Come l'Eucarestia costruisce la
Comunità
intervento all'omonimo Convegno
degli amici del FAC
presentato da Francesco Fassone
Centro Nazareth, Roma, 7 ottobre
2011
[13]Ed ecco in quello
stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa
sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, [14]e conversavano di tutto
quello che era accaduto. [15]Mentre discorrevano e discutevano insieme,
Gesù in persona si accostò e camminava con loro. [16]Ma i
loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. [17]Ed egli disse loro: «Che
sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?».
Si fermarono, col volto triste; [18]uno di loro, di nome Clèopa,
gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da
non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
[19]Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto
ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in
opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; [20]come i sommi
sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte
e poi l'hanno crocifisso. [21]Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele;
con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono
accadute. [22]Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi
al mattino al sepolcro [23]e non avendo trovato il suo corpo, son venute
a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che
egli è vivo. [24]Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno
trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
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Tema dell’incontro di quest’ anno è:
Come l’eucarestia costruisce la comunità. Per questo ho
scelto come traccia per la nostra riflessione un brano molto conosciuto,
che mi pare riesca molto bene a fare sintesi tra Eucarestia e Comunità:
i Discepoli di Emmaus. Lo abbiamo celebrato anche nella terza Domenica
dopo Pasqua .
Ma per essere fedeli a Don Paolo, che 33 anni fa ho ascoltato per la prima volta a questo corso durante l’incontro vivo sul Vangelo della Resurrezione di Lazzaro, vediamo di calarci in questo brano: la parola di oggi è parola per la Chiesa tutta, universale, e per tutti gli uomini. Ma oggi, qui è Parola per noi, per me. Riesco a mettermi in ascolto, a fare silenzio. A farmi interpellare? Vediamo di entrare nel brano: abbiamo chiaro che è il giorno di Pasqua (in quello stesso giorno). Vi sono due uomini, due di loro, quindi discepoli, che erano in cammino. Discutevano di quanto era accaduto, del Messia in cui avevano creduto e invece era stato crocifisso. Delusi, erano in cammino forse per tornare alla loro casa, al loro tran-tran. Quante volte io, noi, singoli, gruppi o comunità ecclesiale, siamo delusi e rammaricati: pensavamo di essere andati dietro ad una persona che incarnava i nostri sogni di giustizia, solidarietà , di Regno di Dio [come indicato dal profeta Isaia - (61,1-2. 10-11) e riaffermato da Gesù nella sinagoga][1], ma poi tutto è svanito e chi credevamo un messia, un leader, è stato sconfitto. Non ci resta che tornare sui nostri passi, pensando che forse aveva ragione chi ci prendeva in giro. Possiamo vedere come l’evangelista metta in questi due tutti i sentimenti di sconfitta e delusione che sono nella vita di ogni uomo per la sofferenza, per le sconfitte, gli ideali non raggiunti, per l’idea di Dio che ci eravamo fatti: potente, salvatore, Messia anche politico; sottolinea l’atteggiamento di Gesù che si avvicina a loro, fa finta di non saper nulla di quanto successo, da fine psicologo li fa parlare gli fa tirar fuori le angosce e poi, senza infierire, benché dica: «sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Questo riflettere sulla Parola, meditare sulla scrittura voce di Dio che mi parla nella mia storia, come ben sappiamo, costa fatica. Si potrebbe dire, col Maraldi, la fatica della Fede[2]: "la fede se è calata nella storia costa fatica …. La fatica di credere in Dio stando sulla terra, dentro le situazioni in cui ci si trova gettati. E' la fatica di meditare la Parola di Dio per cercare di capire cosa voglia il Signore nella concretezza dell'oggi". E’ La fatica di vedere l'opera di Dio nella storia in corso d'opera, di avere gli occhi delle fede e non rimanere impantanati nelle situazioni, dalle più vicine (malattie, lutti, disgrazie), alle più globali (carestie, terremoti, pandemie, guerre); non è facile e spesso tutti noi diciamo 'ma Dio dov'è?'. Ad ogni Natale facciamo memoria di questo Dio che si fa uomo, che per salvare il mondo ha sempre rifiutato la gente che voleva farlo re dopo i miracoli, non ha mai accettato di fare Dio, ma ha voluto fare l'uomo, e ha chiamato Pietro, Zaccheo, Giairo, e da ognuno ha voluto fermarsi a casa sua, ha chiesto ospitalità, ha chiesto di fare Casa con lui . Comunione,.... è un Dio che si fa vicino, non ci dà ricette o ci risolve il problema, ma cammina affianco, si fa ultimo con gli ultimi, povero coi poveri, fratello di ogni uomo. Sembra retorica o poesia , ma è la realtà, è Dio che ci accompagna nella Vita perché possiamo essere ognuno la pienezza di noi stessi (o meglio rispondere ognuno alla propria Vocazione). Rileggendo mi vengono spontanee queste
domande:
Andando avanti nel testo vediamo Gesù che, anche se è tardi, non si vuol fermare: fa segno di continuare il cammino, ma invitato si ferma e a tavola fa il gesto dello spezzare il pane: Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. E subito, benché stanchi dal viaggio e di notte, tornano a Gerusalemme a riferire a Pietro e agli altri il loro incontro. Si può dire che l’ esperienza personale del Cristo, per quanto intima e propria di ognuno è sicuramente tale se non posso tenerla dentro e la debbo comunicare agli altri; inoltre è garanzia che ho incontrato il Cristo se mi confronto con la comunità, dove Pietro e gli altri mi raccontano la loro esperienza del Risorto. Mettere insieme l’ incontro di ciascuno col Risorto fonda la comunità; Severino Dianich diceva : "l'incontro di due o più persone fra le quali corre la comunicazione della fede in Gesù Risorto e Signore è l'atto primordiale che fonda la Chiesa". L'incontro col Risorto e la condivisione di tale incontro con i fratelli è lo specifico dell'essere Chiesa. Qui casca l'asino, si potrebbe dire: Ho veramente incontrato Cristo nella mia vita? Ne faccio condivisione coi fratelli? Come è avvenuto questo incontro?… Ognuno di noi ha sicuramente le sue risposte, in base alla propria esperienza e storia personale. Per finire un breve accenno esegetico su questo brano: come possiamo apprendere, grazie anche all’Atlante Biblico interdisciplinare, Emmaus [3] è un luogo che archeologicamente non è stato trovato, non esiste; gli Evangelisti non volevano farci avere un riscontro geografico ma indicare un luogo teologico: da sempre Dio si manifesta mentre l’uomo è in cammino, questa è tutta l’esperienza biblica. Questo brano è una catechesi delle prime comunità che si ponevano delle domande sulla fatica di credere e sulla presenza del Risorto. Ci dice che Lui ci è vicino nel cammino, alla mensa della Parola e nello Spezzare il pane, come ci ricorda anche la preghiera eucaristica V: ”Ti glorifichiamo Padre Santo: tu ci sostieni sempre nel nostro cammino soprattutto in quest’ora in cui il Cristo, tuo Figlio, ci raduna per la santa cena. Egli, come ai discepoli di Emmaus, ci svela il senso delle scritture e spezza il pane per noi”… Spezzare il pane che diventa comunione coi fratelli, quelli in chiesa e quelli fuori. Già alla fine del IV secolo Giovanni Crisostomo ci richiama al senso dell’adorazione di Dio; in una sua omelia sul vangelo di Matteo infatti dice: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, quando fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto "questo è il mio corpo",… ha detto anche: "mi avete visto affamato e mi avete dato da mangiare e ogni volta che non avete fatto una di queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me". Il Corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure, quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a pensare ed onorare Cristo come egli vuole .(..)". Andrea Riccardi , fondatore di S. Egidio, nell’apertura del XXV congresso eucaristico, ha detto: “l’Eucarestia, sacramento intimo, ha una dinamica che spinge fuori dai templi; c’è un legame tra Eucarestia e dimensione sociale della Chiesa.” Don Prospero, parroco di Genova e fondatore della Comunità Una di Rivarolo invitava a “leggere il vangelo fasciato nella carta del giornale”. Mi piace finire con una preghiera poesia di dom Helder Camara che riprende questi temi: Sarà tentazione immaginare Che Tu spingi sempre più a uscire per annunciare La necessità e l’urgenza Di passare dal Santissimo Sacramento all’altra Tua Presenza, anch’essa reale, nell’eucarestia del Povero? I teologi discuteranno, mille distinzioni saranno presentate.. ma guai a chi si alimenta di Te e poi non avrà gli occhi per scoprirTi mentre cerchi cibo nella spazzatura scacciato sempre, mentre vivi in condizione sub umana sotto il segno di una totale insicurezza … (10 /07/1977) |