Traccia per la predicazione - Gruppo Fuoco
giovedi` 21 febbraio 2002
(letture della II domenica di Quaresima, anno A)


 

La Trasfigurazione viene celebrata normalmente a inizio agostogiusto quando siamo a Sambuco al campo, tant’e` vero che al campo ci da’ motivo per dirci “sarebbe tanto bello restare qui, ma bisogna tornare a valle e vivere il messaggio di Cristo nella vita quotidiana”. Quest’anno l’episodio della Trasfigurazione e` inserito dalla Chiesa anche all’inizio della Quaresima. La Quaresima e` un tempo di preparazione, di “ascesi”, come diceva don Michele domenica scorsa, ossia di salita, come verso la cima di una montagna.

Un punto importante di questo episodio e` il risuono della voce di Dio: “questo e` il mio Figlio ... ascoltatelo!”. L’ascolto della parola di Gesu` diventa l’invito per questo periodo.
 

Riflettevo pero` che tutti sperimentiamo ogni giorno la difficolta` di “ascoltare” la parola di Dio. E` come quella pubblicita` degli apparecchi acustici:  “sento i suoni ma non capisco le parole”. Oppure capiamo le parole ma non il loro significato preciso. Ovvero capiamo le idee ma ci restano estranee. Siamo dei cittadini a cui hanno raccontato che salire sul Monte Rosa ti lascia affascinato; ci crediamo, ma non sappiamo in realta` cosa voglia dire. Siamo dei ragazzini a cui hanno raccontato che l’amore per una donna ti fa battere il cuore e ti fa galleggiare a mezz’aria. Ci crediamo, ma pensiamo che intanto e` meglio giocare a pallone.  Conosciamo le idee astrattamente, ma non siamo arrivati ad esclamare “Ah, ecco!”. Per questo facciamo fatica a vivere nel quotidiano secondo i precetti di amore che a parole conosciamo a memoria.
 

Penso che sia per questo motivo, per aiutare a superare queste difficoltà di comprensione, che Gesu` fa fare a tre discepoli quest’esperienza unica. Uno sguardo al suo volto luminoso. Come avere un flash in 3D della vista dal Castore, il cielo quasi nero, l’aria rarefatta. Come la prima esperienza dello sguardo di una ragazzina che ti resta nel cuore per tutta la vita. C’e` bisogno, per il cuore umano, di una percezione piu` diretta delle cose, e figuriamoci se non della parola di Dio.
 

Sto leggendo in questi giorni un libro di Carlo Carretto: “Ho cercato e ho trovato”, dell’83. Carretto parla di come Dio prima lo intuisci nella creazione, poi la ragione ti aiuta a scoprire una certa logica, sforzandoti di dare un significato a tutto il Reale che ci circonda. Poi pero` la ragione ti imbroglia, con la sua limitatezza e la voglia orgogliosa di saperla lunga. Allora, dice Carretto, la devi mettere da parte,e devi abbandonarti all’esperienza diretta della contemplazione. Gia` quando avevo letto Carretto da giovane questo tipo di affermazioni mi sconvolgeva. 
 

Come si arriva a percepire Dio? L’antifona di questa domenica riporta questi versi del salmo: Di te dice il mio cuore: << Cercate il suo volto >>.  Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto.   Tutti vorremmo “vedere il volto di Dio”, per non dover camminare solo sulla fiducia di quello che ci hanno raccontato altri, ma quest’esperienza sembra riservata solo a poche persone come i tre apostoli di questo brano. Eppure a tutti, di quando in quando, e` capitato di avere dei barlumi, di avere delle percezioni dirette della verita` della parola di Dio, di sentirsi come avvolti dall’amore di Dio. Per me era cosi` alle volte, da giovane, nel momento di silenzio dopo l’eucarestia. E piu` di recente e` stata qualche esperienza di preghiera. Come a Taize`, quando ti avvii per uscire e ti soffermi in un piccolo inchino a salutare il Signore. Allora ti senti avvolto dal silenzio, la testa smette di far rumore ... ti senti alla presenza di Dio ... il cuore dice, senza parole, “lo so Signore che tu sei qui”...

