Natale in Piazza: impegno politico
nella testimonianza di giustizia e solidarietà

Una storia lunga 30 anni
Ci avviciniamo ad una nuove edizione del Natale in Piazza, la 31a ed è bello ricordare quella prima edizione del “Natale in barca” a favore della ristrutturazione dei locali che avrebbero poi ospitato la Stella Maris. Già allora il nostro impegno aveva la lungimiranza di un mondo multietnico e multirazziale che stava per nascere.
Lì e nelle feste in via Tofane con i più poveri del quartiere nasceva e si sviluppava l’impegno politico della nostra comunità, allora ecco il tentativo di una riflessione sulla politica; quella politica con la P maiuscola che è l’impegnarsi per il bene comune ad iniziare dalle nostre famiglie, dal quartiere, nella città, nel nostro paese per arrivare a tutto il mondo.
La nostra riflessione vuole restare assolutamente fuori dalle dispute partitiche, evitando di dare adito a polemiche di piccolo cabotaggio.

Fondamenti dell’impegno politico dei cristiani
L’azione politica dei cristiani si fonda teologicamente su due misteri fondamentali della nostra fede: la creazione e l’incarnazione.


Tra fondamentalismo e laicismo c’è la laicità
Lo stile del cristiano resta quello della separazione tra il sentimento religioso e la vita politica (“date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”); sono quindi da evitare assolutamente sia le tentazioni fondamentaliste dove si impongono agli uomini una società secondo le leggi di Dio; sia il tentativo laicista di eliminare non solo Dio dalla società, ma anche i valori centrali del cristianesimo.

Testimonianza di giustizia e solidarietà
Di qui nasce il nostro voler essere in piazza la vigilia di Natale ed è molto significativo che subito dopo pochi anni la scelta principale sia stata quella di fermarsi in silenzio per chiedere pace, giustizia e solidarietà; il silenzio è rispettoso delle diverse posizioni, il silenzio è capace di interpellare le coscienze delle persone; il silenzio inchioda ciascuno alle sue responsabilità; nel silenzio la persona è chiamata a cogliere in sé ciò che si deve cambiare senza chiedere ad altri il cambiamento.
 
 

In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l'impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città. Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto;  ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. 
In quella stessa regione c'erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e furono presi da gran timore. L'angelo disse loro: «Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia». E a un tratto vi fu con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch'egli gradisce!» Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere». Andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. Maria serbava in sé tutte queste cose, meditandole in cuor suo. E i pastori tornarono indietro, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato loro annunciato.

Avvento: non solo venuta, ma presenza di Cristo nel mondo
Scriveva Thomas Merton nel 1963: “È importante ricordare la profonda e in qualche modo angosciosa serietà dell'Avvento, quando la nostra cultura di mercato si armonizza troppo facilmente con la tendenza a considerare il Natale, consciamente o no, come un ritorno alla nostra infanzia e innocenza.[…] . Il mistero dell'Avvento mette a fuoco la luce della fede sul vero significato della storia, dell'uomo, del mondo e della nostra esistenza. Nell'Avvento noi celebriamo la venuta e la presenza di Cristo nel nostro mondo. Noi siamo testimoni della sua presenza anche in mezzo a tutti gli inscrutabili problemi e le profonde tragedie. La nostra fede dell'Avvento non è una fuga dal mondo per rifugiarci in un regno nebuloso di slogan e di conforti che dichiari irreali i nostri problemi d'ogni giorno, inesistenti le nostre tragedie.[…] Anche noi talvolta possiamo manifestare Cristo al mondo in momenti in cui tutti possono vedere chiaramente nella storia una qualche conferma del messaggio cristiano. Ma rimane il fatto che il nostro compito è di cercare e trovare Cristo nel nostro mondo così com'è, e non come potrebbe essere. Il fatto che il mondo è diverso da quello che potrebbe essere non altera la verità che Cristo è presente in esso e che il suo piano non è andato frustrato né ha subito modifiche: in verità, tutto si svolgerà secondo il suo volere. Il nostro Avvento è la celebrazione di tale speranza. Quel che è incerto non è tanto la «venuta» del Cristo quanto l'accoglienza che avrà da parte nostra, la nostra risposta a lui, la nostra prontezza e capacità ad «avviarci incontro a Lui».”

Cogliere i segni dei tempi
Dio ci parla, si rivela nella storia attraverso dei segni perché in questo modo lascia alla libertà dell’uomo il cogliere il significato ed il valore di tali segni. Dio si avvicina all’uomo mostrando i segni della sua presenza: il primo segno è Gesù il quale in sé perfettamente unisce l’umanità e la divinità; ma dopo la sua esperienza concreta e storica durata poco più di 30 anni, Gesù lascia un altro segno destinato a proseguire la sua opera nella costruzione del Regno è la Chiesa, la comunità cristiana.
Nasce una prima domanda circa il mio/nostro modo di porci di fronte alle situazioni del mondo; infatti come cristiano sono chiamato a vivere “vivo”, attento a leggere i segni dei tempi con l’unica bussola di rafforzare in me ed intorno a me la crescita del regno.

