La consegna dei “BENI”: è una lunga storia iniziata con la creazione degli umani sulla Terra.
Vivevamo come in un paradiso terrestre: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen. 2,15).
(NOTA)
Questa consegna non si esaurisce tra gli esseri viventi, ma si estende
anche all’universo intero inteso come terra fisica, simboleggiata nel giardino
di Eden che Dio affida alla custodia e alla cura di Adam e di Eva .
Vivevamo come signori e non come servi, uomini liberi, non schiavi!
Unica raccomandazione (proibizione?!) che evidenzia il limite degli umani:“Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: - Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando ne mangiassi, certamente moriresti” (Gen. 2, 16-17). Potevamo assaporare ogni Bene, usarli come mezzi per “moltiplicare e far sgorgare vita”, mezzi da condividere, da donare e godere assieme ai nostri simili, mezzi per la crescita e la felicità di tutti; ma non andare contro quel “soffio” d’amore inoculato nella nostra natura animale.
(NOTA)
Il limite non è una proibizione, ma la coscienza che la vita stessa
ha confini limitati e non assoluti: essere umani significa avere la consapevolezza
di non essere Dio e quindi di essere limitati.
Questo era il “sogno” di Dio per noi: che vivessimo secondo il “soffio” d’amore ricevuto (l’immagine di Dio), in armonia con Lui, tra noi e col creato, come una grande famiglia di figli dell’unico Padre, formata da famiglie, clan, comunità, popoli…(Giardino di Dio, immagine del Regno di Dio).
Ma gli umani, appena iniziano ad usare l’intelligenza e la libertà, cominciano a fare scelte contrarie alla loro natura d’amore (a tradire l’immagine di Dio ricevuta, a porre “mammona” al posto di Dio!)
Da subito abbiamo iniziato a considerare i BENI ricevuti come fini, obiettivi da bramare, da perseguire ad ogni costo, da possedere,da accumulare, da difendere, sui quali fondare la nostra felicità, senza dei quali ci sentiamo infelici ed insicuri …In realtà abbiamo dimenticato l’Amante e preferito il Dono, trasformato i Beni ricevuti in IDOLI dei quali non possiamo fare a meno ed ai quali abbiamo legato e votato la nostra vita , abdicando alla libertà e all’autentica felicità.
In tal modo abbiamo operato la teologia della sostituzione: non abbiamo eliminato Dio, ma lo abbiamo semplicemente sostituito con “dèi” a nostro uso e consumo, funzionali alla nostra brama.
(Due esempi. Primo: gli animali. Catturano prede per alimentarsi non per “accumulare”.
Secondo: La nostra infanzia. Il proprio “io” è la prima realtà che scopriamo fin da neonati. Piangiamo, strilliamo ad ogni esigenza vitale: fame, dolori, freddo, sonno…E tutti ci appaiono al nostro servizio per dare risposte ai nostri legittimi bisogni: mamma, papà, i fratelli, i vicini, più tardi gli insegnanti, i compagni…La prima tentazione sarà quella di continuare a servirci di tutto e di tutti come strumenti per i nostri interessi (vedi prima tentazione di Gesù, in Mt. 4). Invece dovremmo imparare a scoprire l’amore degli altri: le persone che ci amano non sono semplici strumenti al nostro servizio! E scoprire, attraverso coloro che ci amano, il valore dell’AMORE, il più possibile aperto a tutti, disinteressato, gratuito, liberante…Finché non faremo esperienza di questo amore, provandone gusto e gioia, resteremo intrappolati nel nostro “io” e cercheremo surrogati di felicità che ergeremo a idoli. Che tragedia per chi non avrà l’ opportunità di fare tale esperienza!)
Con le prime scelte errate (brama ed accumulo di beni), il “disordine” (peccato) inizia ad entrare nel nostro DNA: iniziamo la “conoscenza del male”, la negazione di noi stessi. Ci siamo scoperti “nudi”, fragili, deboli, appena usciti dall’animalità (polvere) da cui eravamo stati tratti, altro che “diventare come Dio”! Abbiamo conosciuto la “paura” di Dio, del creato, dei nostri simili; l’altro è diventato un probabile “nemico” che minaccia la nostra esistenza, da cui difenderci, contro cui lottare. Abbiamo conosciuto la “morte” (scollamento dalla realtà di Dio e dei fratelli, non-comunione)….
