16 marzo 2024
Sabato della V domenica di Quaresima B


"La Buona notizia di Giovanni per una comunità del 21° secolo"


La Condanna a Morte di Gesù


Per cominciare questa tappa vorrei prima di tutto collocare il brano che leggeremo all'interno del tempo liturgico di oggi.
Siamo alla 5a domenica di Quaresima e il brano di Vangelo che si legge in questa domenica è quello di Giovanni, al cap. 12, in cui
Gesù annuncia la propria prossima "glorificazione", prendendo l'esempio del chicco di grano che muore per dare molto frutto. Ma Gesù era stato poco prima osannato dalla folla come re di Israele quando entrava in Gerusalemme su un asinello, suscitando la forte preoccupazione dei Farisei che dicono «Vedete che non ci si ricava nulla? Tutto il mondo gli va dietro!» (Gv 12,19), e questo è un antefatto importante per quello che vediamo stasera. Questo brano si colloca quindi nella Domenica delle Palme, ma allo stesso tempo si respira già l'aria cupa della Passione di Cristo.
La prossima settimana, Domenica delle Palme, si terrà la commemorazione dell'ingresso trionfale del Cristo a Gerusalemme, leggendolo nella versione di Marco o di Giovanni, e poi si leggerà tutta la Passione di Gesù, dal tradimento alla sepoltura, nella versione di Marco.
Il venerdì santo, invece, leggeremo la Passione di Gesù, dalla cattura alla sepoltura, proprio nella versione di Giovanni.

Quindi noi qui, stasera, ci andiamo a collocare proprio nel mezzo del Vangelo del Venerdì Santo, saltando l'arresto di Gesù e i processi con i capi dei sacerdoti e leggendo il cap. 19 fino al versetto 16, riguardante il processo sotto Ponzio Pilato, dalla flagellazione di Gesù alla condanna definitiva. Esaminare attentamente questo processo ci obbliga infatti a riflettere su quali erano, a grandi linee, gli insegnamenti che Gesù portava avanti nel proclamare la sua Buona Notizia e che tanto erano insopportabili per chi deteneva il potere, questioni già viste in diverse dispute di Gesù con i Giudei e che qui portano alla sua condanna a morte.

Flagellazione e condanna definitiva di Gesù (Gv 19, 1-16)

[1] Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare.
[2] I soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, e gli misero addosso un manto di porpora; e s'accostavano a lui e dicevano: [3] «Salve, re dei Giudei!» e lo schiaffeggiavano.
[4] Pilato uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa». [5] Gesù in quel momento uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora. Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!»
[6] Come dunque i capi dei sacerdoti e le guardie lo ebbero visto, gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Pilato disse loro: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; perché io non trovo in lui alcuna colpa». [7] I Giudei gli risposero: «Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge egli deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
[8] Quando Pilato udì questa parola, ebbe ancor più paura; [9] e rientrato nel pretorio, disse a Gesù: «Di dove sei tu?» Ma Gesù non gli diede alcuna risposta. [10] Allora Pilato gli disse: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?». [11] Gesù gli rispose: «Tu non avresti alcuna autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto; perciò chi mi ha dato nelle tue mani, ha una colpa più grande».
[12] Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridavano, dicendo: «Se liberi costui non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re, si oppone a Cesare». [13] Pilato dunque, udite queste parole, condusse fuori Gesù, e si mise a sedere in tribunale nel luogo detto Lastrico, e in ebraico Gabbatà. [14] Era la preparazione della Pasqua, ed era l'ora sesta. Egli disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!» [15] Allora essi gridarono: «Toglilo, toglilo di mezzo, crocifiggilo!». Pilato disse loro: «Crocifiggerò il vostro re?». I capi dei sacerdoti risposero: «Noi non abbiamo altro re che Cesare». [16] Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Intanto mi sembra necessario rivedere brevemente anche cosa era successo subito prima, per capire alcune cose dette qui al capitolo 19. Nella parte finale del capitolo 18, dal versetto 29 al 40, Gesù, dopo essere stato davanti ai sommi sacerdoti, prima Anna, suocero di Caifa, e poi Caifa, il sommo sacerdote per quell'anno, viene portato da Pilato con la esplicita richiesta di condannarlo a morte come malfattore, con l'accusa di essersi dichiarato "re dei Giudei". Quindi, in sostanza, l'accusa era di essere un sobillatore, un rivoluzionario, e questo era quello che Pilato si aspettava di trovarsi davanti. Pilato gli aveva allora espressamente chiesto se era "il re dei Giudei" e Gesù aveva risposto che, sì, era re, ma il suo regno non era di questo mondo, e poi se ne era uscito con quella frase poco comprensibile: «È vero, sono re. Sono nato e venuto al mondo per questo, per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce». E qui Pilato se ne era uscito con la frase «Che cos'è la verità?» su cui ho fatto una digressione a novembre scorso, a proposito di cosa si debba intendere per "verità", la "verità" cioè come la realtà profonda, non da capire intellettualmente ma da sperimentare e vivere. Pilato ovviamente non aveva capito, così come di certo non lo avevano ancora capito i discepoli.
Quindi a Pilato Gesù era sembrato una persona strana, che non aveva per niente l'aspetto di un facinoroso, ma che con le sue risposte gli aveva messo dentro una certa ansia. Però non aveva visto in lui alcuna colpa. Era dunque uscito e lo aveva detto ai Giudei proponendo di liberarlo, essendoci la consuetudine che il potere romano liberasse un prigioniero per la Pasqua ebraica. Ma quelli, i Giudei, avevano gridato che preferivano che fosse liberato Barabba, un noto brigante, incarcerato per sommossa e omicidio (Lc 23,19). Ecco, questo è l'antefatto del capitolo 19: Pilato non vede nessuna colpa in Gesù, ma i Giudei vogliono proprio farlo morire.

