giovedì 22 settembre 2011
Preghiera di Comunità Una - Traccia per la riflessione - Segreteria
Vangelo della XXVI domenica del Tempo Ordinario, anno A

Fare la volontà del Padre: un compito a casa?

 
Gesù, parlando coi principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, domandò: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo».  E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. E` venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli». (Mt 21, 28-32)

L’inizio delle nostre preghiere commentate, per quest’anno 2011-2012, ci butta addosso questo episodio in cui Gesù racconta una breve storiella e chiede un’opinione, per sollecitare una riflessione. A chi si rivolge Gesù? Ai “principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo”, come dire ai vescovi e ai presbiteri, in termini di oggi. Ma anche un po’ a noi, a quelli che fanno preghiera tutti i giovedì dell’anno.... E in pratica, con questa storiella dei due figli, di cui uno dice subito di sì al padre ma poi non fa quello che aveva promesso, mentre l’altro dichiara di non aver voglia di fare quello che gli era chiesto, ma poi ci ripensa e lo fa, ci viene a dire: “fate sul serio o fate per finta?”. Gesù in sostanza ci dice che quello che conta, per lui, e quindi per il Padre, sono i fatti e non i discorsi, gli atteggiamenti esterni. Comunità Una, ti dai una verniciata di cristianesimo o cerchi davvero di fare la volontà del Padre?
Perché per Gesù quel che conta è fare la volontà di Dio, e non importa se prima si era detto di non volerla fare, di non voler amare, di non voler sopportare, di non voler perdonare! Buona notizia? Cattiva notizia! Era così più facile fare discorsi, proclami di buona volontà, dichiarazioni di amore, di accoglienza, di generosità, di perdono!
Le persone a cui si rivolge Gesù ci tenevano ad essere a posto davanti a Dio. Per questo avevano analizzato le varie situazioni e codificato i comportamenti da tenere, cosa fare e cosa non fare... ma siccome il cuore non lo si può codificare, si erano fermati alle cose esterne... e se le erano anche un po’ aggiustate...
Del resto siamo tutti specialisti, io per primo, ad aggiustarci le cose e trovare scappatoie e scuse per non andare troppo a fondo nel seguire Dio, per non staccarci troppo dai beni materiali... dalle comodità.... dalla gestione privata del mio privato (“e per favore, Dio, questo lasciamelo gestire da solo!”)... dal desiderio di prestigio (dottore! eccellenza! cavaliere! eminenza!)... dai piaceri della vita... E quando tutto è codificato non ci schioda più nemmeno Gesù: se ci chiedesse qualcosa di diverso diremmo “e questo che c’entra?”. Così era per gli interlocutori di Gesù, scribi, farisei, anziani e dottori della legge. E così temo sia spesso per noi.

E qui si aprirebbe ancora e ancora il grandissimo capitolo su cosa significhi “fare la volontà di Dio”, che di certo non può essere racchiusa in un prontuario di norme e situazioni. Ma, a parte che è un tema già affrontato e che richiederebbe un incontro molto lungo, vorrei stasera soffermarmi su altri aspetti.
E per cominciare vi racconto di quando, parecchi anni fa, avevo regalato un libro di Geronimo Stilton al figlio di una mia nipote che faceva la prima comunione. Una volta, forse alla fine dell’estate, avevo chiesto al telefono ad Alice se Matteo aveva letto il libro e gli era piaciuto. La risposta fu che lui rimandava sempre di leggere il libro perché “gli sembrava di fare la lezione”. Sentiva la lettura del libro come un compito di scuola, un dovere, una palla!
Ecco la domanda per noi: fare la volontà di Dio equivale a fare i compiti per scuola, noiosi e faticosi? O la volontà di Dio sono indicazioni per una vita piena, ricca, gioiosa?
Ascoltare la volontà di Dio è mettersi in ascolto della Vita dentro di noi. Fare la volontà di Dio è muoversi nella direzione di una maggior vita. Questo è quello che vuole Dio, una vita più piena e viva, per noi e per tutti. Il rancore, il rammarico, il rimpianto, la bramosia, l’antipatia, la delusione, il restare attaccati alle nostre comodità, l’attaccare etichette negative ad intere categorie di persone, il sentirsi migliori degli altri e separarsi da loro... sono tutte cose che spengono la vita dentro di noi, la comprimono, la fanno diventare piccina piccina, rachitica. Invece l’accettazione di quello che, volere o no, è la nostra situazione attuale, l’accoglienza delle persone così come sono e l’andare loro incontro, il perdono, la condivisione, lo stupore per il miracolo quotidiano della vita, la gratitudine... sono tutte cose che aprono a una maggior vita, che la dilatano.
Chissà se avrei dovuto fare un sacco di esempi in più, ma forse non serve. Quel che conta è ricordarci di annusare nel silenzio i movimenti del cuore e chiederci se aprono a più vita o la chiudono, la rattrappiscono. Il sospetto, ad esempio, chiude di certo, mentre la fiducia apre. Il guardare principalmente al mio interesse o al mio prestigio restringe il cuore, mentre includere il benessere degli altri nei miei desideri lo dilata... e così via. E tutto ciò che espande il cuore, la presenza, la consapevolezza, porta anche più gioia interiore. Questo è tentare seriamente di capire la volontà del Padre. E qui il nostro essere una Comunità di fratelli può molto aiutare, con l’attenzione ciascuno ad una costante apertura dell’altro e a una maggior vita. Quando vediamo un fratello o una sorella scoraggiati, rinunciatari, sfiduciati, rassegnati, chiusi... com’è importante che gli diamo uno scrollone, che lo incoraggiamo.