La stessa relazione d’amore che si compie nella comunione sessuale si trasforma in un sopruso, in un atto di dominio e di sopraffazione: una passione ti porterà verso tuo marito, ma egli ti dominerà. L’accoglienza che diventa dominio.
Così la vita da paradisiaca si trasforma in un peso talora insopportabile:“Con dolore partorirai i figli... Con dolore trarrai cibo…col sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tornerai alla terra…”
In realtà ciò che attribuiamo a Dio come condanna è soltanto opera nostra! Egli è Padre (v. Parabola del figlio prodigo in Lc 15) altro non fa che prendere atto delle nostre libere scelte ed descriverci le conseguenze di esse! Queste sono sotto gli occhi di tutti: egoismi, potere, dominio sui nostri simili, sfruttamento, guerre di conquista, accumulo di ricchezze, povertà…
(NOTA)
Il dolore del parto, la pesantezza del lavoro, il sudore per vivere sono
i simboli di un degrado generale che coinvolge anche la terra in processo
di autodistruzione: l’uomo che voleva essere «come Dio» non
è nemmeno capace di essere se stesso e per sopravvivere deve strappare
il cibo alla terra. La terra ricevuta come dono da spartire con tutti diventa
nemica e ostile e per dominarla gli uomini inventeranno le guerre, i confini,
la proprietà (questo è mio, questo è tuo).
Insomma: i Beni da Dio donatici per vivere felici nel suo Giardino, nel suo Regno, s’impossessano del cuore degli umani, che li usano contro i loro simili. Li alienano dalla loro vera natura fatta ad “immagine di Dio” quindi li allontanano dal “piano di Dio”, dal Regno. Li fanno cadere nell’idolatria, che oggi chiamiamo materialismo, consumismo, capitalismo.(Interessante sarebbe studiare quante malattie sono causate da alienazione, schizofrenia, materialismo, ansia da consumo….nostri peccati!)
Il
Padre sa tutto questo e dal primo errore dei figli si mette all’opera per
ricostruire l’Uomo e
Ad
Abram promette una discendenza numerosa :“Io sono Dio onnipotente: cammina
davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e
ti renderò numeroso…ti chiamerai Abraham perché
sarai
padre di una moltitudine
di popoli” (Gen. 17). E dopo la sua offerta di Isacco a Dio:“Saranno
benedette per la tua discendenza
tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia
voce”(Gen. 22,18).
Attraverso
Mosè poi stabilisce un’alleanza col popolo d’Israele,
che liberato dalla schiavitù
guida verso la terra promessa. Ora nel tempo della nuova alleanza, Dio
chiama il nuovo popolo,
Dio promette al popolo d’Israele di ri-creare le condizioni precedenti al peccato di Adamo, promette in dono una terra “ove scorre latte e miele”, “paese che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti”(Dt.6,10), un nuovo paradiso terrestre: “…il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai dunque a sazietà e benedirai il Signore Dio tuo a causa del paese fertile che ti avrà dato”(Dt.8, 7-10)
Unica
condizione (necessaria e logica!) che Dio pone, come ad Adamo, è
di vivere in conformità con l’”immagine di Dio”, con quello “spirito
d’amore” con cui l’umanità fu creata “Badate di fare come il
Signore vostro Dio vi ha
comandato… camminate in tutto e per tutto
per la via che il Signore vostro Dio vi ha prescritta, perché viviate
e siate felici e rimaniate a lungo nel paese di cui avrete il possesso”
(Dt 5,33). E questa è la sintesi di ciò che Dio comanda:
“Ascolta,
Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo.Tu
amerai il Signore tuo con tutto il
cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze (= beni, averi,
ricchezze)”(Dt 6,4) ”e amerai il prossimo tuo come te stesso”
(Lv
19,18).
(Nota)
Adamo ed Eva non si fidarono di Dio, e Dio ri-crea una nuova condizione
di relazione: l’amore totale e gratuito, l’amore senza compromessi (cuore,
vita, beni). Questo è così importante che diventa in Israele
la preghiera ufficiale due volte al giorno: lo Shemà, Israel.