Quindi vediamo questi primi 16 versetti del capitolo, molto densi, soffermandoci sul comportamento dei tre personaggi principali, Pilato, i Giudei e Gesù
. La folla, nella versione di Giovanni, ha un ruolo proprio marginale, quasi nullo, e i soldati fanno solo la parte di quelli che infieriscono e sbeffeggiano un poveraccio che è stato portato per essere messo a morte, un povero mentecatto, che pretenderebbe di essere re e invece non è niente.
Alla fine
ci soffermeremo a capire, o a ricordarci, PERCHÉ Gesù è stato messo in croce, PERCHÉ è dovuto morire, PERCHÉ è andato incontro alla morte invece di filarsela via da Gerusalemme e campare tranquillo.

Cominciamo da Pilato: Pilato è quello che sembrerebbe avere il potere («Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?»), ma in realtà si rivela un pupazzo, tirato dai fili di paure generiche e della paura di rimetterci nella carriera. E i pupari chi sono? Sono i Giudei, che si rivelano estremamente astuti.
Pilato qui si dimostra anche un uomo di poco carattere, perché, pur non avendo trovato Gesù colpevole di niente, non ha avuto il coraggio di liberarlo, ma lo fa soffrire con la flagellazione: una punizione tremenda, con le cordicelle di cuoio appesantite da piombo e con legati degli ossicini, una punizione che alle volte finiva con la morte dell'uomo. Perché lo fa? Lo scopo pare essere quello di accontentare i Giudei con questa sofferenza atroce di Gesù e con questa sua umiliazione. In questo modo spera di risparmiargli la vita, ma allo stesso tempo pensa a sé stesso, a fare una bella figura davanti ai Giudei, quella del giudice severo. Quindi Pilato fa portare fuori Gesù, sofferente, umiliato dalla farsa dolorosa della corona di spine e del mantello rosso, e ribadisce di non trovare in lui nessuna colpa, come a dire loro: "Ora sarete contenti, no?".
Ma i Giudei non possono accontentarsi di un'umiliazione: in loro non c'è il minimo di pietà umana, ma lo vogliono proprio morto! Pilato cerca di svicolare dicendo loro "Crocifiggetelo voi!", forse anche come gesto di sarcasmo verso i Giudei, perché doveva ben sapere che il Sinedrio non aveva l'autorità per eseguire la condanna a morte!

