42° Campo di Comunità Una                   Certosa di Pesio, venerdì 29 luglio 2022

Liberi da / per


Per iniziare questa riflessione voglio leggere l'episodio della liberazione dell'indemoniato di Gerasa dal Vangelo di Marco:

L'indemoniato di Gerasa (Mc 5,1-20)
Giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Geraseni. Appena Gesù fu smontato dalla barca, gli venne subito incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale aveva nei sepolcri la sua dimora; nessuno poteva più tenerlo legato neppure con una catena. Poiché spesso era stato legato con ceppi e con catene, ma le catene erano state da lui rotte, e i ceppi spezzati, e nessuno aveva la forza di domarlo. Di continuo, notte e giorno, andava tra i sepolcri e su per i monti, urlando e percotendosi con delle pietre. Quando vide Gesù da lontano, corse, gli si prostrò davanti e a gran voce disse: «Che c'è fra me e te, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Io ti scongiuro, in nome di Dio, di non tormentarmi». Gesù, infatti, gli diceva: «Spirito immondo, esci da quest'uomo!» Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?» Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti». E lo pregava con insistenza che non li mandasse via dal paese. C'era là un gran branco di porci che pascolava sul monte. I demòni lo pregarono dicendo: «Mandaci nei porci, perché entriamo in essi». Egli lo permise loro. Gli spiriti immondi, usciti, entrarono nei porci, e il branco si gettò giù a precipizio nel mare. Erano circa duemila e affogarono nel mare. E quelli che li custodivano fuggirono e portarono la notizia in città e per la campagna; la gente andò a vedere ciò che era avvenuto. Vennero da Gesù e videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che aveva avuto la legione; e s'impaurirono. Quelli che avevano visto raccontarono loro ciò che era avvenuto all'indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi cominciarono a pregare Gesù che se ne andasse via dai loro confini.
Com'egli saliva sulla barca, l'uomo che era stato indemoniato lo pregava di poter stare con lui. Gesù non glielo permise, ma gli disse: «Va' a casa tua dai tuoi, e racconta loro le grandi cose che il Signore ti ha fatte, e come ha avuto pietà di te». Ed egli se ne andò e cominciò a proclamare nella Decapoli le grandi cose che Gesù aveva fatte per lui. E tutti si meravigliavano.

Oggi vogliamo parlare della libertà e del suo esercizio. Non è cosa semplice e immediata come potrebbe sembrare e innanzi tutto vediamo di quale tipo di libertà vogliamo parlare. Non della libertà fisica, quella cioè che libera l’uomo dalle catene che limitano o annullano la possibilità di movimento (rapiti, carcerati, ecc.). Non di quella psicologica, quella cioè che vorrebbe liberarci dai pesanti condizionamenti della nostra mente subiti dai media o da qualche personaggio inquietante (pubblicità ossessiva, violenza sulle donne). Non di quella socio-politica, quella cioè che vuole liberare dal giogo dittatoriale di alcuni regimi o dal liberismo economico che moltiplica le diseguaglianze. Oggi vogliamo parlare della libertà "metafisica", e cioè dell’esigenza di capire e dare una risposta alle domande che in apparenza, quanto meno, non hanno risposte.

J.P. Sartre sosteneva che l’uomo è ”condannato alla libertà”. Non so se questa affermazione corrisponda a verità, ma quanto meno l’uomo è da sempre condannato ad interrogarsi sul significato più profondo di “libertà”, senza per altro giungere a conclusioni definitive. L’esercizio della libertà consiste nella capacità di assumere decisioni, saper scegliere e rimanere fedeli alle decisioni prese. L’atto della decisione esige l’esercizio della riflessione e del discernimento.

Decidere, sciegliere può essere anche una operazione dolorosa in quanto comporta anche dire dei no, rinunciare a qualcosa, a qualche possibilità, che non tutto è alla nostra portata, e che i limiti sono l’alveo al cui interno possiamo esrcitare la nostra libertà. Chiunque faccia scelte significative per la propria vita  (come il tipo di scuola per sé o per i figli, tipo di lavoro, modo di vivere...) non può farlo pensando ai molti ”no” detti a scelte diverse, ma al solo si che gli fa privilegiare una scelta al posto dell’altra. La libertà non è dunque l'assenza di vincoli, non coincide con quello che è più facile e immediato. L’uomo libero è colui che sa determinarsi in modo libero a certe azioni e che rispetta la libertà degli altri. Da ciò dipende il nostro appagamento e la capacità di vivere insieme agli altri.

