"Vidi
poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio
vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato
concesso il potere di devastare la terra e il mare: «Non devastate
né la terra, né il mare, né le piante, finché
non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi».
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Senso dei capitoli 7 ed 8 nella
Lumen Gentium
I due capitoli che leggiamo
stasera sono introduzioni tardive : il cap 7 si presenta come una rielaborazione
di un precedente testo sui santi e sul loro culto; il cap 8 tratta della
figura di Maria [vedi
nota 1]. La questione riguardava
il posto che si deve riconoscere all’interno della coscienza di fede della
chiesa al tradizionale culto dei santi e alla devozione mariana. Due le
tendenze che si contrapponevano: chi intendeva promuovere un culto sacramentale
alimentato dalla Parola di Dio illuminando la dimensione cristologica della
preghiera e della vita stessa cristiana e chi accentuava il momento soggettivo
di una fede arricchita dalle tradizioni. La Lumen Gentium si si muove verso
un recupero profondo di entrambi: la tesi di fondo dei padri conciliari
è quella di leggere la fede mariana e il culto dei santi collocandoli
sul fondamento ineludibile del rapporto di Cristo con la sua chiesa e non
già come realtà a sé stanti.
Il culto dei santi nella vita della
Chiesa
Il concilio condivide con il nostro
tempo la viva coscienza del mistero insondabile di Dio (“Dio è in
cielo e tu sei nella terra” Qo5,1), ma la tradizione cattolica conosce
una scala che congiunge la terra al cielo, una mediazione salvifica che
lega all’umanità di Cristo il ministero della Chiesa; la distanza,
mantenuta, fra Dio e l’uomo non annulla la cooperazione alla grazia divina.
La chiesa è la communio sanctorum congiunta al Cristo e al
suo Spirito, è il prolungamento della missione di Gesù (Ef
5,25-32). Cristo opera al di là delle differenze di tempo e di luogo,
per ricondurre ogni persona a se medesimo, come membro del suo santo corpo.
Il disegno di Dio che ha costituito l’uomo – Gesù come il culmine
di ogni risposta personale, come colui che porta a compimento la fede e
l’obbedienza dell’uomo non raggiunge la sua definitività se non
là dove la risposta di Gesù è compartecipata da una
comunione di persone distinte dall’unico Signore (primogenito di molti
fratelli (Rm 8,29)). Siamo così introdotti nel mistero della comunione
e della santità della chiesa: questa comunione e questa santità
sono la sostanza ed il compimento di ciò che la chiesa deve sviluppare
come suo compito e sua vocazione.
Ecco che la prospettiva escatologica,
ovvero della meta finale che è il compimento del Regno di Dio, è
necessaria per un’autentica comprensione del popolo di Dio, nel senso della
pienezza della comunione di vita e di santità della chiesa con Cristo
[vedi
nota 2].
Il mistero pasquale, colto come forza
permanente che opera attraverso lo Spirito, non soltanto prefigura il compimento
finale, ma porta a vedere la chiesa come animata da una vivissima speranza
e percorsa da un inarrestabile movimento. Cristo è il criterio della
definitiva perfezione dell’uomo e del radicale rinnovamento del mondo e
ciò fa emergere la transitorietà e il cammino della Chiesa:
essa possiede le primizie ma sospira nell’attesa della redenzione finale,
vive la vita filiale ma deve combattere contro la tentazione [vedi
nota 3].
Il cammino della chiesa lega insieme
la comunicazione con Cristo e la concreta collocazione nelle dinamiche
proprie della cultura e della storia umana: è il criterio dinamico
dell’assunzione della storicità e della socialità umana nel
quadro della comunione cristiana cioè della carità di Dio
e del prossimo; la comunione con Cristo si traduce in una profonda solidarietà
e in un vicendevole servizio di fede e di santità (communio sanctorum):
qui appare il carattere cristocentrico del culto dei santi, sottolineando
l’incomparabile santità di Dio e la connessione di questa con la
santità della Chiesa e delle persone e in questo senso anche la
memoria dei defunti non va vista nella continuazione del rapporto, ma è
un atto religioso rivolto a Dio per approfondire la comunione di grazia
con il Signore [vedi
nota 4].
