Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi

Traccia di riflessione per la Preghiera di Comunità Una di giovedì 28 aprile 2005

(letture della VI domenica di Pasqua, anno A)

All’inizio della preghiera abbiamo invocato lo Spirito – vieni Spirito! –

La liturgia di questa domenica segna una sorta di Avvento, un tempo di attesa dello Spirito, una preparazione alla Pentecoste. Lo Spirito è la figura centrale di questa liturgia, e sicuramente le predicazioni di domenica saranno tutte incentrate su di esso. Per questo non mi ci voglio soffermare tanto, ma siccome lo Spirito è troppo importante per la nostra vita, voglio dare ugualmente dei brevi spunti di riflessione, prima di passare alla parte centrale della mia condivisione.
 

Prepararci a ricevere lo Spirito vuol dire prima di tutto renderci conto che ne abbiamo bisogno, desiderarlo, arrivare a invocarlo, a gridare “vieni Spirito!”. Senza lo Spirito non si va lontani. Anche gli Apostoli, che pure avevano seguito Gesù per tre anni, che avevano aderito alla sua dottrina, sono rimasti chiusi e limitati finché non era sceso su di loro lo Spirito Santo. Poi, con la Pentecoste, tutto diventa chiaro e possono dire “ah, ecco, ora sì che capisco cosa ci voleva dire il Maestro!”, e hanno acquistato tutto un altro modo di agire, il coraggio di evangelizzare, il potere di guarire.
 

Anche noi, nella nostra vita, sperimentiamo spesso la difficoltà di vedere la nostra strada, di saper decidere, di trovare il coraggio di buttarci in impegni di servizio e di amore, di saper uscire dalla mediocrità del nostro essere persone ammodo, per diventare persone che amano. Abbiamo paura di sbagliare, di rimetterci, di fare la figura dei fessi. È lo Spirito che ci dà discernimento e coraggio, lo Spirito Consolatore che ci dà la pace del cuore, la serenità, la speranza, la gioia.
 

E qui si aprirebbe davvero un lungo discorso. Parlare di Spirito è anche parlare di spiritualità, fare crescere il nostro spirito, far lavorare lo Spirito di Dio dentro di noi. Far crescere il nostro spirito, farlo diventare agile, scattante, forte, vivace, e non rattrappito, anchilosato, stanco, impigrito. Maturare una vita in cui il nostro spirito canta, danza, corre, magari anche suda e fa fatica, come suda e fa fatica un atleta o un alpinista, ma che poi è profondamente felice di quello che è e che fa. Far crescere il nostro spirito è ascoltare la voce dello Spirito di Dio dentro di noi. Da qui il secondo invito alla riflessione individuale: quanto lascio lavorare lo Spirito dentro di me? quanto cerco di ascoltare la sua voce o quanto la soffoco?
 

Chi soffoca la voce dello Spirito si ritrova triste e solo. I miti che spesso inseguiamo, anche senza rendercene bene conto, non sono in grado di darci la vera gioia. Il successo, la carriera, il benessere fine a se stesso, il prestigio, il potere nel mio piccolo ambiente, il divertimento, i soldi ... sono illusioni. Chi li vuole ottenere deve scendere a compromessi con la propria coscienza, scontrarsi con altri, mettere l’amore in secondo piano, sgomitare, e soffoca la voce dello Spirito. Chi invece ascolta la voce dello Spirito, non si preoccupa più delle apparenze, della riuscita a tutti i costi, e non è più solo, perché vive in unione con Dio. La nostra vita prende un’altra piega, il nostro cuore vive un’altra dimensione di pace e di gioia, ogni nostro gesto prende un altro sapore e un altro significato davanti a Dio. Se capisco questo, se comincio ad assaporare la gioia della vita dello Spirito in me, farò in modo di dare uno spazio crescente all’ascolto della voce dello Spirito e uno spazio sempre più ridotto all’ascolto dello schiamazzo delle idee del mondo.

Ma vorrei ora soffermarmi un pochino di più su alcune parole della lettera di Pietro: “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Parole belle, ma forse anche un po’ difficili. Parole che ci invitano ad una riflessione comunitaria e individuale.

Pietro ci invita prima di tutto ad avere speranza, ci parla, in sostanza, di una promessa di un futuro racchiusa nei nostri cuori e basata sulla fede in Nostro Signore Gesù Cristo, morto e risorto. … e questo ci incoraggia …

Ma Pietro ci invita anche a testimoniare questa speranza … e questo può non essere affatto facile.

Davanti alle tante cose brutte della vita, alle cose brutte che succedono nel mondo, di solito la gente non dimostra tanta speranza, e anche noi vacilliamo parecchio. È facile cadere nella tentazione di chiudere la porta e di lamentarsi di come va il mondo, come faccio io quando mi dico che non voglio guardare il telegiornale perché tanto le cose vanno storte e la stupidità del mondo non fa che crescere. Ci lamentiamo e diamo la colpa di tutti i mali alla società. Figuriamoci se ci riesce facile testimoniare la nostra speranza! Abbiamo paura di essere presi in giro, di essere considerati gente che cammina sulle nuvole.

In realtà, questa nostra società continua ad avere bisogno di una speranza per la vita. Certo, questo bisogno spesso si manifesta in modo confuso ed ambiguo, cercando risposte immediate ed effimere. E tuttavia questa nostra società ha comunque bisogno di una speranza, di un respiro più grande, di una prospettiva più aperta: ha bisogno di una speranza per guardare al futuro senza paure ed affanni.

A questo bisogno sono le persone di fede che possono indicare un cammino possibile di speranza. E noi cristiani, e noi Comunità Una, dobbiamo sentirlo come un impegno serio verso il mondo, verso i vicini di casa, verso i ragazzini che seguiamo e i loro genitori, verso il quartiere o l’ambiente di lavoro. Riusciamo a farlo appunto rendendo ragione della speranza che è in noi. Naturalmente dobbiamo farlo "con dolcezza e rispetto", senza atteggiamenti di superiorità e senza integralismi. Eppure "dobbiamo" farlo, vincendo il risentimento e l'ostilità nei confronti del mondo di oggi.

Il mondo ha un’opinione bassa di Dio, eppure c’è in giro sete di verità, di armonia, di luce, di bellezza. Allora, se per noi l’incontro con Dio è stato la scoperta di un Padre che ci ama, se l’incontro con Dio è per noi una cosa grande, perché non parlarne in giro? Se noi crediamo che la resurrezione di Gesù non è stato un numero da circo e che invece ha implicazioni reali sulla nostra vita, diciamolo! La nostra celebrazione di un Dio che muore e risorge deve essere per noi la festa della vita che si fa strada ovunque, anche quando non sembra esserci più alcuna speranza di vita. Se Cristo è risorto, allora forse, fosse anche tra migliaia di anni, davvero si cominceranno a forgiare le spade in vomeri e le lance in falci. Testimoniamo intorno a noi questa speranza che la morte non prevarrà sulla vita, che il bene vincerà sul male!
 

E, come ultima parte, mi sembra importante cercare di passare dalla teoria al concreto, dalla lezione all’esercitazione, cioè cercare di condividere la mia speranza e la sua ragione.

Qual è la mia speranza? La mia speranza per il mondo è una speranza lontana, proiettata nel futuro. È la certezza che il bene si farà strada pian piano, che i movimenti di sensibilizzazione e di lotta per la vita, contro la pena di morte, per la giustizia sociale, per venire incontro ai popoli più poveri e disgraziati e per far cessare ogni sfruttamento, per fermare ogni tipo di guerra, prima o poi cominceranno a incidere seriamente sulla nostra società, e che quindi noi non ci dobbiamo scoraggiare, non dobbiamo rinunciare a impegnarci. È la speranza che l’uomo riuscirà a non autodistruggersi, ma imparerà una convivenza più umana, anche se mai al 100%.

La mia speranza per me è che il Signore non mi lascerà mai solo, non mi abbandonerà alle mie negatività. È che Dio mi accompagnerà nella mia vecchiaia a scoprire sempre le cose belle che ogni giorno mi darà. È che mi farà arrivare ai miei ultimi giorni pieno di paura, certo, ma fiducioso e abbandonato nelle sue braccia, come ho visto fare ai miei fratelli, da Gianni a Roberto.

E la ragione della mia speranza sta in quell’uomo chiamato Gesù, nelle sue parole, nelle sue promesse. Gesù faceva cose grandi cose che, come diceva il cieco nato, non si è mai sentito che uno possa fare senza venire da Dio. Per questo credo alla sua parola. E nei Vangeli e nella Bibbia ho trovato molti puntelli alla mia speranza.

Ricordo quella volta, nell’autunno dell’83, che mi ero seduto a metà chiesa, sulla destra del corridoio, per la Preghiera del giovedì. Ero in un momento di profonda difficoltà personale. E mi sono venute spontanee alle labbra le parole di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”. Ho sentito in maniera fortissima che allontanarmi dal Signore mi avrebbe fatto rinunciare alla vita vera. E il Signore, dopo qualche settimana, mentre ero dietro l’altare alla messa delle cresime, mi ha fatto vedere dove sbagliavo e trovare la forza di cambiare.

E ci sono tanti altri puntelli, frasi di Gesù, frasi della Bibbia, episodi del Vangelo. Ne ricordo qui qualcuno.

Nel Vangelo di Giovanni: “Chi ha sete venga a me e beva”. Ho sete Signore, e tu mi prometti di dissetarmi.

E nel vangelo di Matteo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”. Caspita se alle volte mi sento stanco e oppresso, ma tu mi ristori, mi rinfranchi.

E quel salmo che dice: “Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere”. Tu, o Dio, sai come sono fatto, sai che sono debole, e anche se a volte mi allontano da te, tu mi dai sempre la possibilità di rimettermi in cammino.

E ancora nel Vangelo di Giovanni: “… e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Troppo bella questa rassicurazione di Gesù: nessuno, nessuno, potrà mai rapirmi dalle sue mani!

E infine quel passo del Vangelo di Luca che dice: Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”. Grazie Signore, perché posso stare sicuro che tu mi manderai lo Spirito che ti chiedo, e quando ho il tuo Spirito tutto il resto è in aggiunta.