giovedì 27 febbraio 2014

Sacrosanctum Concilium


 
5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:

Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,un corpo invece mi hai preparato.
6Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
7Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà. 

8Dopo aver detto prima: "non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato", cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: "Ecco, io vengo a fare la tua volontà". Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.

(Lettera agli Ebrei 10, 5-10).

Cristo è presente nella liturgia (S.C.7)

Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, «offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che, quando uno battezza, è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (Mt 18,20). Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l'invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.

Nella prima costituzione conciliare, quella sulla Liturgia, la ‘Sacrosanctum Concilium' (S.C.), più volte viene ripreso il tema, soprattutto in termini pratici, della partecipazione dei fedeli al culto pubblico, liturgico, della Chiesa. Al paragrafo settimo si afferma, come abbiamo letto, che Cristo, sempre presente nella sua Chiesa, lo è specialmente nelle azioni liturgiche, a tal modo che la liturgia è considerata come l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù, opera di Cristo e del suo Corpo mistico, la Chiesa.

La partecipazione attiva dei fedeli, viene richiamata più volte, sia come fine da raggiungere che come meta per la celebrazione della Messa [1].

E’ nel paragrafo quarantottesimo che viene sottolineata la funzione sacerdotale dei fedeli che: «rendano grazie a Dio offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui imparino ad offrire se stessi….» [2].

E’ ancora al paragrafo trentunesimo della L.G. (Lumen Gentium) che i fedeli laici vengono considerati partecipi della triplice funzione di Cristo, re, sacerdote e profeta, in quanto a Lui incorporati col battesimo e costituiti Popolo di Dio: «…i fedeli, cioè, che dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano».

Come il cristiano partecipa al sacerdozio di Cristo? 

A questa domanda aiuta a rispondere la teologia, la quale afferma che mediante il battesimo, la persona diventa membro di Cristo e quindi partecipe delle sue tre prerogative di Sacerdote, Profeta e Re.

Il battesimo incorpora i fedeli alla Chiesa, per il segno indelebile, che secondo la dottrina della fede è impresso nell’anima, il carattere.[3] Per mezzo di esso il battezzato è abilitato al culto. S. Tommaso precisa che il carattere battesimale conferisce un potere che rende capace l’uomo di ricevere i riti sacri.[4]

S. Tommaso precisa che con la cresima il sacerdozio comune dei fedeli è perfezionato in tal modo da rendere il cresimato capace di professare pubblicamente la fede, quasi per un incarico ufficiale (quasi ex officio). [5]

Il momento rituale durante il quale la persona viene resa partecipe del sacerdozio di Cristo è l’unzione crismale.[6] San Pier Damiani afferma: «siamo chiamati sacerdoti perché unti con l’unzione del crisma» [7]

Il soggetto della liturgia è ‘l’Ecclesia, la comunità cristiana; il Concilio Vaticano II afferma che: «la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena ed attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucarestia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri» [8]

Al paragrafo settimo dell’Introduzione al Messale Romano, promulgato da Papa Paolo VI, leggiamo: «[…] Cristo è realmente presente nell’assemblea dei fedeli riunita nel suo nome, nella persona del ministro, nella sua Parola e in modo sostanziale e permanente sotto le specie eucaristiche»

Questo nuovo Popolo sacerdotale, la Chiesa, quindi noi, ha come culmine del suo essere 'Popolo offerto' o 'comunità orante' la Messa, dove insieme al Ministro Ordinato, il prete, che presiede, celebra il memoriale del Signore, il sacrificio eucaristico. Noi popolo radunato e celebrante siamo inseriti nella forza del mistero: agiamo ‘con’ e prendiamo ‘parte’ a questa presenza del Signore crocifisso e Risorto, fondamento della celebrazione. [9]

Dopo la riscoperta, avvenuta col Concilio Vaticano II, della sacerdotalità fondamentale di noi laici, abbiamo una comunità cultuale non più bipolare: prete che fa e popolo che assiste, ma l’assemblea come luogo della presenza del Cristo[10], segno visibile della Chiesa, che fa memoriale dell’Ultima Cena secondo il comando di Gesù.

Ognuno di noi partecipa dell’offerta del Cristo nell’Eucaristia, unendo se stesso, per dono di Dio e non per propri meriti personali, all’Unico Sacrificio. L’apporto storico, concreto, personale di ognuno è accolto (simbolicamente, nell’offerta dei doni pane e vino) e consegnato a Cristo: nella celebrazione entra a far parte della Storia della Salvezza passata, presente e futura; offerta e trasformazione cosmologica: la terra, i suoi frutti, l'uomo, noi siamo offerti al Padre nel Cristo, che nella Comunione ci viene ridonato; è un cerchio che si chiude: è una 'preghiera'cosmica che si ripete ogni volta nel Cristo offerto al e dal Padre.