Questa prospettiva che mette al centro
Cristo ci permette di valorizzare il culto dei santi e la memoria dei defunti
poiché nessuno vive per sé, ma ognuno vive per Cristo.
La chiesa peregrinante
La LG usa l’immagine della chiesa peregrinante
come sviluppo della comprensione della vita cristiana come cammino con
Dio (1Pt 2,11 e Eb 11,13): il credente come un pellegrino non adatta la
sua vita ed i suoi costumi a quelli di coloro fra i quali si trova, ma
si mantiene in una decisa fedeltà al suo Signore. In questo cammino
è Dio stesso che guida il suo popolo alla terra promessa della
piena comunione con sé. Camminare, pellegrinare diventano così
termini religiosi pregnanti volti ad indicare sia l’azione salvifica di
Dio, sia la risposta obbediente del suo popolo. Ecco un’altra rivoluzione
copernicana rispetto ad un antico modo che la qualificava come chiesa militante,
basandosi sulla comprensione della vita cristiana come militia, come combattimento,
lotta e vittorioso superamento delle tendenze contrarie.
Impegnata contro ogni forma di peccato,
la chiesa militante costruisce nell’ascesi la sua bellezza di sposa e nella
cura delle cose terrene il suo impegno per estirpare ogni male dal mondo
e per manifestare la piena sovranità del suo Signore; al contrario
la chiesa pellegrinante, legando la sua dimensione sociale e storica alla
presenza escatologica del suo Signore e dei suoi doni, confessa di possedere
il dono di Dio solo in modo imperfetto e incompleto, così che il
suo cammino trascende la sua condizione presente e la rende quasi una preparazione
all’incontro definitivo con Cristo; questa chiesa pellegrinante è
“germe e inizio” (LG 5) del regno, è il segno delle promesse divine
e della loro realizzazione, è lo svelamento dell’amore divino
e la testimonianza della sua vitalità nella santità e nella
profezia; perciò il pellegrinare è l’atteggiamento di una
chiesa che assume Cristo come criterio, insuperabile e inesausto, del suo
servizio nella società. Pellegrinare diventa così un programma
spirituale e pastorale che mantiene la comunità ferma a quella realtà
essenziale che è la comunione con il Cristo nello Spirito e capace
di testimoniarla nella viva speranza e nel fiducioso abbandono al volere
di Dio [vedi nota 5].
Maria e la chiesa
Questo medesimo mistero lo ritroviamo
in Maria che è il simbolo reale del popolo della nuova alleanza,
riconoscendola “quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa,
figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità”
(LG 53). Sullo sfondo del rapporto Eva – Maria – Chiesa, i Padri della
Chiesa definiscono la profonda connessione della realtà di Maria,
madre verginale di Crisato e del suo corpo, con la chiesa mediatrice della
vita divina nel corpo del suo Signore [vedi
nota 6].
La LG colloca Maria nell’orizzonte
della comunità cristiana poiché lei riassume la creazione
come chiamata da Dio ad una libera risposta di fede e di carità;
Maria è, perciò la rappresentante della creazione e della
libertà umana colta nel suo rispondere e nel suo donarsi a Dio;
guardando a Maria il concilio vede l’espressione fruttuosa del credente
radicato nella comunione del Signore fino a vivere di Lui [vedi
nota 7].
Maria e la Chiesa si illuminano a vicenda:
quel compito di maternità, cioè di accoglienza e di crescita
nel Signore Gesù, che lo Spirito ha attribuito alla chiesa, appare
realmente significato, e in un modo del tutto unico, da Maria. Maria è
la prefigurazione della pienezza della Chiesa; la suia grazia personale
appare una grazia per tutta la chiesa e una funzione universale a favore
di tutta la chiesa. Come piena di grazia, Maria è il simbolo reale
che continuamente richiama alla chiesa la sua vocazione e le impedisce
di dissolversi nella mediocrità di fede e di carità di tanti
suoi membri [vedi nota
8]. Maria appare quel modello
di virtù e di docilità a cui la chiesa anela e verso cui
si sforza di crescere.