San Paolo, nella lettera ai Galati (5, 1), scrive: ”Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre il nuovo giogo della schiavitù".
In queste poche parole di San Paolo è racchiusa tutta la novità, il capovolgimento che Cristo ha portato nel mondo e che ci rivela il volto autentico del Padre. Il Padre ha fatto dono di sé liberamente e interamente nel figlio e a sua volta Gesù si dona liberamente fino in fondo sulla Croce per liberare il mondo dalla schiavitù del peccato. Quindi la Croce va vista non come sacrificio ma come dono d’amore. Possiamo dunque affermare che, a imitazione di Gesù, il cristianesimo intende il concetto di libertà come ”CARITAS” come dono di sè per amore.
Il mondo difficilmente pensa ai Cristiani come esperti di Libertà, anzi spesso è vero il contrario. Il guaio però è che spesso i Cristiani stessi pensano di non essere del tutto liberi sia perchè devono osservare molti precetti, sia perchè debbono esercitarsi all’obbedienza. San Paolo è un campione della  libertà più esistenziale/radicale cioè libertà dalla legge, dal peccato, dalla morte. Sant’Agostino dirà poi ”Ama e fa ciò che vuoi“.

L’annuncio di questo tipo di libertà sconvolge e cambia radicalmente il modo di pensare e la vita di chi decide di ”obbedire con la fede” a Cristo. Notiamo che questa libertà viene annunciata non come una conquista, ma come un dono. ”Cristo ci ha liberati”... ma a quale prezzo? Il prezzo è la croce (cioè l’amore) di Gesù, dunque per parlare di libertà bisogna partire dal dono (di sé) e dell’amore.

Nel modo di pensare comune si crede che la libertà sia uno stato naturale dell’uomo che altri possono togliere, oppure come una conquista personale o collettiva. Viene facile pensare che l’intervento di Dio nella mia vita non può che essere limitativo della mia libertà: cosa mi sta per togliere? Dio non può volere la mia libertà: se è Lui a donarmela non c’è gusto perchè non me la sono conquistata e in questo modo sarò sempre debitore verso di Lui. Allora la mia libertà dove va a finire? E’ questo, grosso modo, il cammino della diffidenza del mondo moderno verso Dio, diffidenza alla quale la Parola della Croce continua a tendere una mano che ama e perciò libera. Senza prendere coscienza della mia condizione di schiavitù, senza la gioiosa speranza che solo l’amore può donarmi la libertà, è difficile accogliere la libertà Cristiana..
Tra i documenti del Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes,  paragrafo 4) si legge: ”Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà e intanto insorgono nuove forme di schiavitù sociale e psichica” .

Cosa è dunque, in definitiva, la libertà? Bisogna fare attenzione alle false libertà che possono affascinare al primo impatto ma che in realtà sono deleterie. Dio è libero e vuole che l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, partecipi della sua libertà. L’uomo per essere davvero uomo  deve esser iscritto nell’orizzonte di libertà di Dio. La libertà di Dio non è la libertà di scelta tra il bene e il male (Dio non è tentato dal male), bensì la libertà in ordine ad un amore infinito. Gli uomini devono partecipare a questa libertà divina che non è arbitrio: la libertà donata loro da Dio è la libertà di amare, la libertà di cooperare con lui nella costruzione di ciò che Egli ha iniziato con la sua azione liberatrice: l’edificazione del Suo regno. Chi accoglie il Regno di Dio comincia a vivere in modo nuovo, senza angosce, pieno di fiducia, sano e salvo, in una parola ”libero“.

L’uomo può fare l’esperienza beatificante di tale libertà solo nella comunione, nella unione con Dio e con gli altri e facendo tale esperienza si sente spinto a comunicarla ad altri con convinzione, insistenza e passione. A questo punto gli altri non rappresenteranno più un limite alla mia libertà, come l’individualismo del mondo d’oggi porta a pensare, ma la condizione stessa della mia libertà. Altruista è colui che libero da tutti i condizionamenti e può amare con tutto se stesso; al contrario egoista è colui che è schiavo di sé stesso, è imprigionato dalle sue cose ed è incapace di amare.

Sfatiamo dunque il luogo comune che spesso si sente e che più o meno dice: ”La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri” perchè se è pur vero che sono chiamato a rispettare la libertà degli altri, devo però anche sapere che non posso io intraprendere qualsiasi azione a prescindere dagli esiti dell’azione stessa.

Come vivere dunque la libertà Cristiana nel quotidiano? C’è  un solo modo: vivere fino in fondo il comandamento nuovo che ci ha lasciato Gesù: ”Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13, 34).