giovedì 24 febbraio 2011

 
 

Responsabili della fede dei fratelli.

1Ts 3,5-13: Perciò anch'io, non potendo più resistere, mandai a informarmi della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse tentati, e la nostra fatica fosse risultata vana. Ma ora Timoteo è ritornato e ci ha recato buone notizie della vostra fede e del vostro amore, e ci ha detto che conservate sempre un buon ricordo di noi e desiderate vederci, come anche noi desideriamo vedere voi. Per questa ragione, fratelli, siamo stati consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede, pur fra tutte le nostre angustie e afflizioni; perché ora, se state saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere. Come potremmo, infatti, esprimere a Dio la nostra gratitudine a vostro riguardo, per la gioia che ci date davanti al nostro Dio, mentre notte e giorno preghiamo intensamente di poter vedere il vostro volto e di colmare le lacune della vostra fede? Ora Dio stesso, nostro Padre, e il nostro Signore Gesù ci appianino la via per venire da voi; e quanto a voi, il Signore vi faccia crescere e abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi, per rendere i vostri cuori saldi, irreprensibili in santità davanti a Dio nostro Padre, quando il nostro Si-gnore Gesù verrà con tutti i suoi santi.
Contestualizzazione brano
In realtà il brano di stasera avrebbe dovuto precedere quelli che abbiamo già letto insieme nelle riflessioni di novembre e gennaio scorsi, ma la nostra scelta è stata quella di proporre questo nostro cammino comunque legato al percorso della Chiesa nel corso dell’anno liturgico.
Paolo è fermo ad Atene, dove l’accoglienza che aveva ricevuto non era stata esaltante, anzi furono più le persecuzioni che i successi. Paolo non può muoversi per raggiungere Tessalonica, e anche lì dopo il successo nel suo iniziale annuncio cominciano i primi problemi e le prime questioni sia riguardo la fede che riguardo la morale. La preoccupazione che esprime Paolo si esplicita nelle questioni che riguardano:
• la vita morale volta alla santificazione (seconda riflessione),
• l’atteggiamento vigile del cristiano in attesa del ritorno del Signore quando verrà ad instaurare il Regno (prima riflessione),
• l’esortazione all’amore fraterno come testimonianza evangelica e alcune raccomandazioni alla comunità che sarà tema di una futura catechesi,
• il tema della morte e della resurrezione in attesa del ritorno del Signore di cui dirò qualcosa tra poco.

Responsabili della fede dell’altro
La preoccupazione di Paolo per la fede dei Tessalonicesi ci porta ad una riflessione importante: la nostra fede deve essere assolutamente frutto di una scelta personale, ma è fede vissuta nell’ambito del popolo dei figli di Dio, per cui nel giorno del giudizio sono assolutamente convinto che ci verrà chiesto di rendere conto non solo della nostra fede, ma anche della fede di coloro che con noi hanno condiviso un percorso di vita. Una domanda da Dio risuona fin dall’inizio dei tempi nella nostra coscienza: “Dove è tuo fratello?”, domanda a cui Caino rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”, domanda quest’ultima, talmente vuota da non meritare neanche la replica di Dio; certo siamo responsabili dei nostri fratelli, siamo responsabili soprattutto del loro percorso di fede: qui si aprirebbe tutta la riflessione che più volte abbiamo fatto circa il fondamentale valore della correzione fraterna, riflessione che non voglio riprendere in questo momento, ma voglio comunque richiamare a tutti noi.
Paolo non può più resistere, troppo forte è l’ansia pastorale verso la comunità di Tessalonica; non ci resta, quindi, che verificare quanto quest’ansia sia presente in noi verso le nostre mogli, i nostri mariti, i nostri figli, i nostri fratelli di comunità. Sentiamo forte il problema che i nostri cari abbiano fede? quanto questo problema coinvolge la nostra vita? Ma questa preoccupazione si rivolge anche a coloro che sono la nostra seconda famiglia, quella costituita secondo legami spirituali; infatti compito della comunità è confermare e confortare ciascuno di noi nella fede.
La nostra fede viene quotidianamente verificata nelle diverse persecuzioni; anzi la fede è vera se provata dalle persecuzioni perché essere cristiano vuol dire essere estranei al mondo. Scrive lo stesso Paolo alla comunità di Roma “vi esorto, dunque, fratelli per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro sacrificio spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.” (Rm 12,1-2)
Ecco le motivazioni delle persecuzioni: di fronte alle tre S (successo, sesso, soldi) noi opponiamo il valore dell’amore vero, speso per l’altro soprattutto se povero, sfruttato e solo.
A queste persecuzioni siamo destinati e queste persecuzioni sono la verifica ultima del nostro essere realmente e pienamente cristiani; lontano da noi l’idea di un cristianesimo che si trasformi in "cristianità", cioè in società cristiana. Dico questo senza sottovalutare l’importanza che hanno avuto nella cultura europea i valori cristiani, ma d’altra parte sono convinto che l’idea di società cristiana rappresenti la fine e la negazione della fede in Gesù Cristo: siamo lievito che fa crescere la pasta nel nascondimento e non spada che costringe con la forza. Qui ritroviamo la grande differenza tra la nostra visione laica di società e ciò che propone ad esempio l’islam, dove la religione diviene totalizzante e finisce per comprendere tutta la vita dell’uomo.
Ma torniamo alla nostra lettura: la preoccupazione si trasforma in gioia nel momento in cui Paolo viene a sapere della fede dei tessalonicesi; quanto spazio c’è nella nostra gioia, nel nostro far festa per la fede nostra e dei nostri fratelli?
Infine Paolo invita all’amore fraterno, strumento importante perché tutti possano crescere anche nella fede; ecco la comunità con i suoi rapporti fraterni diventa strumento di evangelizzazione, di missione, di testimonianza della fede sia rivolta all’interno della comunità stessa sia verso coloro che non fanno parte della comunità, ma ai quali dobbiamo mostrare nell’amore fraterno che ci unisce una via migliore verso il Dio che Gesù ci ha mostrato essere amore infinito.
Una ultima considerazione su un brano che nel corso di questi incontri non affronteremo: 1Ts 4,13-18. In questo brano Paolo affronta un tema piuttosto difficile, forse quello che maggiormente stava mettendo in crisi la fede della comunità di Tessalonica: cosa accade a coloro che sono morti prima della seconda e definitiva venuta di Cristo?
Nella predicazione degli apostoli e dello stesso Paolo si riteneva infatti che Cristo sarebbe tornato presto, anzi sarebbe tornato prima della conclusione dell’allora presente generazione; nasce però il problema di un Cristo che sta tardando, mentre i fratelli della comunità cominciano a morire e nasce così la questione su quale sarà la sorte di questi nostri fratelli. Paolo rivolge l’invito a consolarsi a vicenda perché nessun vantaggio avranno coloro che alla venuta di Cristo saranno in vita poiché tutti coloro che sono morti in Cristo risorgeranno e ci precederanno in cielo perché, aggiungo io, già vivono nelle braccia del Padre.