Sottolineando il carattere personale
della storia della salvezza, la straordinaria maternità di Maria
e la sua pienezza di grazia sono l’indicazione che la partecipazione personale
della creatura è una condizione necessaria dell’evento stesso della
salvezza. Il disegno di Dio, operante nella parola e nello spirito, comporta
la sua accoglienza come condizione del suo realizzarsi: di questa realtà
Maria e la chiesa pura e santa sono l’espressione. Il mistero di grazia
configura Maria e la chiesa come la realtà povera e aperta a Dio
e come la persona che, proprio per questa sua totale docilità, prefigura
la feconda accoglienza e la fruttuosa partecipazione all’azione divina.
Conclusione e condivisione finale
Siamo giunti alla fine di questo nostro
percorso e la speranza che stasera anima il mio cuore è che finalmente
ciascuno di noi possa sentirsi protagonista nel cammino della comunità
dei figli di Dio; l’uso del termine comunità, come potete ben comprendere
non è casuale poiché la mia/nostra appartenenza alla chiesa
passa anche e soprattutto attraverso questa comunità.
Quando questo pellegrinaggio spirituaòe
è iniziato non avevo certamente idea del dono/paco regalo che quel
matto dello Spirito Santo ci stava preparando e mi riferisco a quanto successo
negli ultimi 100 giorni o poco più. Giorni che, lo capiremo forse
tra qualche tempo, hanno posto nuova luce sulla chiesa. Ricordo solo alcuni
passaggi per ringraziarne Dio:
Note
[1] Nella votazione del 29/10/ 1963 il concilio si spaccò (1114 a 1074) sull’inserimento dei temi mariani nella L.G.
[2] LG 48 “Cristo, quando fu levato in alto da terra, attirò tutti a sé (cfr. Gv 12,32 gr.); risorgendo dai morti (cfr. Rm 6,9) immise negli apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di lui costituì il suo corpo, che è la Chiesa, quale sacramento universale della salvezza; assiso alla destra del Padre, opera continuamente nel mondo per condurre gli uomini alla Chiesa e attraverso di essa congiungerli più strettamente a sé e renderli partecipi della sua vita gloriosa col nutrimento del proprio corpo e del proprio sangue. Quindi la nuova condizione promessa e sperata è già incominciata con Cristo”.
[3] LG 48: “fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora (cfr. 2 Pt 3,13), la Chiesa peregrinante nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo; essa vive tra le creature, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del parto e sospirano la manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19-22)”.
[4] Non veneriamo però la memoria degli abitanti del cielo solo per il loro esempio, ma più ancora perché l'unione della Chiesa nello Spirito sia consolidata dall'esercizio della fraterna carità (cfr. Ef 4,1-6). Poiché, come la cristiana comunione tra i cristiani della terra ci porta più vicino a Cristo, così la comunità con i santi ci congiunge a lui, dal quale, come dalla loro fonte e dal loro capo, promana ogni grazia e la vita dello stesso popolo di Dio”.
[5] GS 45: “Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all’umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la chiesa è l’universale sacramento della salvezza che svela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio per l’uomo”.
[6] Maria è madre e vergine, non solo nello spirito ma anche nel suo corpo. Essa non è madre spirituale del nostro Capo che è lo stesso Salvatore; spiritualmente è piuttosto lei a nascere da lui poiché tutti i credenti, fra i quali va collocata lei stessa, sono chiamatio con ragione figli dello Sposo. Ma essa è veramente la madre delle sue membra che siamo noi poiché per il suo amore, ha cooperato alla nascita dei fedeli che sono membra del Capo (De Sancta Virgine 6).
[7] La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell'anima, costituisce l'immagine e l'inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10).
[8] SC 103: “La santa chiesa venera con speciale amore la beata Maria madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta ikl frutto più eccelso della redenzione, e contempla con gioia, come in una immagine purisima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere.