente tra i tumultuosi regni dell'uomo.

Mc. 4, 41 “E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”
Ecco la domanda a cui il vangelo di Marco per ora non dà risposta. Iniziamo da qui il nostro cammino alla scoperta di chi è veramente Gesù.

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Guarigione dell' indemoniato di Gerasa (Mc. 5, 1-20)

Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Geraséni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi».Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.     
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.    
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Mc. 5,1 “Giunsero all'altra riva”
Abbiamo quella domanda in cuore ma Marco sembra un sapiente scrittore di gialli.....non ci dà una risposta preconfezionata: troppo facile! Andiamo a cercare gli indizi dove mai avremmo pensato; addirittura in terra pagana!

La barca di Gesù ha raggiunto l'altra riva, la regione dei geraseni. Siamo in territorio pagano e in un contesto cupo (sepolcri, grida, ceppi). Sembra uno di quei racconti popolari legati alla stregoneria. Ma dietro questa facciata emerge la portata religiosa dell'episodio: in questo territorio pagano Gesù affronta un mondo abbandonato all'irrazionale, alle potenze malefiche che incatenano l'uomo. Satana regna lì da padrone.

Mc. 5,6 “Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”
È interessante notare che è sempre e solo il demonio che durante la vita di Gesù ne riconosce la vera identità, a differenza dei discepoli. Ma il demonio (la menzogna per antonomasia) non può mentire sulla realtà divina: Dio ha l'ultima parola sul male. Nell'economia del vangelo di Marco queste professioni di fede degli spiriti servono anche a mettere il lettore sulla giusta strada, sono i famosi indizi per comprendere il mistero di Gesù senza svelare il segreto. Lo capiremo solamente quando anche la nostra legione di demoni ci avrà lasciato e, come dice umoristicamente Marco, finirà annegata in un branco di porci in fondo al mare. Noi ora dobbiamo scegliere se essere come i geraseni che vedono tutto ma vengono presi dal terrore e per salvaguardare i loro interessi non sono disposti ad accogliere Gesù e anzi lo pregano di allontanarsi dai propri confini, oppure come l'ex-indemoniato che prega Gesù di poter stare con lui.

Mc. 5,18-19 “Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati”
Gesù, come aveva mandato il lebbroso sanato ai sacerdoti, manda l'indemoniato liberato come primo apostolo tra i suoi connazionali. Lui è già con il Cristo, perché è stato riscattato dal potere del male che lo teneva nella tomba e può quindi testimoniare il vangelo, cioè Gesù figlio di Dio. Gli apostoli invece non sono ancora in grado di fare ciò perché non hanno ancora avuto quell'esperienza liberante della misericordia di Gesù. “Vai e annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato.”

Siamo anche noi come i geraseni che conoscono Gesù ma non lo vogliono implicare nella vita di ogni giorno? Lo proclamiamo figlio di Dio a parole ma facciamo fatica ad accettarlo come Signore della nostra vita e della nostra storia?


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Risurrezione della figlia di Giairo e guarigione dell'emorroissa (Mc. 5, 21-43)

Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».  
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Questo lungo brano contiene due racconti di miracoli disposti a “sandwich”; cioè il racconto di uno viene inserito nel bel mezzo del racconto dell'altro, ma i due episodi intessuti insieme si illustrano uno con l'altro facendo risaltare i vari aspetti di un unico messaggio. I due racconti per prima cosa dimostrano una profonda unità, sia per quanto riguarda il comportamento di Gesù, sia per il messaggio teologico.

Mc, 5 25-33 Ora una donna, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.”
La personalità di Gesù si impone per la calma e la sicurezza con cui si muove in mezzo alla folla ma anche per la sua capacità di prendersi cura del singolo. Penso che una delle cose che più ci commuove di papa Francesco sia la sua capacità di cogliere, tra la folla che lo acclama, il singolo che chiede una particolare attenzione. Pensiamo solo ai gesti del recente viaggio in Cile e Perù di unire in matrimonio una coppia, di scendere dalla macchina per assistere una agente infortunata, di fermarsi per accarezzare un'anziana cieca. Credo che in questi momenti davvero lui sia “in persona Christi” per tutti quelli che lo guardano.

