37° Campo di Comunità Una                   Bardineto, lunedì 3 agosto 2015

Il rapporto con Dio tra fede e preghiera, nelle parabole del Vangelo:

Riconoscere la voce di Dio, buon pastore




Campo dedicato quest'anno al nostro rapporto con Dio, vedendone aspetti diversi. E il punto che abbiamo voluto mettere al primo posto è l'ascolto della voce di Dio che, in Gesù, si presenta con le caratteristiche del Buon Pastore.

«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.  Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.

Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.

E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.  Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».

...voi non credete, perché non siete mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola».
(Gv 10, 1-11.16-18.26-30)

Queste parole di Gesù sono rivolte ai farisei (nel precedente versetto 40 si legge: "Alcuni dei farisei che erano con lui ... gli dissero. ... Gesù rispose loro...") e contengono una chiara accusa alla classe sacerdotale del suo momento, che gestiva il "sacro" senza una vera cura del popolo, attenta invece al proprio prestigio e al proprio tornaconto. Che differenza rispetto anche solo al comportamento di Mosè! Lui, pur arrabbiatissimo col suo popolo che si era fatto il vitello d'oro e si era convertito all'idolatria, ha il coraggio di presentarsi davanti al Signore a implorarne il perdono, mettendosi in gioco in prima persona: "Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro.  Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!»" (Es 32,31-32). Gesù qui descrive chiaramente il suo modo di rapportarsi con il popolo, con il "suo" popolo, e lo fa usando una serie di similitudini legate alla cura del gregge da parte del pastore.

La figura del pastore è molto usata nell'Antico Testamento. Già tre domeniche fa (la 16a domenica del Tempo Ordinario, anno B), nella prima lettura, il profeta Geremia si scaglia contro i sacerdoti del tempo, perché non avevano avuto cura del gregge che avrebbero dovuto pascolare, ma avevano lasciato che si disperdesse. E Dio, tramite Geremia, promette di radunare il resto delle sue pecore, di farle tornare ai loro pascoli e di costituire per esse dei pastori veri (Ger 23,1-4). E mi vengono anche a mente quei versetti di Isaia in cui Dio è presentato come un pastore amoroso e attento: «Ecco il vostro Dio! ... Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri» (Is 40,11). Viene qui dipinta la caratteristica principale del buon pastore, quello che ha cura del suo gregge e viene incontro alle specifiche necessità di ciascuno.

Prima di cominciare a vedere in dettaglio cosa ci dice il brano che abbiamo letto, voglio condividere un versetto del Vangelo di Marco che mi commuove, presentato sempre in quella domenica: "... da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. " (Mc 6,34). Erano come pecore senza pastore... erano alla ricerca disperata di qualcosa, ma non sapevano dove rigirarsi; avevano solo capito che Gesù di Nazareth era un maestro che poteva dare loro una guida, e per questo affrontavano la fatica di grossi spostamenti a piedi!

Siamo noi così! Troppe volte andiamo allo sbando. Inseguiamo un pascolo, un altro, e un altro... ma non troviamo quello che ci sazia, quello che ci rinfranca, che ci dà riposo. Avremmo bisogno di un pastore di cui fidarsi, che ci indichi i pascoli buoni, dov'è l'acqua, dov'è l'ombra, dove trovare l'erba buona e abbondante, dove essere al sicuro... ma spesso siamo frastornati e non riusciamo a sentire la voce di questo pastore...

Ma torniamo al nostro brano e vediamo in dettaglio le caratteristiche del buon pastore che dipinge Gesù, ossia quello che lui dice e promette di essere per noi.

Ce ne sono di Buone Notizie in questo brano di Vangelo, vero? Quella di un Dio che ci conosce uno per uno e ci chiama tutti a muoverci in spazi di libertà e di vita piena, senza chiuderci in un recinto ma camminando davanti a noi. Un Dio che si fa conoscere e ci offre la sua vita perché noi abbiamo una vita abbondante, felice, e in unione con tutti gli uomini del mondo. Libertà e allo stesso tempo sicurezza. Gesù ci propone una relazione con lui piena, appagante, felicitante.

E allora potremmo soffermarci in silenzio a rimasticare questa Buona Notizia e poi anche leggerci dentro, ponendoci alcune domande. Potremo poi condividere nei gruppi quello che ci sentiamo.

Volendo, potremmo anche porci un'altra domanda che però esula dal tema di questo campo, riguardo al nostro somigliare o meno al Buon Pastore quando noi stessi ci troviamo nella situazione di dover condurre altre persone, come genitori, come educatori, come amici e fratelli nella fede. Lasciamo entrare e uscire o tendiamo a chiudere in un recinto? Proponiamo pascoli ricchi di vita o solo quelli sicuri e tranquilli (specie per noi stessi)? Diciamo "vai" o camminiamo davanti? Quanto spendiamo la nostra vita per quelli che ci sono affidati?

Buon cammino a tutti!