36° Campo di Comunità Una                   Bardineto, giovedì 7 agosto 2014

Eucarestia, celebrazione della vita:

la Liturgia eucaristica




L’offertorio: impegno nella costruzione del regno

  1. Nell’offrire i doni della terra e frutti del lavoro dell’uomo a Dio siamo chiamati a riconoscere che tutto ciò che abbiamo è dono di Dio. Tutto deve rientrare nel grande progetto di Dio affinché “venga il suo regno…”. Questo mi aiuta a capire il vero senso della mia vita: siamo come bambini che vanno a chiedere al papà un extra nella paghetta, dei soldi in più... per poi potergli fare il regalo per la festa del papà o per il compleanno. Così la mia vita che non è altro che dono di Dio, la voglio spendere per costruire il suo progetto d’amore. Come vivo la responsabilità di offrire tutti i doni che ho ricevuto per la formazione del Regno?
  1.  In secondo luogo offrire il pane ed il vino (e il denaro per le necessità della comunità ecclesiale) vuol dire aderire al progetto di Dio, è dire il nostro "sì"; Dio ha bisogno di noi! Come nel miracolo della condivisione dei pani e dei pesci, Gesù non può operare nulla senza l’offerta dell’uomo, così non si compie il sacrificio di salvezza senza l’offerta dell’uomo. Noi diciamo "frutto della terra e del lavoro dell'uomo", o "frutto della vite e del lavoro dell'uomo": la terra, la vite, hanno bisogno di essere lavorate. Dio ha quindi bisogno, in qualche modo, anche del nostro lavoro. Qui vi è l’assurdo di un Dio che si fa bisognoso per incontrare l’uomo. Il Dio che Gesù Cristo ci ha fatto conoscere non è il Dio onnipotente dei filosofi. Dio ha bisogno dell'uomo, ha bisogno di specchiarsi nell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza:  di qui potrebbe nascere tutta la riflessione sul peccato come deformazione dell’immagine di Dio che è in noi. Che tipo di specchio siamo? Quanto deformiamo l'immagine di Dio? Dio viene incontro alla mia povertà perché ha bisogno di me: come vivo questa “buona notizia”?

 

La preghiera eucaristica: ringraziamento e ricordo

  1. Nella preghiera eucaristica si trova il ricordo della storia della salvezza. Questo è il momento in cui celebriamo e ringraziamo Dio che non ci ha abbandonato, ma ci è venuto incontro: fin dall’inizio della storia, dopo il peccato, Adamo si nasconde, ma è Dio a chiamare l’uomo: “Adamo dove sei?”. Domanda alla quale, risponde il brigante appeso alla croce condannato allo stesso supplizio del Cristo “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno!”. Come vivo il momento dell’esame di coscienza o meglio riesco a riconoscere l’amore che Dio riversa sulla mia vita? Mi sono ricordato che Dio si ricorda sempre di me?
  1. Dopo il "Santo", i sacerdote invoca lo Spirito: "Manda il tuo Spirito a santificare i doni...". L’invocazione dello Spirito ci vuole inserire nell’ottica di Dio; quante volte nella nostra vita ci rivolgiamo allo Spirito per aprirci al suo intervento santificatore?
  1. Il ricordo della chiesa universale guidata dal vescovo di Roma e di quella locale con il proprio vescovo sono il tentativo di riconoscersi popolo di Dio; così anche nel ricordo dei santi e dei nostri morti, che non sono altro che quei santi che hanno incrociato la nostra personale strada verso Dio. Tutto ciò ci dice che siamo in cammino con la Chiesa presente, passata e futura verso il regno di Dio, d’altronde la nostra fede è certamente personale e fondata sulle nostre scelte particolari, ma resta una fede non solitaria, ma comunitaria e vissuta nel popolo, con il popolo e attraverso il popolo. Ricordiamo ad esempio l'ammonimento di Gesù sulla correzione fraterna: "Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà...;se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, ... Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea..." (Mt 18, 15-17). Come sento la mia appartenenza al popolo di Dio e come vivo la mia responsabilità verso la fede dei fratelli?
  1. L’invocazione finale vuole ricordare a tutti noi che la nostra vita è offerta a Dio solo se è fatta “per Cristo, con Cristo ed in Cristo”:

Riesco a immaginare come sarebbe la mia vita per Cristo, con Cristo ed in Cristo?

 

La consacrazione: tra paura,  stupore e gioia

a)  La consacrazione come memoriale dell’incarnazione

Il primo sentimento è lo spavento dell’incontro dell’infinitamente piccolo che è l’uomo con l’infinitamente grande che è Dio; Dio è presente nei sacramenti, nei fratelli, in particolare nei poveri, ma soprattutto Dio è presente nella sua Parola e nella “frazione del pane”. Il Creatore del mondo è lì presente di fronte a me; non capisco come possiamo noi restare così tranquilli; come è possibile che non ci scoppi il cuore come ai discepoli di Emmaus di fronte a questa meraviglia. Ho mai realizzato nella mia vita cosa mi sta accadendo in quei momenti e cosa eventualmente ho provato?

b)   La consacrazione come memoriale della passione

Il secondo sentimento è il sentirsi amati da Dio; questo momento ci porta a rivivere la passione di Cristo: il pane spezzato ed il vino versato ci richiamano al fatto che siamo di fronte al capovolgimento dell’impianto religioso. Non c’è più l’offerta dell’uomo che cerca la benevolenza e l’amicizia di Dio, ma l’offerta di Dio che cerca l’amore dell’uomo. Cosa provo nel sentirmi amato da Dio in modo così forte “nonostante” me?

c)   La consacrazione come memoriale della resurrezione

Il terzo sentimento è la consapevolezza di sapere che Dio è l’Emmanuele, “il Dio con noi”; quel pane e quel vino non sono il corpo e il sangue di un morto, ma del Dio vivente e risorto. Ho mai provato la gioia di non sentirmi solo, ma sempre accompagnato da Dio?