Il popolo d’Israele accetta l’alleanza, ma continuamente cade nell’infedeltà: segue idoli, culti stranieri, rincorre la proprietà e le ricchezze. Ezechiele al capitolo 16° descrive l’amore di Dio verso il suo popolo, come un’amante che ricolma di Beni la sua amata. Ma questa ben presto ne tradisce l’amore ed usa i Beni ricevuti per prostituirsi: con i ricchi doni si costruisce degli idoli ai quali sacrifica non solo gli alimenti, ma anche i figli e le figlie avuti dall’amante. E’ una descrizione attualissima!
In realtà il Popolo d’Israele…l’umanità …oggi noi , tradiamo la natura divina , quel “soffio”, quella “immagine divina” con cui siamo stati generati, per cui dovremmo vivere secondo la logica dell’amore, della condivisione , della solidarietà. Invece operiamo scelte d’egoismo: accumulo di beni potere, sopraffazione…Alla libertà offerta da Dio preferiamo la schiavitù di “mammona”.
Cediamo continuamente alle tentazioni del materialismo, del consumismo, dello spreco, della prepotenza e dell’egoismo… consumiamo più del necessario causando la povertà e la miseria di una moltitudine di nostri simili.
Non era questo il sogno di Dio per l’Umanità: ci voleva fratelli attorno alla stessa mensa, i Beni sarebbero dovuti essere per TUTTI.
(Nota)
In ebraico “Adam” significa “genere umano/umanità”, è un
nome collettivo perché deriva da “admàt – terra”. E’ interessante
perché creando la terra, Dio non l’ha consegnata ad un suolo uomo
o ad un gruppo, ma all’intero genere umano: la terra e i suoi beni non
sono di chi li posseggono, ma di TUTTI. Ancora oggi in Israele, nessuno
può essere “proprietario” nel senso occidentale del termine, ma
tutti sono usufruttuari, titolari pro tempore della terra dove vivono.
Dopo
il peccato della voglia di possesso, nascono le conseguenze: si creano
i ricchi perché rubano anche quello che non
appartiene loro e i poveri che non
hanno forza per difendere quello di cui hanno diritto. Per questo, Dio
stesso corre ai ripari e pone alcune condizioni: “Se vi sarà
qualche tuo fratello bisognoso in mezzo a te…non indurirai il tuo cuore
e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso; anzi gli aprirai
la mano e gli presterai quanto occorre alla necessità in cui si
trova…Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel
tuo paese”. (Dt. 15, 7ss.)
Ma nonostante i tradimenti del popolo, Dio non viene meno alla sua fedeltà ed invia profeti a far da guida, a rammentare le esigenze dell’”immagine di Dio”: “Ama Dio, ama il prossimo, condividi i tuoi beni con i poveri, gli orfani, le vedove, gli stranieri….misericordia voglio, giustizia (= amore misericordioso) voglio non preghiere e sacrifici…” .
Da ultimo invia il proprio Figlio. Prototipo di Uomo Nuovo che ci mostra sentieri di vita per una Nuova Umanità governata dallo Spirito Divino, quel Regno di Dio che si sviluppa nella Storia dell’Umanità per raggiungere la sua pienezza alla fine dei tempi.
Diciamo subito che i Vangeli non parlano di Beni né di ricchezza e povertà in astratto, ma di ricchi e di poveri in una situazione concreta, storica. E’ in tale contesto che l’accumulo di beni nelle mani di pochi ricchi causa la moltitudine di poveri, che ne vengono derubati e privati
(cf Mc 10,17-22. 23-27; Lc 12,21; 1Gv 3,17; Gc 2,1-11)
Anche
Gesù subisce tentazioni come ogni uomo. E’ tentato di usare i
propri doni per sé, per soddisfare i propri bisogni: egli sceglie
di usarli per il progetto di Dio. E’ tentato di servirsi degli altri
(gli angeli) e di chiedere a Dio di facilitare il suo compito con segni
miracolosi (piegare Dio ai propri voleri): invece sceglie d’essere
collaboratore di Dio, di fare
Gesù entra poi nella sinagoga di Cafarnao e dichiara le sue scelte annunciando la sua missione di diffondere il Regno: “Lo Spirito del Signore è sopra di me…e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore”(Lc. 4). E’ la “gioiosa notizia”,, cioè il «vangelo» per i poveri, per coloro che dipendono dall’assistenza o dall’elemosina della società: gli oppressi, gli esclusi dalla mensa della vita, persone prive di beni, emarginate dalla società,sminuiti quindi nella vita e nella dignità.