Ecco che qui i Giudei, visto che l'accusa per Gesù di volersi fare re non ha funzionato, giocano una seconda carta, che è poi quella di tirare fuori quella che per loro è la vera accusa: Gesù "si è fatto Figlio di Dio"! Dichiararsi Figlio di Dio per loro è una bestemmia, ma soprattutto è un pericolo per il loro status sociale, perché la dottrina di Gesù li rende inutili. Ma su questo mi soffermerò tra poco.  Questa accusa mette però Pilato ancora più in agitazione. Già prima Gesù aveva detto che il suo regno non era di questo mondo, e ora viene fuori questa storia: e se Gesù fosse davvero figlio di un dio, uno dei tanti venerati e temuti dai romani, come Giove, Vulcano, Marte? Pilato ora ha paura di Gesù e gli chiede di dirgli qualcosa di più preciso: «Di dove sei tu?». Se Gesù avesse detto qualcosa sulla sua provenienza divina, ad esempio come aveva fatto con Nicodemo (vi ricordo la frase di Gesù: «Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui»), forse Pilato lo avrebbe rilasciato immediatamente: meglio l'ira dei Giudei che doversela vedere con una divinità! Ma qui entra in gioco l'atteggiamento di Gesù, che tace. Tace perché lui
, nei confronti dei Giudei, si oppone a come essi trattano gli esseri umani e non a come trattano Dio! Tutto l'insegnamento di Gesù sta lì, nel modo di rapportarci agli uomini, come fratelli, con amore, con cura, e non nel modo di rapportarsi a Dio.
Il silenzio di Gesù fa infuriare Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?». La risposta di Gesù è ferma: dice a Pilato che lui ha autorità solo perché qualcun altro più in alto glie l'ha data. Quasi gli dice di essere un pupazzo, ma allo stesso tempo butta la responsabilità sui Giudei: «chi mi ha dato nelle tue mani, ha una colpa più grande». Ecco, tutto l'atteggiamento di Gesù convince ancora di più Pilato dell'innocenza di Gesù: lo deve liberare ("Da quel momento Pilato cercava di liberarlo")!

Non ha però fatto i conti con l'astuzia dei Giudei, che tirano fuori il carico da 11, facendo leva sull'ambizione di Pilato di fare carriera: «Chiunque si fa re, si oppone a Cesare. Se liberi costui non sei amico di Cesare». "Amico di Cesare" era un titolo onorifico  concesso a pochi e per Pilato questa amicizia con l'imperatore voleva dire la garanzia di poter tornare presto a Roma e non dover stare a lungo in una provincia lontana. Meglio sacrificare un innocente che rischiare la carriera!!!!!!
Siamo all'ultimo scambio di battute.
Pilato si va a sedere nel posto riservato agli annunci importanti, messo in alto, ma non pronuncia chiaramente la sentenza di morte. Presenta Gesù come il re dei Giudei, «Ecco il vostro re!», riportandosi a quella che era stata l'accusa iniziale per Gesù, quella di volersi fare re. I Giudei gridano ancora di più: «Toglilo, toglilo di mezzo, crocifiggilo!». Non sopportano neanche la vista di Gesù! Forse Pilato fa ancora un ultimo tentativo di liberare Gesù rispondendo «Crocifiggerò il vostro re?»? Non è chiaro se fosse davvero un estremo tentativo di liberare Gesù. Forse voleva prendersi una magra rivincita sui Giudei facendo del sarcasmo, come a dire che i Giudei si meritavano un re malconcio come Gesù in quel momento.

In effetti una rivincita se la prende, perché i Giudei sono indotti a rispondere tradendo in pieno la speranza messianica del popolo e ripudiando l'orgoglio nazionale: «Noi non abbiamo altro re che Cesare». Avevano poco prima fatto liberare Barabba, un rivoluzionario che si opponeva ai Romani e ora si sono completamente inchinati al potere romano, pur di togliere di mezzo Gesù che rischiava di far perdere loro il potere che avevano sul popolo! Così Pilato, dopo aver ottenuto la resa esplicita dei Giudei alla supremazia romana, consegna loro Gesù, di cui alle battute finali si è servito per umiliare il loro orgoglio nazionale.



Tutta questa storia ci porta a soffermarci brevemente sulla domanda cruciale
: PERCHÉ Gesù è morto in croce? La prima cosa da fare è rifiutare l'idea che Gesù dovesse sacrificarsi per pagare l'offesa che il peccato originale e il peccato che tutta l'umanità aveva fatto contro Dio. Pensare ad un Dio che ha bisogno di un prezzo di riscatto, che vuole essere pagato adeguatamente per l'offesa è semplicemente una bestemmia verso il Dio che ci ha presentato Gesù, il Cristo! Questo è un pensiero che può andare bene ai Testimoni di Geova, che si dicono cristiani ma in realtà danno più importanza all'Antico Testamento che al Vangelo. Per loro (e io ho parlato molte volte con Vincenzo Lombardo, Testimone di Geova e zio di un giovane di Rivarolo che molti di noi hanno conosciuto), la vita di Gesù è vista come un compimento dell'Antico Testamento: non porta una novità, una Bella Notizia! Per loro la venuta di Gesù non ha fatto altro che confermare quello che già si conosceva di Dio, senza costituire una novità! Perciò, rifacendosi all'Antico Testamento, possono affermare che solo un essere umano perfetto come il Messia poteva offrire un “riscatto corrispondente per tutti” e nessun’altra creatura poteva equilibrare la bilancia della giustizia (ho preso questa frase da un sito dei Testimoni di Geova [1]).  No, il Padre che ci ha presentato Gesù, e non solo nel Vangelo di Giovanni, è Amore, puro Amore, e non ha bisogno che qualcuno gli paghi un riscatto adeguato!

Comunque, se diciamo che Gesù è morto per la nostra salvezza, diciamo giusto, ma è perché la missione di Gesù era quella di annunciarci la Buona Notizia di un Padre che è amore, di invitarci ad intessere col Padre e con lui stesso un rapporto intimo, di mostrarci la via per una vita piena, di renderci figli anziché servi. Gesù non poteva tirarsi indietro dalla sua missione per paura delle persecuzioni, così come, negli anni '60 del secolo scorso, Martin Luther King non si è tirato indietro dal lottare contro la discriminazione razziale degli afroamericani. Ora non posso qui riassumere tutti gli aspetti della Buona Notizia di Gesù, ma ricordo ancora che Gesù è venuto sulla Terra perché vivessimo nella pace e nella gioia, liberi dal giogo della Legge fatta di regole, obblighi e divieti.
Frère Roger di Taizé, che aveva impostato tutta la sua vita verso l'unità dei cristiani, dei credenti e degli uomini di ogni parte del mondo, diceva "Cristo non è venuto sulla terra per creare una nuova religione, ma per offrire ad ogni essere umano una comunione con Dio".

Come inciso vi confesso che mi disturba il fatto che nel "Credo" si dica solo "si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo ... morì sotto Ponzio Pilato..." senza che facciamo nessuna professione di fede sul PERCHÉ Gesù si è fatto uomo, su cosa ha annunziato, sul PERCHÉ sia stato condannato. La trovo una professione di fede fredda, senza nessuno slancio di amore verso il Cristo. Diciamo solo di credere che è nato, è morto ed è risorto. Della sua missione niente! Si dice solo, freddamente: "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". Quasi quasi potrebbe essere disceso dal cielo solo per far vedere che esiste, oppure, come dicevo prima, per pagare il riscatto al Padre. Invece dobbiamo sempre tenere presente che si è fatto uomo per una missione precisa e che per questa missione ci ha lasciato la pelle!

Riporto allora qui quello che già avevo detto lo scorso anno a inizio Quaresima, presentando l'episodio del paralitico guarito alla piscina di Betsaida. Giovanni diceva: “Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.” (Gv 5, 18). E nel Prologo Giovanni afferma: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Questo è il progetto di Dio sull'uomo. Gesù è venuto a proporre una nuova relazione con Dio, non più basata sull'obbedienza alla legge, ma sulla accoglienza e assomiglianza al suo amore. Dio non vuole che nessuno sia escluso e il rapporto con Dio non è più basato sulla Legge e sulla categoria del merito (“io merito l'amore di Dio”), ma sull'accoglienza del suo amore. Se le persone spesso non riescono o non sono nella condizione di poter praticare la legge, tutti quanti possono comunque accogliere il suo amore. Ogni uomo che accoglie il suo amore e, secondo la sua capacità, ritrasmette questo amore verso gli altri, diventa figlio di Dio.
I Giudei, che intuiscono questo progetto che Gesù porta avanti sull'umanità, capiscono che la loro autorità è in pericolo. Se l'uomo può rivolgersi direttamente a Dio come a un padre, non c'è più bisogno né del sacerdote né del tempio.
Matteo riporta: «Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6). Gesù è venuto a dirci che Dio ci cerca, ci vuole perdonare e rendere nuovi, e non c'è bisogno di andare al tempio a pagare il riscatto per i propri peccati donando animali, pelli, grano, secondo un preciso "tariffario", come era consuetudine.
La predicazione di Gesù metteva quindi in serio pericolo il potere della casta sacerdotale e la loro fonte di introiti. I sommi sacerdoti sono allarmati -  “Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui…”, (Gv 11,47) -
e Caifa, il sommo sacerdote per quell'anno, aveva detto chiaramente: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera» (Gv 11, 50), tirando in ballo anche il bene di tutto il popolo... Gesù non doveva morire per pagare un riscatto a Dio! Gesù è stato ammazzato perché il suo annuncio disturbava il potere dei sacerdoti!

Concludo quindi facendo la considerazione che il miglior modo per dimostrare a Gesù la nostra gratitudine e il nostro amore è quello di seguire il suo insegnamento, seguire la volontà del Padre che lui ci ha fatto conoscere, quella di diventare persone "comandate" da una sola legge, quella dell'amore reciproco e che cercano l'unione col Padre.
La nostra cultura cristiana tradizionale, formatasi lungo molti secoli, ci ha però dato un'impostazione che tornava a somigliare molto a quella dell'Antico Testamento. Ad esempio il mio parroco dell'adolescenza, fino ai miei 20 anni, quindi appena dopo il Concilio Vaticano II, era contrario a girare l'altare verso i fedeli e ci spiegava il perché: il sacerdote doveva dare le spalle ai fedeli perché lui faceva da tramite tra i fedeli e Dio. Non era cioè il "presbitero", ossia l'anziano delle prime chiese cristiane, quello che tirava le fila della comunità a cui apparteneva, come dice San Pietro nella sua prima lettera:  "Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge." (1Pt 5,1-3).
Nella nostra cultura tradizionale Dio, benché Padre, era anche visto con timore, più come giudice severo  verso le nostre mancanze che come padre/madre amoroso che abbraccia i propri figli anche quando fanno i monelli. Legato a questo c'era l'enfasi data ai 10 comandamenti, ai precetti della Chiesa, obblighi e divieti, più che al "comando" dell'amore fraterno. E ancora l'enfasi sulle devozioni, più che sulla preghiera in silenzio davanti al Padre, così come pure sulle pratiche religiose per "lucrare" le indulgenze.

Il Concilio Vaticano II ha avviato un processo di ritorno alle radici della nostra fede cristiana, ma per ciascuno di noi questo cammino richiede togliere croste di tradizioni per recuperare il messaggio originale di Gesù, quello che lui ha annunciato pur sapendo che sarebbe stato ostacolato e perseguitato. Se il fatto di essere una comunità cristiana richiede inevitabilmente delle regole e dei riti codificati, dobbiamo comunque fare
sempre  lo sforzo di recuperare il significato originale e profondo di queste regole e di questi riti, in modo da non viverli come obblighi ma come espressioni della nostra partecipazione di cuore alla vita della comunità.

Possiamo quindi condividere, per come possiamo, quale è stato ed è ora il nostro cammino
per passare da una vita di fede basata su tradizioni, riti, obblighi e divieti a una vita di fede più libera, centrata sull'amore fraterno e sul rapporto personale con Dio.





Preghiera finale



Ti incontro

Torniamo alla verità

Torniamo alla verità
  oltre la noia delle menzogne.
  Il profumo della terra nuda
  e quell'intimo rumore che apre le rose
  ci dica che è arrivata l'ora
  di essere sinceri.

Torniamo alla verità
  che purifica con il fuoco
  il poco coraggio della mia vita.
  Giunga il momento in cui
  assaporo da solo la dignità.

Torniamo alla verità
  per vivere liberamente senza ipocrisia.
  Vivere non avendo bisogno
  di schiacciare i petali per avere
  il profumo della rosa.

Torniamo alla verità
  in questa vita di passaggi ingannevoli
  e corridoi tortuosi,
  di effimere libertà e vanità.
  La verità è concreta.
  E se non ora, quando?


(don Luigi Verdi)



Note:

  1. Vedasi: https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/avviciniamoci/giustizia/dio-diede-ges%C3%B9-come-riscatto/