Preghiera di giovedì 17 gennaio 2013
Gruppo Sorgente/Pietraviva

Versare l'acqua fino all'orlo

Traccia per la riflessione - Seconda domenica del Tempo Ordinario, anno C

Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 12, 4-11)

Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.

Dal vangelo secondo Giovanni  (Gv 2, 1-11)

Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».

Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili (da 80 a 120 litri). E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 
 


 

Quando Sabato scorso in gruppo mi hanno chiesto di provare a dire qualcosa stasera, il giro di condivisione era concluso da un po', anzi stavamo chiudendo l’incontro; quando poi nei giorni successivi a casa ho provato a riportare a mente cosa era stato detto dai compagni di gruppo ho constatato che non ricordavo quasi nulla e persino di ciò che io avevo condiviso.... e pensare che l’autunno scorso ho partecipato a un corso sulla memoria e sulle tecniche di memorizzazione... (e alcuni dei presenti c’erano ...): evidentemente è servito a ben poco e poi non vale a ritroso.
Comunque con qualche fatica ho ritrovato qualche flash e ne ho pure parlato con Nunzia che non era presente (causa influenza), e mi auguro che in quanto dirò il mio gruppo si possa ritrovare almeno nel senso, se non nei contenuti specifici.

Intanto devo partire dal fatto che molti se non tutti sabato scorso hanno espresso scarso interesse (meglio scarso entusiasmo) a una lettura teologica classica di questo brano ma non mi sembra giusto non illustrarla almeno in estrema sintesi: in effetti questo passo di vangelo è uno dei più trattati e approfonditi del vangelo di Giovanni; ho trovato in Internet (ormai l’enciclopedia dei nostri giorni) un breve video in cui Don Doglio lo illustra definendolo come l’archetipo dei segni del vangelo di Giovanni e come la terza epifania del Signore (come anche ricordato giovedì scorso da Don Lino); l’intero  Vangelo di Giovanni è una profondissima scrittura teologica che vuole dimostrare al lettore la venuta del Cristo come incarnazione del Verbo, della Parola, sulla terra per la salvezza dell’umanità., Egli si manifesta attraverso azioni eccezionali di cui Giovanni sceglie le più significative e che chiama segni e le nozze di Cana sono il primo e il più chiaro: se l’episodio dei Magi è l’epifania di Cristo re e salvatore delle genti, se nel battesimo al Giordano è il Padre che rivela Cristo come Figlio, a Cana Egli manifesta la sua gloria cambiando la struttura religiosa esistente e trasformando il cuore dell’uomo.

Ciò detto concordo con i miei compagni di strada che non può essere questo il nostro piano di riflessione e condivisione; non che quanto detto non conti, conta eccome, ma dobbiamo di più guardare a noi e alla nostra vita concreta; mi spiego con una frase provocatoria che ho trovato nelle mie letture:
 

“la vera festa è già un miracolo e il regno viene regalato, ma noi siamo ricchi, ci sentiamo sazi e liberi e non sappiamo apprezzare il dono: stiamo attenti a non fare troppo spesso riferimento alle profezie dell’ultimo giorno: dobbiamo invece vivere l’oggi di Dio”

Nel contempo è anche vero che se prendessimo il racconto alla lettera suonerebbe strano e poco attendibile; voglio cioè dire che bisogna accettare che sia simbolico ma rendere questa simbolicità viva e provocatoria, bisogna guardare al nostro cammino di fede; proviamo a leggerlo-rileggerlo con il cuore “attento” (più che con la testa) ?!? .....
...c’è un invitato a una festa di nozze... Maria... e grazie al fatto che c’è lei che ci va anche Gesù,
...è molto probabile (anzi sicuro a quei tempi) che lei e le altre donne contribuiscano al servizio, e così nota la mancanza di vino prima che se ne accorgano gli invitati,
...al di là della risposta di Gesù, Maria lo impegna all’aiuto e dall’altra parte chiede ai servitori di fare quanto verrà chiesto;
...Gesù pretende che i recipenti vengano riempiti fino all’orlo e ora i servitori potranno mescere ottimo vino: la gioia della festa è salvaguardata nell’abbondanza;
...infine gli sposi non se ne sono neanche accorti.

Ecco che abbiamo:

Non vengono forse in mente tanti episodi e momenti della nostra vita di fede, anzi,  meglio dire della nostra vita vissuta con gli occhi della fede?
Si muovono nel nostro cuore le solite domande a cui dobbiamo dare le stesse risposte, ma ancora una volta rinnovate: Son convinto che abbiate già capito dove vado a parare: il messaggio dell’acqua che diventa vino lo voglio prendere come paradigma, come esempio del comportamento cristiano nella vita di tutti i giorni: questo racconto è usatissimo negli incontri di preparazione al matrimonio non solo per significare la benedizione che il Signore dà all’unione sponsale ma anche per dire come dovrebbe essere condotta la vita di coppia; e allora possiamo anche arrivare a dire che tutti i rapporti umani cristiani dovrebbero essere vissuti in questo spirito, quello del dono e del servizio reciproco, ove ciascuno si sforza sempre di versare acqua fino all’orlo per l’altro, sicuro che così il Signore farà il resto.

Qui a Cana il vino migliore viene fuori dopo; quante volte nella nostra vita di coppia, nei rapporti di lavoro, nelle amicizie comunitarie non è capitato piuttosto il contrario?  Se sì, cosa è mancato?
Ho contato solo sulle mie forze? Oppure mi sono scoraggiato subito o comunque prima del tempo e non sono arrivato all’orlo?

Insomma può venir fuori che in ogni gesto concreto significativo della nostra esistenza ci sono dinamiche comportamentali che richiamano il senso di questo episodio.
Qui ci starebbero bene delle vivenze, degli esempi concreti da condividere e per riflettere; vi devo confessare che ci ho pensato e mi sono venute subito in mente quelle poche circostanze in cui le cose sono andate bene, zero assoluto per il contrario e questo non è il problema di memoria di cui parlavo all’inizio; sarà opportuno che mi affidi di più al mio gruppo: è proprio li che potrò scoprirmi ben poco disposto a riempire il mio recipiente d’acqua e mi impegnerò a chiedere di più l’aiuto ai fratelli e alle sorelle di comunità.
Slogan finale: evitiamo di misurare dove arriva il nostro orlo!

Per concludere, due cose:

Come avrete capito dal fatto di nominare spesso Internet, mi aiuto necessariamente molto con contributi di scritti e parole. Di fronte al vangelo mi sento piccolo piccolo,  inadeguato; mi piace leggere e confrontarmi con chi è più sapiente di me sull’argomento, il che vuol dire una cosa ben diversa da informato o dotto. Ebbene, in questa circostanza mi è addirittura capitato di imbattermi su Internet con un ‘blog’ (da intendere gruppo di discussione in rete) su questo brano di vangelo e ne ho ricavato dei pensieri notevoli (almeno mi pare) e ve li propongo:

• fare la parte degli altri: tutti dovremmo fare tutto dal momento che l’Altro sono Io;
• la madre che rompe, il figlio che sbuffa, poi va tutto a finire per il Meglio;
• è bello sapere che c’è un ALTRO sempre pronto a trasformare l’acqua in vino;
• è bello sapere che per ciascuno di noi c’è qualcuno che approfitta delle nostre imperfezioni per entrare nella nostra vita e salvare la festa;
• l’acqua diventa vino ogni volta che crediamo nella vita;
• Dio viene anche per me che non ho meriti, viene come festa e gioia, come vino buono, e non contano i miei meriti ma il mio bisogno.

Infine voglio leggervi una breve preghiera di Don Tonino Bello che sintetizza quanto ho tentato di arrivare a dire: il “valore” della diversità come fonte di unità , l’importanza per il cristiano del rapporto tra singolo e comunità:
 
 

DAMMI, SIGNORE, UN'ALA DI RISERVA

Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. 
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. 
A volte nei momenti di confidenza oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta… forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza me.
Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora a librarmi con Te perché vivere non è trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla: vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ebbrezza del vento; vivere è assaporare l’avventura della libertà, vivere è stendere l’ala, l’unica ala con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore: Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello, e aiutarlo a volare. Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi: non farmi più passare indifferente davanti al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te: soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva.
 
 

(Don Tonino Bello)