Ad
essi Gesù rivela il volto di Dio che si fa loro presente per salvarli
(accoglierli come figli) e per liberarli dalla loro situazione sub-umana
restituendo loro vita e dignità:“Beati gli oppressi, perché
questi saranno liberati; beati i diseredati perché questi
erediteranno
la terra;beati gli affamati e gli assetati di questa giustizia, perché
questi saranno saziati” (Mt. 5, 4-6). Li chiama beati,
anche se peccatori, perché Dio è dalla parte di chi è
vittima di situazioni di ingiustizia. Perciò essi sono oggetto di
un amore particolare del Padre: “Ho osservato la miseria del mio popolo…ho
udito il suo grido…conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo…per
farlo uscire da questo paese (situazione, realtà d’ingiustizia,
oppressione, schiavitù,”tenebre”,ordinamento ingiusto, ideologia
oppressiva, potere, dominio….)verso un paese dove scorre latte e
miele ( Regno di libertà, di giustizia, di pace, d’amore)”(Es. 3,7…).
Gesù inoltre arriva a identificarsi con i materialmente poveri,
fino a farne la discriminante del giudizio finale per entrare a fare parte
del suo Regno: “Ciò che avrete fatto ai miei fratelli più
piccoli, l’avrete fatto a me” (Mt. 25, 40 e 46).
A tal fine Dio chiama e invia “collaboratori” che faranno crescere il Regno di Dio prendendosi cura dei poveri e condividendo con essi tutti i loro BENI, “volontari” che liberamente scelgono d’essere poveri, di vivere nell’essenzialità, di affidarsi totalmente nelle braccia del Padre e di confidare solo in Lui….in costoro è già presente il Regno di Dio (ossia Dio governa in essi):“Beati quelli che decidono di essere poveri, perché questi hanno Dio per re”(Mt. 5,3). Costoro mostrano il volto misericordioso di Dio dal momento che soccorrono i poveri, vivono “puri di cuore” (limpidamente, rettamente, senza secondi fini), lavorano per costruire la pace: “beati” sono perché Dio agisce in essi considerandoli come figli. E “beati” li chiama Gesù anche quando saranno perseguitati per difendere la causa dei “poveri”, la giustizia: “Beati i perseguitati per la loro fedeltà, perché questi hanno Dio per re” (Mt. 5,10).
Gesù
stesso è modello di “povertà volontaria” quale segno visibile
del suo abbandono al Padre. Infatti:
“da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor.8,9).
Inoltre Gesù ed i suoi discepoli
che lo seguivano per divulgare la “gioiosa notizia” (lett. il vangelo)
vivevano poveramente, aiutati da molte donne che li assistevano con i loro
Beni (Lc.8,2).
E i ricchi? Come sono giudicati dalla Sacre Scritture coloro che accumulano Beni, confidando più in essi che in Dio, lasciandosi dominare da “mammona”, il dio-denaro, prostituendosi ad esso e tradendo così quel “soffio” divino impresso nel loro cuore? Sono considerati empi, ingiusti, peccatori, esposti alla dannazione eterna, dai profeti fino agli evangelisti:
“Guai
a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché
non vi sia spazio, e così resterete soli ad abitare nel paese. Ho
udito con gli orecchi il Signore degli eserciti: -Certo molti palazzi diventeranno
una desolazione, grandi e belli saranno senza abitanti”(Is. 5,8-9)
“Guai
a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli;
alla luce dell’albo lo compiono, perché in mano loro è il
potere. Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono. Così
opprimono l’uomo e la sua casa, il proprietario e la sua eredità”(Mi.
2, 1-2)
“Guai
a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai
a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora
ridete, perché sarete afflitti e piangerete.Guai quando tutti gli
uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti
facevano i loro padri con i falsi profeti”(Lc.6, 24….).
In Mt.19 Gesù mette TUTTI in guardia dal pericolo delle ricchezze: “Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli”, perché ne siamo esposti tutti,anche coloro che pur non essendo ricchi desiderano, sognano, perseguono obiettivi di ricchezza, modelli di vita proposti dalla società bene, gaudente, dai vip…I discepoli hanno ben compreso che vale per tutti se commentano:“Chi si potrà dunque salvare?”.
