Prima di cominciare All’inizio di ogni cammino occorre chiarire
l’obiettivo che si intende raggiungere, perché è appunto
la meta che indica la direzione e spinge il pellegrino, richiedendo impegno
e donando forza nel percorrere il cammino. Prima di tutto è importante
ribadire come questo nostro cammino non voglia essere solo un momento di
formazione spirituale e teologica, ma soprattutto voglia e debba essere
momento di formazione cristiana perché la nostra vita concreta possa
sempre più conformarsi a Cristo. Lo ricordo prima di tutto a me
stesso, la conoscenza non porta alla salvezza, anche se certamente è
vero che aiuta a motivare la conversione personale. L’invito è pertanto
a riprendere quanto poveramente noi potremmo condividervi per iniziare
un vero percorso di conversione per essere davvero profeti in ogni occasione
della nostra vita.
Ma esiste una seconda questione, ovvero in
un momento storico come quello che stiamo vivendo che spazio vi è
per la profezia e di conseguenza per i profeti? Di fronte alla crisi economica
che sta annebbiando le prospettive di futuro di tante persone, soprattutto
giovani, si aprono, al contrario di quanto potremo pensare, le porte della
profezia; infatti sotto la sua luce la crisi diventa opportunità,
possibilità di nuove scelte. La profezia apre alla speranza, al
coraggio di percorrere nuove strade; infatti è nello Spirito di
Dio, che il profeta è tenuto ad annunciare come il Kronos (tempo
come scorrere delle ore) diventi Kairos (tempo come opportunità
nuove da cogliere).
Un anno per celebrare,
per riconfermare e per ripartire “Lo spirito del Signore, di Dio,
è su di me, perché il Signore mi ha unto per recare una buona
notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore
spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l'apertura
del carcere ai prigionieri, per proclamare l'anno di grazia del Signore
il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono
afflitti; per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro un diadema
invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece
di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia,
la piantagione del Signore per mostrare la sua gloria” (Is 61,
1-3) . Queste le parole che secondo il vangelo di Luca furono le prime
ad essere pronunciate pubblicamente da Gesù nella sinagoga di Nazareth
[1];
egli poi commentò: “Oggi, si è adempiuta questa Scrittura,
che voi udite”.
Iniziamo con questo cammino il 2012, anno
che cade sotto la tremenda profezia dei Maia che pensa alla fine del mondo
e ci auguriamo che questo mondo finisca! Sì, che finiscano i soprusi,
le violenze, che si apra un mondo di giustizia e di pace!
Ma soprattutto vogliamo che il 2012 sia un
anno per celebrare, per riconfermare e per ripartire; tre grandi ed importanti
anniversari si aprono di fronte a noi:
I 70 anni di don Prospero che abbiamo
ricordato domenica scorsa per rendere grazie a Dio per colui che con la
sua opera di evangelizzazione ha contribuito a costruire questa piccola
realtà che credo per tanti di noi risulti fondamentale nel cammino
di crescita spirituale.
I 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano
II, quando la Chiesa, reduce da anni di asfissia, sotto la guida di
Giovanni XXIII, riuscì ad aprirsi al mondo per entrare in dialogo
con tutti gli uomini.
I 30 anni del “Natale in Piazza”, segno
dell’impegno di questa comunità a vivere “incarnata” nel mondo per
incontrare lì nei fratelli il Cristo (cfr. Mt 25)
Tre anniversari che ci riportano ad una lettura
viva e vitalizzante della storia ed è forse per questo che dopo
lunghe riflessioni è parso al Gruppo di Servizio proporre a tutti
un cammino sui profeti; infatti i profeti non sono altro che uomini capaci
di leggere i segni dei tempi per scoprire in essi le tracce del passaggio
salvifico di Dio; ecco quindi che il profeta è l’uomo che, per eccellenza,
ha il senso della storia. E Dio si rivela nella storia, poiché il
Dio di Gesù Cristo è un Dio che decide di entrare esso stesso
nella storia, per avere parte con le creature, per sporcarsi le mani, per
farsi come noi perche noi diventassimo come Lui.
Re, sacerdoti e profeti In virtù del battesimo noi possiamo
dirci re, sacerdoti e profeti; così Giovanni Crisostomo parlava
alla sua comunità a proposito del battesimo:
“Quanto
a te, sei fatto re, sacerdote e profeta mediante il Battesimo: re,
con la vittoria su tutte le tue cattive azioni e con la distruzione dei
peccati; sacerdote, con l’offerta di te stesso a Dio, con l’immolazione
del tuo corpo e della tua persona; profeta con la conoscenza dell’avvenire,
con l’ispirazione e con la sigillazione (con il dono del sigillo dello
Spirito)… Ciò sapendo, prendiamo coscienza della nostra dignità,
viviamo in conformità con la grazia, per conquistare così
il regno futuro” [2].
Ecco pertanto il primo passo che potremmo compiere in questo nostro cammino:
prendere coscienza della nostra dignità di figli, vivendo secondo
lo Spirito di Dio; infatti “Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate
le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio;
rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”
(Col 3,1-2). Il problema è che troppo spesso io sono preso dalle
mie piccole situazioni e non riesco a rivolgere i miei pensieri a ciò
che davvero conta: ricordo ancora una battuta di Don Franco Buono al termine
di un incontro con la Comunità: il cristiano è chiamato ad
essere profeta dell’impossibile e non ragioniere del proprio vivere quotidiano;
eppure quante volte noi ci fermiamo alle piccole sicurezze del nostro quotidiano
senza davvero puntare in alto?
Chi è il profeta Il termine profeta deriva dal greco prophètes:
pro
che significa “esternamente”, ma anche “davanti a” e da phemì
che significa parlare, proclamare, far conoscere; con questo termine l’accento
è posto sulla dimensione pubblica della figura del profeta; da qui
discendono due considerazioni: la prima che la profezia ed il profeta non
sono mai fini a se stessi; la seconda che più che indovino o colui
che prevede il futuro il profeta per Israele è colui che parla al
posto di Dio, colui che annuncia e interpreta la sua parola e la sua volontà.
Con il termine prophètes la LXX traduzione greca dell’Antico Testamento
(LXX) traduce il termine ebraico nabì (navì); tale
termine sembrerebbe derivare dal termine nabù (navù) ovvero
nominare, chiamare, termine con una chiara accezione vocazionale: il profeta
è uno che è stato chiamato, cioè uno che ha ricevuto
una vocazione divina in vista di una determinata missione, di un certo
incarico: l’annuncio al popolo della parola di Dio, come evidenziato nel
brano
tratto da Geremia.
Di fronte alla chiamata di Dio la nostra
risposta può essere a volte contraddittoria, poniamo degli ostacoli:
lo abbiamo visto nel racconto della vocazione di Geremia (“Ahimè,
Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo”
Ger 1,6) e forse meglio ancora lo vedremo nell’incontrare la figura di
Giona; ma Dio ci spinge, ci dà forza, perché il profeta è
chiamato “per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere,
per costruire e per piantare” (Ger 1, 10).
Caratteristiche della
funzione del profeta Vorrei proporvi attraverso un elenco delle
caratteristiche della funzione profetica un piccolo esame di coscienza
(eventualmente da condividere nei gruppi) per cogliere quanto siamo profeti
nella nostra vita.
Alla base della chiamata del profeta c’è
l’immediata esperienza con Dio stesso; ogni profeta è in rapporto
sempre personale e quindi immediato con Dio; ciò rende il messaggio
nuovo, vivo ed attuale.
Il profeta è chiamato a guardare
cioè ad avere gli occhi fissi sulla realtà, sulla storia,
per interpretarla, per spiegarla alla luce di Dio; al guardare segue il
parlare
che è annuncio del messaggio di Dio e denuncia delle mancanze e
del peccato dell’uomo.
Il ministero profetico è la voce di Dio
che risuona alta, forte, incisiva per far sentire il giudizio di Dio; pertanto
i profeti sono la memoria continua e sempre operante della storia dove
Dio continuamente opera.
Il profeta vuole riportare il popolo a Dio perché
ciò che conta è l’incontro personale con Dio; per cui l’annuncio
del profeta si incentra sull’amore, sulla conoscenza di Dio; il culto stesso
è giustificato nella misura in cui esso è il luogo della
ricerca e dell’incontro con Dio.
La predicazione dei profeti si caratterizza per
il carattere sociale dei suoi annunci: il giusto rapporto con Dio trova
la sua pienezza nel giusto rapporto con il prossimo; quindi i profeti sono
uomini capaci di schierarsi dalla parte del più debole e del povero,
diventando così fortemente critici dell’ordinamento sociale costituito.
Occorre purificare il rapporto con Dio e mettere in pratica le sue leggi
con giustizia e diritto. Il profeta è coscienza critica della comunità
perché le rende possibile l’intelligenza del presente e perciò
stesso la apre all’intelligenza del futuro.
Il messaggio profetico, al di là del semplice
avveramento di ciò che viene profetizzato, ha quindi le seguenti
caratteristiche:
• l’annuncio dei progetti di giustizia e
di bene di Dio;
• il pieno inserimento del messaggio profetico
nel cuore dell’uomo e dei suoi problemi;
• l’universalità del disegno salvifico
di Dio:
• il carattere di storicità e di concretezza
del messaggio profetico;La profezia oggi è
testimonianza Se è vero che la profezia non ha come
diretta prospettiva il futuro, è anche vero che essa si spegne ogni
qualvolta la Chiesa, la comunità cristiana è soddisfatta
del suo presente; tutte le volte che si identifica in modo assoluto con
il regno, con il potere di questo mondo, perdendo ogni tensione escatologica
(verso il Regno di Dio) e missionaria, e di conseguenza la sua valenza
di segno per l’uomo e la società.
Scriveva Giovanni Paolo II: “La
Chiesa è chiamata a dare la sua testimonianza a Cristo assumendo
posizioni coraggiose e profetiche di fronte alla corruzione del potere
politico ed economico; non cercando essa stessa gloria e beni materiali;
usando dei suoi beni per il servizio dei più poveri ed imitando
la semplicità di vita del Cristo”
[3], aggiungendo poi che tale umiltà “rivolta
innanzitutto verso se stessi, […] si traduce nella capacità di un
esame di coscienza a livello personale e comunitario, per correggere nei
propri comportamenti quanto è anti-evangelico e sfigura il volto
di Cristo” [3].
L’azione profetica del cristiano non consiste
solo in un annuncio teorico delle idee del vangelo; essere profeti è
più di una ripetizione di un annuncio, è farsi annuncio.
Il vangelo non si riduce ad un annuncio, ma consiste nel vivere la storia
sul modello di Cristo, nel far sì che il vangelo diventi in certo
modo la nostra vita. Proprio per questo la profezia è il tratto
costitutivo della nuova comunità, il fatto che ora a tutti e senza
distinzioni di classe, sesso, condizione sociale è stato effuso
lo spirito profetico e poiché “la testimonianza di Gesù
è lo spirito di profezia” (Ap 19,10) nessuno dei credenti
ne è escluso, per cui la parola del profeta è ormai parola
di testimonianza.
Il nostro cammino Eccoci qua pronti a muovere i nostri primi
passi incontro ai profeti; chiaramente non sarà possibile analizzare
tutto e tutti i profeti, per cui abbiamo fatto una selezione secondo questo
schema:
Il profeta: uomo che vive nel rapporto personale
con Dio che si sente amato (Osea)
Il profeta: uomo chiamato alla conversione e
che invita il popolo alla conversione (Giona)
Il profeta: uomo coscienza critica della società
in cui vive (Amos)
Il profeta: uomo che vive secondo lo Spirito
di Dio (Ezechiele)
Non ci resta quindi che compiere il primo passo,
quello forse più difficile, un passo alla sequela dei profeti per
rendere la nostra vita più vera secondo la logica di Dio; buon cammino
di conversione!
Lettura
dal libro del Profeta Geremia
Geremia - Capitolo 1
[1]Parole di Geremia figlio di Chelkia,
uno dei sacerdoti che dimoravano in Anatòt, nel territorio di Beniamino. [2]A lui fu rivolta la parola
del Signore al tempo di Giosia figlio di Amon, re di Giuda, l'anno decimoterzo
del suo regno, [3]e quindi anche al tempo di
Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, fino alla fine dell'anno
undecimo di Sedecìa figlio di Giosìa, re di Giuda, cioè
fino alla deportazione di Gerusalemme avvenuta nel quinto mese. [4]Mi fu rivolta la parola del
Signore: [5]«Prima di formarti
nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo
consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». [6]Risposi: «Ahimè,
Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane». [7]Ma il Signore mi disse: «Non
dire: Sono giovane, ma và da coloro a cui ti manderò e annunzia
ciò che io ti ordinerò. [8]Non temerli, perché
io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. [9]Il Signore stese la mano,
mi toccò la bocca e il Signore mi disse: «Ecco, ti metto le
mie parole sulla bocca. [10]Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere
e abbattere, per edificare e piantare».
Note
«Lo Spirito del Signore
è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri;
mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero
della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, per
proclamare l'anno di grazia del Signore». (Lc 4,18-19)
S. Giovanni Crisostomo (commento
alla seconda lettera ai Corinti di S.Paolo. omelia IV,7)
Redemptoris Missio. Lettera enciclica
di Giovanni Paolo II circa la validità del mandato missionario n°43