Il soggetto della liturgia è ‘l’Ecclesia’, la comunità cristiana

Come abbiamo visto sopra, Papa Paolo VI nel settimo paragrafo dell’Introduzione al Messale Romano, afferma:« […] Cristo è realmente presente nell’assemblea dei fedeli riunita nel suo nome, nella persona del ministro, nella sua Parola e in modo sostanziale e permanente sotto le specie eucaristiche».

Il 3 aprile 1969, giovedì della Cena del Signore, Papa Paolo VI firmava la costituzione apostolica con cui promulgava il Messale Romano riformato a norma del Concilio Ecumenico Vaticano II. Inoltre viene sottolineato che: «La celebrazione dell’Eucarestia è […] azione di tutta la Chiesa; in essa ciascuno compie soltanto, ma integralmente, quello che gli compete, tenuto conto del posto che egli occupa nel popolo di Dio…. [....] popolo che, in Cristo, rende grazie per il mistero della salvezza, offrendo il suo sacrificio….». [11]

Il capitolo secondo del PNMR (Principi e Norme per l'uso del Messale Romano) al paragrafo quattordicesimo sottolinea quanto sopra evidenziato: «Poiché la celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere “comunitario”, grande rilievo assumono i dialoghi tra il celebrante e l’assemblea dei fedeli e le acclamazioni [12]

L’analisi dei testi, il commento teologico pastorale dell’introduzione al Messale stesso, hanno fatto emergere che la Chiesa, ‘Comunità dei fedeli ’ , celebra l’eucaristia: la forma dialogica, i verbi al plurale, il popolo santo sempre richiamato come compartecipe all’offerta del pane e del vino sacramento del Cristo, morto e risorto.

La celebrazione dell’Eucaristia è infatti azione di tutta la Chiesa; popolo di Dio, «..popolo, che in Cristo, rende grazie per il mistero della salvezza, offrendo il suo sacrificio….». [13]

Paolo VI nella Costituzione Apostolica con cui promulga l’Ufficio Divino secondo il Concilio Vaticano II , al paragrafo ottavo, afferma anche che: «l’intera vita dei fedeli […..] attraverso le singole ore del giorno e della notte, è quasi una ‘leitourgia’, mediante la quale essi si dedicano in servizio di amore a Dio e agli uomini, aderendo all’azione di Cristo che con la sua dimora tra noi e con l’offerta di se stesso, ha santificato la vita di tutti gli uomini.»

L’offerta eucaristica, memoriale della morte e resurrezione del Cristo, è estesa a tutte le ore della giornata dalla Liturgia delle Ore; anche noi laici siamo invitati a compiere la missione della Chiesa, celebrandone qualche parte. [14] Questa santificazione della giornata, offerta al Padre nel Cristo, si basa sulle parole di Gesù alla Samaritana: «E’ giunto il momento ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità». (Gv.4, 23). Come si vede in tutta la liturgia della Chiesa e non solo nella Messa è presente l’aspetto sacerdotale del Popolo di Dio, fondato sull’incorporazione a Cristo col Battesimo.




Note
[1] cfr.S.C. nn.27;30;31.
[2] Cfr. ibidem nn.50;53;54;63;100.

[3] Conc. Trid. D.S. 1609
[4] Nella Summa, alla quaestio 63 art.3, afferma: «….Il carattere è in senso proprio il contrassegno col quale si deputa una cosa data a un compito specifico….ora sono due i compiti a cui possono essere deputati i fedeli. … [....] …il secondo compito di ogni fedele è di ricevere per sé e di comunicare agli altri le cose riguardanti il culto di Dio…. Ma tutto il culto nella religione cristiana deriva dal sacerdozio di Cristo. E’ chiaro quindi che il carattere sacramentale è specificamente carattere di Cristo, del cui sacerdozio i fedeli vengono resi partecipi in forza di questi caratteri sacramentali, i quali altro non sono se non delle partecipazioni al sacerdozio di Cristo, derivanti da Cristo medesimo»
[5] S. Tommaso, Summa Theologica, III, 72, 5, ed 2 ; cfr. CCC 1305
[6] «Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, vi ha liberato dal peccato e vi ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo, unendovi al suo popolo; egli stesso vi consacra col crisma di salvezza, perché inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta, siate sempre membra del suo corpo per la Vita eterna.Amen», ( Preghiera dell’unzione crismale durante il Rito del battesimo).
[7] S. P. DAMIANI, Sermo XXXI,in PL 144,671
[8] S.C. n. 41; cfr. S. C.n. 48
[9] Cfr. Meneghetti A., I laici fanno liturgia, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo, 1989
[10] cfr. Principi e Norme per l’uso del Messale Romano n. 7.
[11] cfr. S.C: n.11
[12] cfr. S.C. n. 30
[13] cfr. S.C: n.11
[14] Cfr. Principi e Norme per la Liturgia delle Ore.