Il segno è vero in quanto rimanda al significato
Dal momento in cui noi ci sentiamo Chiesa e comunità cristiana sappiamo che ognuno di noi, sia singolarmente che, a maggior ragione, come comunità, dovrà portare avanti l’annuncio evangelico essendo segno e testimonianza del Maestro. Scrive Thomas Merton: “Il mistero del Natale, pertanto, impone sulle nostre spalle un grave debito nei riguardi del resto dell'umanità e dell'intero universo. Noi che abbiamo veduto la luce di Cristo siamo obbligati dalla magnificenza della grazia che è stata riversata su di noi a far conoscere la presenza del Salvatore fino ai confini della terra. Questa missione noi potremo assolverla non solamente annunciando e predicando la buona novella della sua venuta, ma soprattutto rivelando lui nella nostra vita. Cristo è nato oggi per potersi manifestare al mondo intero attraverso noi. Questo è il giorno della sua nascita, ma ogni giorno della nostra vita mortale dev'essere una manifestazione di lui, la sua divina Epifania nel mondo che egli ha creato e redento.”
Ecco una seconda domanda: un segno è valido quanto più si avvicina al suo significato; allora è opportuno verifica di cosa sono segno in famiglia, nel mondo del lavoro, con le persone che quotidianamente incontro.

Una scelta di campo verso coloro che non trovano posto nel nostro mondo
Lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo”. Nel suo nascere il Figlio di Dio sembra compiere una scelta di campo, una scelta che potremmo tranquillamente “politica”; infatti è dalla parte degli ultimi, dei disperati, di coloro che nella società di oggi scoprono che “non c’era posto per loro”. Nella mia formazione anche politica, la lettera di Don Milani a Pipetta è sempre stata un riferimento obbligato. Vorrei leggerne un brano: Caro Pipetta, ogni volta che ci incontriamo tu mi dici che se tutti i preti fossero come me, allora… Lo dici perché tra noi due ci siamo sempre intesi anche se te della scomunica te ne freghi e se dei miei fratelli preti ne faresti volentieri polpette. Tu dici che ci siamo intesi perché t'ho dato ragione mille volte in mille tue ragioni. Ma dimmi Pipetta, m'hai inteso davvero? È un caso, sai, che tu mi trovi a lottare con te contro i signori. San Paolo non faceva così. E quel caso è stato quel 18 aprile che ha sconfitto insieme ai tuoi torti anche le tue ragioni. È solo perché ho avuto la disgrazia di vincere che… Mi piego, Pipetta, a soffrire con te delle ingiustizie. Ma credi, mi piego con ripugnanza. Lascia che te lo dica a te solo. Che me ne sarebbe importato a me della tua miseria? Se vincevi te, credimi Pipetta, io non sarei più stato dalla tua. Ti manca il pane? Che vuoi che me ne importasse a me, quando avevo la coscienza pulita di non averne più di te, che vuoi che me ne importasse a me che vorrei parlarti solo di quell'altro Pane che tu dal giorno che tornasti da prigioniero e venisti colla tua mamma a prenderlo non m'hai più chiesto. Pipetta, tutto passa. Per chi muore piagato sull'uscio dei ricchi, di là c'è il Pane di Dio. È solo questo che il mio Signore m'aveva detto di dirti. È la storia che mi s'è buttata contro, è il 18 aprile che ha guastato tutto, è stato il vincere la mia grande sconfitta. Ora che il ricco t'ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco. Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch'io sono l'unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita. E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18… non m'avresti mai veduto scendere là in basso, a combattere i ricchi. Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione. Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione. Ma come è poca parola questa che tu m'hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso questa frase giusta che tu m'hai fatto dire. Pipetta, fratello, quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, Pipetta quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più come dico ora: «Hai ragione». Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all'unico grido di vittoria degno d'un sacerdote di Cristo: «Pipetta hai torto. Beati i poveri perché il Regno dei Cieli è loro». Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso.

(Don Lorenzo Milani, 1950)
Non consumare, ma condividere
Infine un’ultima riflessione “cristiana” di fronte alla crisi di oggi: il cristiano uomo della speranza riesce a vedere nel momento della crisi la possibilità di una vita nuova, di scelte controcorrente e non ha paura di annunciare un mondo nuovo; il cristiano deve vivere arrabbiato di fronte al mondo che non sa fare altro che proporre come via d’uscita alla crisi economica il consumismo, poiché consumare è l’esatta antitesi di crescere. C’è solo un modo per superare la crisi: ovvero condividere. Condividere i pochi pani e i pochi pesci che ciascuno di noi ha perché tutti possano sfamarsi. È per annunciare questa buona novella che lunedì saremo in Piazza Pallavicini e nei supermercati della zona; e se saremo soli non bisognerà scoraggiarci, ma cominciare a convertire le nostre piccole vite; questo darà un vero significato al nostro Natale.

Riportiamo qui sotto anche la riflessione proposta durante l'ora di silenzio nel pomeriggio del 24 dicembre, momento culmine dell'iniziativa del Natale in Piazza.
 
 
 

UN'ORA DI SILENZIO PER LA PACE

È una traccia di riflessione a due volti: un aspetto cristiano ed uno laico, che convergono nel rispetto dell'altro come persona detentrice di diritti e doveri: li proponiamo a te, credente, perché tu sappia testimoniare la tua fede nell'amore verso tutti; e li proponiamo a te che non credi, perché tu possa confermare il tuo credere nella giustizia e nei diritti.


 
ACCOGLIERCI
Gv 15, 12  Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.

art 2: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo ... ... e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
ACCOGLIERLI
Mt 25, 34-40  Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?  E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.

art 3:  Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
art 10: .... Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
ACCOLTI
Lc 15, 20  Quando era ancora lontano, il padre lo vide e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Mt 11, 28  Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

art 19:  Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
ACCOGLIERLO
Gv 1, 11-13  Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.   A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 

art 8:  Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti.