Preghiera di giovedì 17 gennaio 2013 |
Gruppo Sorgente/Pietraviva
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Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole. Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 1-11) Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei
giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due
o tre barili (da 80 a 120 litri). E Gesù disse loro: «Riempite
d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo:
«Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene
portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di
tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano
attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono
da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno
buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così
Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò
la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
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Quando Sabato scorso in gruppo mi hanno chiesto
di provare a dire qualcosa stasera, il giro di condivisione era concluso
da un po', anzi stavamo chiudendo l’incontro; quando poi nei giorni successivi
a casa ho provato a riportare a mente cosa era stato detto dai compagni
di gruppo ho constatato che non ricordavo quasi nulla e persino di ciò
che io avevo condiviso.... e pensare che l’autunno scorso ho partecipato
a un corso sulla memoria e sulle tecniche di memorizzazione... (e alcuni
dei presenti c’erano ...): evidentemente è servito a ben poco e
poi non vale a ritroso.
Comunque con qualche fatica ho ritrovato qualche
flash e ne ho pure parlato con Nunzia che non era presente (causa influenza),
e mi auguro che in quanto dirò il mio gruppo si possa ritrovare
almeno nel senso, se non nei contenuti specifici.
Intanto devo partire dal fatto che molti se non tutti sabato scorso hanno espresso scarso interesse (meglio scarso entusiasmo) a una lettura teologica classica di questo brano ma non mi sembra giusto non illustrarla almeno in estrema sintesi: in effetti questo passo di vangelo è uno dei più trattati e approfonditi del vangelo di Giovanni; ho trovato in Internet (ormai l’enciclopedia dei nostri giorni) un breve video in cui Don Doglio lo illustra definendolo come l’archetipo dei segni del vangelo di Giovanni e come la terza epifania del Signore (come anche ricordato giovedì scorso da Don Lino); l’intero Vangelo di Giovanni è una profondissima scrittura teologica che vuole dimostrare al lettore la venuta del Cristo come incarnazione del Verbo, della Parola, sulla terra per la salvezza dell’umanità., Egli si manifesta attraverso azioni eccezionali di cui Giovanni sceglie le più significative e che chiama segni e le nozze di Cana sono il primo e il più chiaro: se l’episodio dei Magi è l’epifania di Cristo re e salvatore delle genti, se nel battesimo al Giordano è il Padre che rivela Cristo come Figlio, a Cana Egli manifesta la sua gloria cambiando la struttura religiosa esistente e trasformando il cuore dell’uomo.
Ciò detto concordo con i miei compagni di
strada che non può essere questo il nostro piano di riflessione
e condivisione; non che quanto detto non conti, conta eccome, ma dobbiamo
di più guardare a noi e alla nostra vita concreta; mi spiego con
una frase provocatoria che ho trovato nelle mie letture:
“la vera festa è già un miracolo e il regno viene regalato, ma noi siamo ricchi, ci sentiamo sazi e liberi e non sappiamo apprezzare il dono: stiamo attenti a non fare troppo spesso riferimento alle profezie dell’ultimo giorno: dobbiamo invece vivere l’oggi di Dio” |
Nel contempo è anche vero che se prendessimo
il racconto alla lettera suonerebbe strano e poco attendibile; voglio cioè
dire che bisogna accettare che sia simbolico ma rendere questa simbolicità
viva e provocatoria, bisogna guardare al nostro cammino di fede; proviamo
a leggerlo-rileggerlo con il cuore “attento” (più che con la testa)
?!? .....
...c’è un invitato a una festa di nozze...
Maria... e grazie al fatto che c’è lei che ci va anche Gesù,
...è molto probabile (anzi sicuro a quei
tempi) che lei e le altre donne contribuiscano al servizio, e così
nota la mancanza di vino prima che se ne accorgano gli invitati,
...al di là della risposta di Gesù,
Maria lo impegna all’aiuto e dall’altra parte chiede ai servitori di fare
quanto verrà chiesto;
...Gesù pretende che i recipenti vengano
riempiti fino all’orlo e ora i servitori potranno mescere ottimo vino:
la gioia della festa è salvaguardata nell’abbondanza;
...infine gli sposi non se ne sono neanche accorti.
Ecco che abbiamo:
Qui a Cana il vino migliore viene fuori dopo; quante
volte nella nostra vita di coppia, nei rapporti di lavoro, nelle amicizie
comunitarie non è capitato piuttosto il contrario? Se sì,
cosa è mancato?
Ho contato solo sulle mie forze? Oppure mi sono
scoraggiato subito o comunque prima del tempo e non sono arrivato all’orlo?
Insomma può venir fuori che in ogni gesto
concreto significativo della nostra esistenza ci sono dinamiche comportamentali
che richiamano il senso di questo episodio.
Qui ci starebbero bene delle vivenze, degli esempi
concreti da condividere e per riflettere; vi devo confessare che ci ho
pensato e mi sono venute subito in mente quelle poche circostanze in cui
le cose sono andate bene, zero assoluto per il contrario e questo non è
il problema di memoria di cui parlavo all’inizio; sarà opportuno
che mi affidi di più al mio gruppo: è proprio li che potrò
scoprirmi ben poco disposto a riempire il mio recipiente d’acqua e mi impegnerò
a chiedere di più l’aiuto ai fratelli e alle sorelle di comunità.
Slogan finale: evitiamo di misurare dove arriva
il nostro orlo!
Per concludere, due cose:
Come avrete capito dal fatto di nominare spesso Internet, mi aiuto necessariamente molto con contributi di scritti e parole. Di fronte al vangelo mi sento piccolo piccolo, inadeguato; mi piace leggere e confrontarmi con chi è più sapiente di me sull’argomento, il che vuol dire una cosa ben diversa da informato o dotto. Ebbene, in questa circostanza mi è addirittura capitato di imbattermi su Internet con un ‘blog’ (da intendere gruppo di discussione in rete) su questo brano di vangelo e ne ho ricavato dei pensieri notevoli (almeno mi pare) e ve li propongo:
• fare la parte degli altri: tutti dovremmo fare
tutto dal momento che l’Altro sono Io;
• la madre che rompe, il figlio che sbuffa, poi
va tutto a finire per il Meglio;
• è bello sapere che c’è un ALTRO
sempre pronto a trasformare l’acqua in vino;
• è bello sapere che per ciascuno di noi
c’è qualcuno che approfitta delle nostre imperfezioni per entrare
nella nostra vita e salvare la festa;
• l’acqua diventa vino ogni volta che crediamo
nella vita;
• Dio viene anche per me che non ho meriti, viene
come festa e gioia, come vino buono, e non contano i miei meriti ma il
mio bisogno.
Infine voglio leggervi una breve preghiera di Don
Tonino Bello che sintetizza quanto ho tentato di arrivare a dire: il “valore”
della diversità come fonte di unità , l’importanza per il
cristiano del rapporto tra singolo e comunità:
Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della
vita.
(Don Tonino Bello)
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