A
tutti
(la moltitudine di persone radunatesi) e a NOI è rivolta
In
Mt.6 Gesù invita tutti
(le folle): “Non accumulate tesori sulla terra, ove tignola e ruggine
consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulate invece tesori nel
cielo….Perché dove è il tuo tesoro, sarà anche il
tuo cuore”. Anzi, ci invita tutti a confidare nel Padre:“Non affannatevi
dunque dicendo: Che cosa mangeremo?
Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?Di tutte queste cose si occupano
e pagani; il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cercate prima
il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno
date in aggiunta”.
(NOTA)
Tutta la predicazione di Gesù è in linea con la corrente
sapienziale che esalta
Negli
Atti degli Apostoli, Luca ci presenta un ideale di comunità cristiana
che vive radicalmente le proposte di Gesù per cui grazie alla condivisione
dei BENI non vi sono più indigenti: “Tutti coloro che erano diventati
credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà
e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di
ciascuno”(At.2,44) In tal modo “nessuno tra loro era bisognoso”(At.4.34)
Tuttavia Gesù non ha proposto nessun modello sociale ed economico. Ha solamente indicato criteri di vita solidale, incentrata sulla carità (attitudine che va oltre la semplice e fredda giustizia umana) che ricerca ogni mezzo affinché nessuno si trovi nell’indigenza: sarà poi compito degli umani elaborare progetti storici in linea con tali orientamenti che sviluppino il Regno nella storia.
Passiamo alla parabola dei talenti. Di quali Beni si tratta in essa? Qui Gesù non si rivolge alla folla, ma ai suoi discepoli, coi quali parla in disparte (v. Mt. 24, 1-2). Il padrone affida ai propri servi dei Beni dal valore enorme. Ossia, Gesù consegna ai propri collaboratori-volontari, a coloro che hanno liberamente scelto di seguirlo, un tesoro inestimabile: mette lo stesso “progetto” del Padre, il Regno di Dio, nelle loro mani, affidando ad essi la tremenda responsabilità del suo sviluppo lungo la storia. Spetterà ad essi il compito di mostrare al mondo intero, anzitutto ai poveri, il volto misericordioso del Padre, come un tempo lo conobbero attraverso Gesù: “Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi”(Gv.20,21) “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato (Mt. 28,18).
Incredibile:
aveva detto “Chi vede me vede il Padre” adesso potrà dire “Chi vede
VOI vede il Padre” . Insomma: i suoi discepoli sono chiamati alla stessa
responsabilità di Gesù, ad essere il suo prolungamento nella
storia, “sale e lievito” della società (cf Mt 5,13; 13,33).
Per questo dovranno restare uniti a Gesù come “i tralci alla vite”
(Gv 15,5): solo così potranno dare frutti a seconda della realtà
in cui si troveranno ad operare. Ma dovranno dare il “massimo” ossia
“amare come Cristo ci ha amati” (Gv 13,34), condividere tutto, i propri
beni, la propria vita, come Cristo ha fatto, obbedienti al Padre fino alla
morte…e morte violenta, se ad essa saranno chiamati, per la causa del Regno
di Dio e la sua giustizia.Tuttavia ognuno dovrà donarsi in modo
diverso…a seconda delle circostanze e della realtà in cui sono immersi.
“A uno diede 5 talenti, a un altro
La parabola dei talenti in Matteo ha il significato della collaborazione degli uomini nella costruzione del Regno di Dio. I talenti sono il Regno affidato agli uomini che così hanno la stessa responsabilità di Dio nel renderlo visibile. Il fatto che il padrone affidi i talenti ai suoi servi e se ne va per tornare dopo un certo tempo, significa che offre un supplemento di tempo agli uomini per costruire un regno giusto. Nel chiamare i suoi servi alla collaborazione, il padrone tiene conto delle capacità di ciascuno e non dà responsabilità maggiori di quelle che ognuno può portare, ma un solo talento è una ricchezza immensa.
(Nota)
La parola “talento” è una parola greca che significa “peso” e quindi
non esprime un valore, ma un peso: brevemente corrisponde a circa mezzo
quintale equivalente di circa 6.000 denari e un denaro era la paga sufficiente
di un giorno per un operaio con cui manteneva una famiglia di cinque sei
persone. Per cui un talento oggi corrisponderebbe all’incirca a 500 mila
euro.
Chi sono suoi discepoli? Solo i battezzati? Soltanto Clero e Religiosi? Gesù nel suo discorso programmatico, in cui suggella la “Nuova Alleanza”, si rivolge a TUTTI (“la folla”): tutti sono invitati a far parte del nuovo popolo di Israele, la sua Chiesa. Quando poi parla ai 12 apostoli (inviati) si riferisce a tutta la comunità di chi ha già liberamente scelto di seguirlo, comprese le donne : costoro sono i suoi discepoli. Di essi aveva detto:“Beati quelli che decidono di vivere poveri, perché questi hanno Dio per re”(Mt.5,3), coloro che soccorrono i poveri, che vivono rettamente, che lavorano per la pace. (Nota. Quindi tutti i “battezzati” dovrebbero essere “discepoli”! Non entro qui a riflettere se anche “altri”, che vivono al modo di Gesù e dei discepoli pur senza essere “battezzati” possono considerarsi partecipi della sua Chiesa. Comunque l’Umanità tutta, benché non credente, sarà accolta nel Regno del Padre. Coloro che seguendo l’impulso del proprio cuore, riscaldato dallo Spirito, condividono vita e beni coi poveri: “Avevo fame, sete…e voi mi avete aiutato ”. Ma solo ai suoi “seguaci” viene richiesto di Collaborare alla costruzione del Regno…).
(Nota)
Il numero 12 è simbolico di tutto Israele (12 tribù) e della
Chiesa (12 apostoli) per dire che tutta l’Umanità è chiamata
a farne parte.
Un’avvertenza per i discepoli a non cadere nell’errore del terzo servo. Matteo avrà certamente avuto in mente l’esempio di uomini religiosi della sua epoca: sacerdoti, farisei, conoscitori della Legge che osservavano con zelo, ma incapaci di impegnarsi per il miglioramento della situazione sociale ingiusta, anche per il timore di perdere i propri privilegi. Comunque molto lontani dall’amore di Dio e del prossimo. E mentre avranno soccorso i bisognosi con elemosine, richieste dalla Legge, li disprezzavano come ignoranti, impuri e peccatori.
Tutto ciò vale anche per noi moderni cristiani del mondo occidentale, vittime di una cultura di superiorità. Spesso diamo con una mano briciole di quello che togliamo con l’altra. Penso che a noi Dio si rivolge dicendo: “Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me; noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità…Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova. Su, venite e discutiamo,dice il Signor, anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve…” (Is. 1,12…).
Temo
che tra noi cristiani d’occidente ci siano pochi autentici seguaci di Gesù
se il Concilio Vaticano II ha sentito la necessità di sottolineare
che “Nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco icredenti,
in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione
fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa,
morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e che non manifestano
il genuino volto di Dio e della religione” (Gaudium et Spes 19c).
Allora non è sufficiente OGGI essere cristiani…clero…frati…suore…per essere discepoli di Cristo!
“Figlioli,
non amiamo a parole né con la lingua,
ma coi fatti e nella verità”
(1Gv.3,17)
Proposte per la riflessione
Come
rispondiamo di fronte alle tentazioni di Adamo? Usiamo dei beni come “mezzi”
o come”idoli” senza dei quali non riusciamo a vivere? Ossia: confidiamo
più nel Padre o nel dio denaro, magari anche
per fare il bene, senza del quale entriamo in crisi?(Dio o mamona?)
Restiamo
soltanto “folla”(anche se cristiani battezzati e confermati) che obbedisce
ai precetti (non rubo..non ammazzo…vado a messa…) più o meno staccata
dai beni che all’occorrenza condividiamo
attraverso elemosine , o sentiamo d’essere chiamati ad essere”discepoli”,
che vivono consapevolmente da “collaboratori-volontari”
nella costruzione del Regno?
Se
siamo seguaci di Gesù, come viviamo la “povertà”? Ossia:
in che modo possiamo vivere la concretamente
“povertà” OGGI? Che significa
per noi? In che modo condividiamo
“vita”e “beni” con i poveri?
Quale
il nostro impegno sociale e politico in un mondo in cui l’88% delle risorse
sono consumati