giovedì 23 maggio 2013
L'unione della Chiesa peregrinante
con i santi e la Beata Vergine Maria
(Lumen Gentium, Cap. VII e VIII, §§ 48-69)



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Dal libro dell'Apocalisse di San Giovanni Apostolo (Ap 7,2-4.9-14)

"Vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: «Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi».
Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele. 
Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce:
«La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello».
Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello."


 
 

Senso dei capitoli 7 ed 8 nella Lumen  Gentium
   I due capitoli che leggiamo stasera sono introduzioni tardive : il cap 7 si presenta come una rielaborazione di un precedente testo sui santi e sul loro culto; il cap 8 tratta della figura di Maria [vedi nota 1]. La questione riguardava il posto che si deve riconoscere all’interno della coscienza di fede della chiesa al tradizionale culto dei santi e alla devozione mariana. Due le tendenze che si contrapponevano: chi intendeva promuovere un culto sacramentale alimentato dalla Parola di Dio illuminando la dimensione cristologica della preghiera e della vita stessa cristiana e chi accentuava il momento soggettivo di una fede arricchita dalle tradizioni. La Lumen Gentium si si muove verso un recupero profondo di entrambi: la tesi di fondo dei padri conciliari è quella di leggere la fede mariana  e il culto dei santi collocandoli sul fondamento ineludibile del rapporto di Cristo con la sua chiesa e non già come realtà a sé stanti.

Il culto dei santi nella vita della Chiesa
Il concilio condivide con il nostro tempo la viva coscienza del mistero insondabile di Dio (“Dio è in cielo e tu sei nella terra” Qo5,1), ma la tradizione cattolica conosce una scala che congiunge la terra al cielo, una mediazione salvifica che lega all’umanità di Cristo il ministero della Chiesa; la distanza, mantenuta, fra Dio e l’uomo non annulla la cooperazione alla grazia divina. La chiesa è  la communio sanctorum congiunta al Cristo e al suo Spirito, è il prolungamento della missione di Gesù (Ef 5,25-32). Cristo opera al di là delle differenze di tempo e di luogo, per ricondurre ogni persona a se medesimo, come membro del suo santo corpo. Il disegno di Dio che ha costituito l’uomo – Gesù come il culmine di ogni risposta personale, come colui che porta a compimento la fede e l’obbedienza dell’uomo non raggiunge la sua definitività se non là dove la risposta di Gesù è compartecipata da una comunione di persone distinte dall’unico Signore (primogenito di molti fratelli (Rm 8,29)). Siamo così introdotti nel mistero della comunione e della santità della chiesa: questa comunione e questa santità sono la sostanza ed il compimento di ciò che la chiesa deve sviluppare come suo compito e sua vocazione.
Ecco che la prospettiva escatologica, ovvero della meta finale che è il compimento del Regno di Dio, è necessaria per un’autentica comprensione del popolo di Dio, nel senso della pienezza della comunione di vita e di santità della chiesa con Cristo [vedi nota 2].
Il mistero pasquale, colto come forza permanente che opera attraverso lo Spirito, non soltanto prefigura il compimento finale, ma porta a vedere la chiesa come animata da una vivissima speranza e percorsa da un inarrestabile movimento. Cristo è il criterio della definitiva perfezione dell’uomo e del radicale rinnovamento del mondo e ciò fa emergere la transitorietà e il cammino della Chiesa: essa possiede le primizie ma sospira nell’attesa della redenzione finale, vive la vita filiale ma deve combattere contro la tentazione [vedi nota 3].
Il cammino della chiesa lega insieme la comunicazione con Cristo e la concreta collocazione nelle dinamiche proprie della cultura e della storia umana: è il criterio dinamico dell’assunzione della storicità e della socialità umana nel quadro della comunione cristiana cioè della carità di Dio e del prossimo; la comunione con Cristo si traduce in una profonda solidarietà e in un vicendevole servizio di fede e di santità (communio sanctorum): qui appare il carattere cristocentrico del culto dei santi, sottolineando l’incomparabile santità di Dio e la connessione di questa con la santità della Chiesa e delle persone e in questo senso anche la memoria dei defunti non va vista nella continuazione del rapporto, ma è un atto religioso rivolto a Dio per approfondire la comunione di grazia con il Signore [vedi nota 4].
Questa prospettiva che mette al centro Cristo ci permette di valorizzare il culto dei santi e la memoria dei defunti poiché nessuno vive per sé, ma ognuno vive per Cristo.
 

La chiesa peregrinante
La LG usa l’immagine della chiesa peregrinante come sviluppo della comprensione della vita cristiana come cammino con Dio (1Pt 2,11 e Eb 11,13): il credente come un pellegrino non adatta la sua vita ed i suoi costumi a quelli di coloro fra i quali si trova, ma si mantiene in una decisa fedeltà al suo Signore. In questo cammino è Dio stesso che guida  il suo popolo alla terra promessa della piena comunione con sé. Camminare, pellegrinare diventano così termini religiosi pregnanti volti ad indicare sia l’azione salvifica di Dio, sia la risposta obbediente del suo popolo. Ecco un’altra rivoluzione copernicana rispetto ad un antico modo che la qualificava come chiesa militante, basandosi sulla comprensione della vita cristiana come militia, come combattimento, lotta e vittorioso superamento delle tendenze contrarie.
Impegnata contro ogni forma di peccato, la chiesa militante costruisce nell’ascesi la sua bellezza di sposa e nella cura delle cose terrene il suo impegno per estirpare ogni male dal mondo e per manifestare la piena sovranità del suo Signore; al contrario la chiesa pellegrinante, legando la sua dimensione sociale e storica alla presenza escatologica del suo Signore e dei suoi doni, confessa di possedere il dono di Dio solo in modo imperfetto e incompleto, così che il suo cammino trascende la sua condizione presente e la rende quasi una preparazione all’incontro definitivo con Cristo; questa chiesa pellegrinante è “germe e inizio” (LG 5) del regno, è il segno delle promesse divine e della loro realizzazione, è lo svelamento  dell’amore divino e la testimonianza della sua vitalità nella santità e nella profezia; perciò il pellegrinare è l’atteggiamento di una chiesa che assume Cristo come criterio, insuperabile e inesausto, del suo servizio nella società. Pellegrinare diventa così un programma spirituale e pastorale che mantiene la comunità ferma a quella realtà essenziale che è la comunione con il Cristo nello Spirito e capace di testimoniarla nella viva speranza e nel fiducioso abbandono al volere di Dio [vedi nota 5].

Maria e la chiesa
Questo medesimo mistero lo ritroviamo in Maria che è il simbolo reale del popolo della nuova alleanza, riconoscendola “quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità” (LG 53). Sullo sfondo del rapporto Eva – Maria – Chiesa, i Padri della Chiesa definiscono la profonda connessione della realtà di Maria, madre verginale di Crisato e del suo corpo, con la chiesa mediatrice della vita divina nel corpo del suo Signore [vedi nota 6].
La LG colloca Maria nell’orizzonte  della comunità cristiana poiché lei riassume la creazione come chiamata da Dio ad una libera risposta di fede e di carità; Maria è, perciò la rappresentante della creazione e della libertà umana colta nel suo rispondere e nel suo donarsi a Dio; guardando a Maria il concilio vede l’espressione fruttuosa  del credente radicato nella comunione del Signore fino a vivere di Lui [vedi nota 7].
Maria e la Chiesa si illuminano a vicenda: quel compito di maternità, cioè di accoglienza e di crescita nel Signore Gesù, che lo Spirito ha attribuito alla chiesa, appare realmente significato, e in un modo del tutto unico, da Maria. Maria è la prefigurazione della pienezza della Chiesa; la suia grazia personale appare una grazia per tutta la chiesa e una funzione universale a favore di tutta la chiesa. Come piena di grazia, Maria è il simbolo reale che continuamente richiama alla chiesa la sua vocazione e le impedisce di dissolversi nella mediocrità di fede e di carità di tanti suoi membri [vedi nota 8]. Maria appare quel modello di virtù e di docilità a cui la chiesa anela e verso cui si sforza di crescere.
Sottolineando il carattere personale della storia della salvezza, la straordinaria maternità di Maria e la sua pienezza di grazia sono l’indicazione che la partecipazione personale della creatura è una condizione necessaria dell’evento stesso della salvezza. Il disegno di Dio, operante nella parola e nello spirito, comporta la sua accoglienza come condizione del suo realizzarsi: di questa realtà Maria e la chiesa pura e santa sono l’espressione. Il mistero di grazia configura Maria e la chiesa come la realtà povera e aperta a Dio e come la persona che, proprio per questa sua totale docilità, prefigura la feconda accoglienza e la fruttuosa partecipazione all’azione divina.