Sì, tornando al brano di oggi, Gesù vuole che facciamo la volontà del Padre, ma ci vuole liberi. Potrebbe dirci: “Fare il bene per obbligo? Amarmi per dovere? No, grazie!”. Gesù non ci vuole inquadrati ma liberi, ciascuno con la sua individualità, col proprio carattere, con le proprie stranezze. Come diceva don Claudio al Campo quest’estate, non ha molto senso la “imitazione dei santi”, perché ciascuno di noi avrà necessariamente una risposta diversa alla chiamata di Dio ad amarlo. Dio mi cerca, ma così come sono. Riprendo alcune cose dette al Campo riguardo all’incontro con Nicodemo e riprese dal libro di Giovanni Vannucci: prima di Gesù, tutte le religioni, da quella ebraica a quella indù o al paganesimo greco e romano, in sostanza vedevano Dio come un padre sì ma severo, di cui avere paura, un Dio che ti dice cosa fare e cosa non fare e a cui tu devi solo obbedire, per salvarti. Ma se credi e agisci perché hai paura, il tuo Signore è la Paura, non il Dio che ci ha mostrato Gesù. Con la venuta di Gesù, parola di Dio incarnata nella pienezza dei tempi, questo non è più vero. C'è un capovolgimento, dice Vannucci, un passaggio dalla coscienza di schiavitù a quella di figli, amici di Cristo, figli di Dio come lui. L'Onnipotente si rivela come il Misericordioso, come l'Amore senza limiti, il Dio che da la vita per noi, e l'uomo non deve più avere paura. Gesù è venuto a smontare un sistema in cui qualcuno, un’autorità esterna che si dice in connessione diretta con Dio, ti dice cosa devi fare o non fare, e tu devi solo obbedire. Il Cristo ci dice: "E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo." (Mt 23, 10) e anche: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Gv 15, 15). Gesù ci vuole liberi, rinati nello Spirito.

Nel brano letto oggi c’è in fondo questa Buona Notizia: che possiamo cambiare, possiamo aprirci alla Vita, possiamo dilatare il nostro cuore rattrappito. Possiamo ad esempio riconoscere la follia contenuta in una vita sostanzialmente egoista e chiusa agli altri, la follia di vedere il mio essere separato dagli altri, altri di cui mi servo per me stesso o che allontano come nemici, avversari, palle al piede. La follia di inquadrare il mio essere in una serie di schemi mentali che bloccano la mia percezione della Vita in me e attorno a me, mi chiudono in comportamenti ripetitivi e stantii, mi chiudono alla chiamata di Dio a una Vita più piena e gioiosa.

E infine, dalla storiella di Gesù, altre due brevi indicazioni:
La prima è che per un padre tutti sono figli, sia quelli che obbediscono, sia quelli che fanno di testa loro. Per il Padre perciò tutti siamo comunque figli, e quindi fratelli tra noi, sia che facciamo discorsi sia che facciamo i fatti. Magari facciamo scelte diverse, anche molto diverse, ma nel profondo rimaniamo fratelli.
La seconda è di non giudicare. Non giudichiamo chi dice di non voler seguire il Cristo, ... e magari poi compie la volontà di Dio molto di più e molto meglio di noi. E non giudichiamo neppure chi fa discorsi e poi vive atteggiamenti di poco amore, di divisione: chissà cosa ci frena dentro a fare la volontà di Dio; chissà quanto riusciamo ad essere consapevoli della Vita.

Facciamo invece come le prostitute e i pubblicani di cui parla Gesù: rendiamoci consapevoli del nostro essere manchevoli, riconosciamo il più possibile i castelli mentali che inquadrano in schemi rigidi noi stessi e gli altri, viviamo attivamente prendendoci tutto il rischio di sbagliare, e apriamoci all’ascolto delle parole di Vita nuova che lo Spirito ci suggerisce... ogni volta che facciamo tacere il nostro ego e restiamo in silenzio davanti al Signore.