Il rapporto con Dio tra fede e preghiera, nelle parabole del Vangelo:
La casa sulla Roccia
"In quel tempo, Gesù disse
ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». (Lc 6, 46-49) |
Innanzitutto bisogna
collocare il brano all’interno dei vangeli perché questo ci aiuta a capirne il
senso; sia in Matteo che nel passaggio analogo nel vangelo di Luca questo è
situato alla conclusione del “Discorso della montagna” (Matteo 5-7); mentre per Luca si trova al termine dell’analogo discorso che
viceversa Luca pone come pronunciato in un luogo pianeggiante. Ma le diverse
dislocazioni sono simboliche di un identico intento: Matteo si rivolge ad una
comunità cristiana di Ebrei convertiti e per loro il luogo importante, quello
dell’incontro con Dio è la montagna; al contrario Luca rivolgendosi ai pagani
(Greci, Romani...) pensa di localizzare
lo stesso discorso in un luogo pianeggiante simbolico della piazza (Agorà).
Uscendo quindi dalla simbologia entrambi gli evangelisti pongono questa
parabola al termine di quello che è il discorso più importante di Gesù, il suo
manifesto costitutivo della comunità cristiana.
“Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel
regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.”
Gesù ci dice: ”perché mi invocate, se poi non fate la volontà del Padre?” Qui
Gesù cerca di indicare come nella concreta vita vissuta si deve svolgere il
nostro rapporto con Dio.
Questo brano si lega a quello delle 5 vergini stolte che hanno
finito l’olio e che invocano il padrone di casa per poter entrare alla festa,
ma ormai hanno perso l’occasione: quell’olio che mancava loro è il “fare la
volontà di Dio”. Il rapporto con Dio è basato sul “fare la sua volontà” e Dio
non ci chiede niente che non siamo in grado di fare: anche quando le risorse
fisiche non consentono di “fare” cose materiali, c’è sempre la preghiera e
pregare non è invocare, è intercedere, un po’ come svegliare Gesù che dorme
sulla barca; posso stare in relazione con Dio e in questa relazione viva scopro
il mio “fare” la sua volontà!
Qui siamo un passo avanti rispetto alla
riflessione di lunedì: ascolto la voce del Signore, buon pastore, e allora
cerco di tradurla in concreto.
Questa parabola ci presenta ancora due
persone che fanno un’azione simile: entrambe cercano di mettere sù casa, che equivale a
costruire la propria vita, lo diciamo spesso a proposito del matrimonio: due si
sposano e si dice che mettono su casa. Uno dei due cerca la soluzione facile e
costruisce sulla sabbia (lo stolto), facile perché non ci si sforza nello
scavare; mentre l’uomo saggio costruisce sulla roccia e questa scelta costa
fatica, ma poi regge agli eventi negativi.
Innanzitutto soffermiamoci sul significato di
“roccia”: nella Bibbia la roccia è Dio e qui vorrei fare una piccola
digressione circa un brano molto conosciuto, ma anche molto travisato, secondo
me. La frase “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia chiesa” viene
interpretata come se la pietra su cui viene fondata la chiesa sia lo stesso
Pietro; ma la pietra non è certo l’uomo Pietro pronto a rinnegare Gesù nel
momento della difficoltà (Pietro) ma è Dio, ovvero lo stesso Gesù. Gesù dice che
fonderà la chiesa su di sé (che è la roccia), Tornando al brano la pietra mi
piacerebbe intenderla come il dono che Dio fa alla mia vita e sul quale io
fondo la vita stessa. Su quale pietra l’ho basata? (Potrebbe essere il dono
della moglie o del marito o una vocazione specifica...).
L’uomo
stolto, invece, costruisce sulla sabbia. Bellissima questa idea di Matteo,
perché la sabbia non è altro che roccia sbriciolata, una fede vuota, tanti
piccoli idoli al posto della roccia vera (Dio). Allora la questione
fondamentale su cui ci dovremo soffermare è verificare su cosa fondiamo la
nostra vita, ovvero quali sono gli “idoli” della mia vita? Al contrario Luca
parla di terra, che in ebraico è Adam, cioè uomo; per Luca lo stolto fonda la
vita sull’uomo, sui valori umani, e questa
non regge.
I due personaggi subiscono le stesse tempeste
e alluvioni. Non è che il saggio sia immune dai problemi. Dio non è un amuleto
che ci preserva dalle disgrazie, dalle prove. La rovina non è data dagli eventi,
ma dipende dalle mie fondamenta: se ho fondato la vita su cose “umane”che
possono sparire, quando succede è la rovina; se l’ho fondata su Dio, ho il suo
sguardo su di me, quindi reggo agli eventi. Dio non è un amuleto che mi
preserva dalla rovina, Dio semmai è un’ancora: la nave sballottata nella
tempesta non viene trascinata via dal vento.
Se noi ci aspettiamo di non subire tempeste,
vuol dire che cercavamo Dio per interesse; siamo come la gente che andava
dietro a Gesù perché aveva dato loro da mangiare; allora, perché cerchi Dio?
Perché hai fame o per accogliere il suo messaggio? Se cerchiamo Dio solo nel momento
del bisogno, allora abbiamo costruito sulla sabbia.
Rimangono quindi due interrogativi fondamentali che si legano l’un l’altro e che lascio alla vostra riflessione: il primo riguarda su cosa io abbia fondato la mia vita e secondo quale in fondo al mio cuore sia la vera idea che io ho di Dio.