Mc 5, 34 “Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male.”
Questo brano, che ha come centro la fede, illustra anche i tre momenti in cui essa cresce e si sviluppa nella sua pienezza. Al primo livello c'è la vista della propria pochezza e la fiducia nella potenza di Dio, così che Dio può intervenire. Il secondo livello di fede è suscitato dallo sguardo di Gesù che cerca l'emorroissa e crea quella comunione che porta al dialogo tra i due. Da qui sgorga la parola di salvezza e di pace  “la tua fede ti ha salvata va in pace”.

Mc. 5 34-36 “Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!”
A Giairo Gesù chiede un terzo livello di fede: qui si tratta di una fede che ha un risvolto oggettivo inaudito nel quale si manifesta la pienezza della gloria di Dio. È un affidarsi totale all'amore di Dio che non permetterà che il suo eletto conosca la corruzione (sal. 16,10). Fede che ci rende vittoriosi sul male che ci vorrebbe incatenati (vedi l'indemoniato di Gerasa) e fede come vittoria sulla morte:  risultato del male e nemico ultimo dell'uomo.

I due miracoli, che si intrecciano nel brano che abbiamo letto e sembrano così diversi, sono legati da un numero (12) e dalle parole salvare, credere, toccare che continuamente emergono.

Dodici sono gli anni di malattia della emorroissa e dodici sono gli anni della figlia di Giairo. Tale numero presso gli ebrei ha un significato particolare: indica la totalità del tempo (dodici sono i mesi dell'anno) e la totalità del popolo (dodici sono le tribù di Israele). Se il dodici ha questo significato particolare si potrebbe vedere nell'emorroissa che soffre da dodici anni l'umanità che in tutto il suo tempo è afflitta dal male e nella fanciulla che muore a dodici anni tutta l'umanità che muore nel fiore della sua speranza.

Credere: possiamo rivedere le tappe della nostra fede come abbiamo visto stasera le tappe di fede dell’indemoniato, della emorroissa e di Giairo.

Toccare: pensando all'immagine di Gesù che prende per mano la fanciulla mi è venuta alla mente un'immagine, quella della creazione sulla volta della cappella Sistina: il dito di Dio creatore che tocca il dito dell'uomo creatura e gli infonde la vita. In quella ricerca degli indizi sulla vera natura di Gesù dove ci sta portando Marco possiamo mettere un altro tassello: il tocco di Gesù dona la vita.

Mc. 5, 43 “E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.”
Gesù non ci impone di credere in Lui. Vedremo nella prossima tappa del nostro cammino che addirittura i suoi concittadini, nonostante i miracoli, lo disconosceranno e ancora una volta, come dai geraseni, sarà cacciato via.

Il brano si conclude con Gesù che dice di dare da mangiare alla fanciulla. Non può essere casuale. Il nostro testo vede un preludio alla moltiplicazione dei pani quando sarà Gesù stesso a dare da mangiare alla folla, e soprattutto all'Eucarestia, dove Gesù trasformerà sé stesso in cibo. Così il cristiano morto e risorto in Cristo per il battesimo mangia il Pane di vita: chi ne gusterà non vedrà più la morte.

In conclusione vorrei dire che in un mondo dove tutto sta diventando virtuale dobbiamo fare un cammino di fede anche per capire che il nostro è un Dio che non ha paura di toccare l'uomo, anzi lo vuole toccare e da lui essere toccato. I farisei guardano Gesù da lontano e lo giudicano, i poveri, i sofferenti lo toccano e vengono salvati. Pensiamoci quando il sacerdote ci mette in mano quel pezzo di pane che è l'ostia consacrata. Stiamo toccando Gesù e Gesù si sta facendo toccare da noi!

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Come domande finali vorrei che ci chiedessimo:

Abbiamo capito chi è Gesù o siamo ancora alla ricerca delle “prove”?

Ripercorriamo con la mente gli  incontri di Gesù (l'indemoniato, i geraseni, l'emorroissa, Giairo, sua figlia) e chiediamoci a quale di questi personaggi somiglio di più in questo momento della mia vita e quale è la mia ferita nascosta che vorrei che Gesù toccasse. Cosa mi sta rispondendo Gesù?