Conclusione e condivisione finale
Siamo giunti alla fine di questo nostro percorso e la speranza che stasera anima il mio cuore è che finalmente ciascuno di noi possa sentirsi protagonista nel cammino della comunità dei figli di Dio; l’uso del termine comunità, come potete ben comprendere non è casuale poiché la mia/nostra appartenenza alla chiesa passa anche e soprattutto attraverso questa comunità.
Quando questo pellegrinaggio spirituaòe è iniziato non avevo certamente idea del dono/paco regalo che quel matto dello Spirito Santo ci stava preparando e mi riferisco a quanto successo negli ultimi 100 giorni o poco più. Giorni che, lo capiremo forse tra qualche tempo, hanno posto nuova luce sulla chiesa. Ricordo solo alcuni passaggi per ringraziarne Dio:

  1. Le dimissioni di Benedetto XVI hanno distrutto l’idea che il papa, quale vicario di Cristo, fosse una sorta di dio in terra (egli è “un fratello che per grazia è stato chiamato a diventare padre” [vedi nota 9]), rileggendo il papato come un servizio al quale rinunciare se le forze non ti consentono di andare avanti.
  2. Il nome scelto Francesco va ad indicare non solo una scelta di sobrietà, ma il tentativo da parte del vescovo di Roma di procedere ad una riforma nella vita della Chiesa.
  3. La richiesta del vescovo di Roma dell’invocazione dei fedeli perché Dio lo benedicesse rafforza l’idea della LG di una chiesa che è popolo di Dio.
  4. Il fatto che non si sia mai chiamato papa, ma abbia usato il termine vescovo di Roma fornisce nuova linfa al cammino ecumenico; il vescovo di Roma non è più Pater Pastorum, ma colui che guida “la chiesa che presiede sulle altre nella carità”.
L’indemoniato nella sinagoga di Cafarnao rivolgendosi a Gesù diceva: “Che c’entri con noi, Gesù di Nazareth, sei venuto a rovinarci!”; oggi possiamo rivolgerci allo Spirito Santo con le stesse parole; non abbiamo più alibi, non possiamo nascondere le nostre mancanze dietro una critica feroce del papa e dei vescovi e siamo perciò chiamati davvero a vivere il nostro essere cristiani nella totalità della nostra vita seguendo l’invito di Francesco, vescovo di Roma, che ci ricorda ancora pochi giorni fa che Dio non vuole “cristiani part-time” Buon cammino a tutti!


Note


[1] Nella votazione del 29/10/ 1963 il concilio si spaccò (1114 a 1074) sull’inserimento dei temi mariani nella L.G.

[2] LG 48 “Cristo, quando fu levato in alto da terra, attirò tutti a sé (cfr. Gv 12,32 gr.); risorgendo dai morti (cfr. Rm 6,9) immise negli apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di lui costituì il suo corpo, che è la Chiesa, quale sacramento universale della salvezza; assiso alla destra del Padre, opera continuamente nel mondo per condurre gli uomini alla Chiesa e attraverso di essa congiungerli più strettamente a sé e renderli partecipi della sua vita gloriosa col nutrimento del proprio corpo e del proprio sangue. Quindi la nuova condizione promessa e sperata è già incominciata con Cristo”.

[3] LG 48: “fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora (cfr. 2 Pt 3,13), la Chiesa peregrinante nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo; essa vive tra le creature, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del parto e sospirano la manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19-22)”.

[4] Non veneriamo però la memoria degli abitanti del cielo solo per il loro esempio, ma più ancora perché l'unione della Chiesa nello Spirito sia consolidata dall'esercizio della fraterna carità (cfr. Ef 4,1-6). Poiché, come la cristiana comunione tra i cristiani della terra ci porta più vicino a Cristo, così la comunità con i santi ci congiunge a lui, dal quale, come dalla loro fonte e dal loro capo, promana ogni grazia e la vita dello stesso popolo di Dio”.

[5] GS 45: “Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all’umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la chiesa è l’universale sacramento della salvezza che svela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio per l’uomo”.

[6] Maria è madre e vergine, non solo nello spirito ma anche nel suo corpo. Essa non è madre spirituale del nostro Capo che è lo stesso Salvatore; spiritualmente è piuttosto lei a nascere da lui poiché tutti i credenti, fra i quali va collocata lei stessa, sono chiamatio con ragione figli dello Sposo. Ma essa è veramente la madre delle sue membra che siamo noi poiché per il suo amore, ha cooperato alla nascita dei fedeli che sono membra del Capo (De Sancta Virgine 6).

[7] La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell'anima, costituisce l'immagine e l'inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10).

[8] SC 103: “La santa chiesa venera con speciale amore la beata Maria madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta ikl frutto più eccelso della redenzione, e contempla con gioia, come in una immagine purisima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere.

[9] Giovanni XXIII nel discorso della luna (11/10/1962).