Come si fa a vedere il volto di Dio? Come si fa a sentire la sua voce? Come si fa a percepire in maniera viva la verita` della parola di Gesu`? Gesu` gia` aveva detto “beati i puri di cuore, perche` vedranno Dio”Questo mi sembra debba essere il punto principale della riflessione di stasera. Ed e` un messaggio che ci arriva non solo dal Cristo. L’estate scorsa io e Barbara abbiamo partecipato a Viareggio al Ratha Yatra, la festa annuale degli Hare Krishna. Abbiamo tirato il carro sacro, abbiamo suonato i meditation bell e cantato il mahamantra. E dopo la cena vegetariana abbiamo assistito allo spettacolo, preceduto da una catechesi del maestro venuto dall’India. E il succo della catechesi era la necessita` di togliere la crosta attorno al cuore, per entrare in sintonia con Dio. Per vedere Dio non bisogna fare niente, bisogna solo disfare
 

Uno dei canti di Taize` che mi piacciono di piu` dice “Jesus le Christ, lumiere interieure, ne laisse pas mes tenebres me parler, Jesus le Christ, lumiere interieure, donne moi d’accueilir ton amour”. “Gesu` Cristo, luce interiore, non lasciare che le mie tenebre mi parlino; Gesu` Cristo, luce interiore, fammi accogliere il tuo amore”.
 

Quali sono le mie tenebre che mi impediscono di accogliere l’amore di Dio, di vedere il suo volto, di ascoltare Gesu`, la Parola che parla alla mia vita? 

Le mie tenebre. Questo e` il punto. Non serve a niente, per il cammino di questa Quaresima, fare delle rinunce. Quando si combatte qualcosa le si da` un potere pari a quello impiegato per combatterla, ci ribadisce Tony De Mello. Quello che serve e` capire, capire che quella cosa che voglio combattere e` una scemata, disfarmi delle croste, diradare le tenebre che non mi fanno vedere la luce.
 

Le mie tenebre che mi parlano. Mi sono venute a mente tante di quelle cose ...
 

Quando resto arrabbiato per i torti subiti. Dovevo far carriera e invece sono andato all’indietro. E li`, cova rabbia. E rancore. Senza accorgermene, mi ero detto: “se faccio carriera sono felice”. Non l’ho fatta, e allora, per essere coerente, devo essere infelice. Mi hanno sempre detto: “devi riuscire nella vita, fare strada, soldi, senno` sei un fallito”. E io ci ho creduto, e ora sono depresso, e ascolto la mia depressione. E come faccio, con questa rabbia dentro, che anche quando non ci penso mi rode piano piano, a capire che l’imperativo “devi riuscire nella vita” era tutta una grandissima stupidaggine? Che quello che conta e` la ricchezza della mia vita spirituale, e` la gioia interiore? Se do` ascolto alle voci che mi dicono che bisogna essere OK, essere invidiati, essere considerati belli, o intelligenti, o istruiti, come faccio a credere nelle parole di Gesu`: “beati i poveri, beati gli umili”? Se Gesu` avesse dato importanza all’essere OK sarebbe stato come uno dei tanti notabili del tempo, e non ci avrebbe lasciato assolutamente niente. OK, ma niente.
 

Le mie idee distorte sull’amore e le mie delusioni sugli altri: “se tu mi amassi faresti ... credevo che tu fossi diverso ... mi aspettavo di piu` da te”. Sono scemo io, mi ero illuso che quest’altra persona fosse superiore alle debolezze di tutti. E invece era come gli altri, come me. E la mia delusione non mi fa vedere che ero io ad aver messo troppe aspettative, che io, che dico di amare l’altro, in realta` volevo cose per me. E come faccio a vedere che anche lei/lui ha bisogno del mio amore per superare le sue, di delusioni? Come faccio, se do` ascolto alle tenebre della mia delusione, a percepire la bellezza di saper perdonare, il calore nel cuore di quando ristabilisco un rapporto incrinato facendo magari io il primo passo?
 

Quando ho ragione e voglio che la mia ragione sia evidente a tutti. La cosa piu` importante e` avere ragione. E se ho ragione non posso accettare che l’altro non lo ammetta. “Non mi curo, cosi` ti faccio vedere che la mia e` una malattia seria e non una scemata come dicevi tu! beccati questo!”. Piuttosto mi ammalo, ma devo far vedere che avevo ragione. Arrivo perfino ad insultare una persona che amo perche` io dico che la amo e quella dice che non lo vede e io glie lo voglio dimostrare a tutti i costi. Ma la amo? O e` il mio orgoglio che mi parla? E come faro` a vedere le difficolta` dell’altro, se quello che conta per me e` avere ragione?
 

Le etichette che appiccico ad ogni essere e ad ogni gruppo. Quelli li` sono borghesi, sono intellettuali, sono comunisti, sono cafoni, sono incivili. Li ho catalogati, non hanno piu` niente da dirmi. Come quel bimbo, raccontato sempre da De Mello, - “guarda l’uccellino, e` un passerotto” - e la volta dopo: “guarda, un passerotto!” - e lui: “ah, si`, lo conosco gia`, mi e` venuto a noia”.  La nostra fissazione di classificare tutto ci impedisce di vedere. Quando abbiamo dato un nome alle cose non siamo piu` capaci di vedere.  In Africa si sparano tra di loro: “vabbe`, ma sono incivili”, come se la loro diversa civilta` li rendesse immuni dal morire, dal soffrire le invalidita`, o di restare vedove o orfani. C’e` una preghiera per la pace, ma l’ha organizzata un prete rosso. Chissa` cosa vuol dire che e` “rosso”? Ha fatto una bella predica sul perdono, ma e` un prete e quelle cose le deve dire. ... come dire che le cose che Gesu` ha detto le ha dette perche` le “doveva” dire perche` era un Dio, e la sua parte non gli lasciava spazio per dire altro ...
 

I ricordi del passato, anche quelli belli, mi impediscono spesso di cogliere le gioie del momento presente, e diventano allora tenebre. “Com’era bello quando ...”, e non vedo le cose belle di ora.

Cosi` come i sogni per il futuro: “saro` felice quando mi sposo” e poi “quando avro` un figlio”, e poi “quando vado in pensione” e poi ... arrivo alla fine dei miei giorni e la felicita` l’ho sempre messa un po’ piu` in la` e non ho visto che era giusto intorno a me.
 

Oppure quando voglio che cambi il resto del mondo. Parlo con quel tale e lui mi innervosisce perche` parla sempre di problemi. E` un rompiscatole. Deve cambiare. O forse e` perche` mi mette in discussione? Forse perche` nel mio subconscio capisco che dovrei prestargli ascolto? Mi innervosisce, e non vedo altro. Se mi sforzassi un po’ di osservarmi con distacco mentre parlo con lui, forse capirei quali sono le mie paure che mi fanno innervosire. Capirei che la sorgente del nervoso non e` lui, ma e` dentro di me, nel mio timore di turbare l’ordine che mi sono fatto.Vorrei stare bene cambiando le cose fuori, le persone fuori, e invece la sorgente del mio disagio e` dentro, nelle mie idee storte che non metto mai in discussione, e che magari non sono neppure mie, ma me le sono bevute dalla cultura del mio ambiente e della mia famiglia senza neppure rendermene conto.
 

Ma forse la cosa peggiore e` quando mi accorgo dei miei peccati, delle mie debolezze, e mi perdo a dirmi “come sono cattivo”, “se fossi un vero cristiano farei ...”, e giu` a fare una testa cosi` al Signore sui miei peccati.... e parlo io, e parlo io, e non sento le sue parole di amore e di perdono. Mi concentro sugli errori passati e sulle mie debolezze presenti, e non guardo avanti. Preferisco guardare le mie tenebre, anche per condannarle, piuttosto che guardare agli spiragli di luce. Il fatto e` che io mi identifico con le mie tenebre. “Io sono cosi`”. E invece e` l’ora di capire che il mio vero io e` qualcosa di piu` profondo, che io NON sono le mie debolezze, le mie tensioni, le mie depressioni, le mie rabbie. Quelle sono cose fuori di me, ovvero che sono dentro di me ma non fanno parte del mio vero essere. Non diciamo piu`: “sono depresso”, ma piuttosto “c’e` depressione”. Io non sono depresso, ma c’e` una depressione che, se la guardo con distacco, facilmente sparisce in poco tempo.
 

Per concludere, due note sugli apostoli in quest’episodio. Gli apostoli pochi giorni prima avevano sentito Gesu` parlare della sua prossima morte, e Pietro da lui si era sentito dire: “va’ lontano da me, satana!”. C’erano sicuramente delle tenebre. Pero` ora vedono Gesu` nella sua luce. I problemi svaniscono di colpo: “e` bello per noi stare qui”. Ora le tenebre non parlano piu`. Ora e` tutto chiaro. “ah, ecco!”.

La voce dal cielo li spaventa, ma Gesu` li rincuora: “alzatevi e non temete”. Non bisogna avere paura di incontrarsi con Dio, non bisogna avere paura di qualcosa di piu` grande di noi.

E infine Gesu` dice loro di non parlare dell’episodio. Ma vi immaginate cosa dovevano avere in cuore? Non pensate che gli si dovesse leggere qualcosa in faccia?
 

Credo che il nostro impegno oggi, come singoli e come Comunita`, sia proprio quello di cominciare a diradare le tenebre che ci impediscono di vedere, di smantellare le croste che ci impediscono di ascoltare, partendo dal cercare di vedere la realta` che ci circonda e quella dentro di noi, osservando il mondo e noi stessi in modo piu` distaccato.

E il nostro impegno sia allora quello di un rapporto piu` costante con la sorgente della luceE di aiutarci l’un l’altro a guardare di piu` alla luce e di ascoltare meno le tenebreIl nostro impegno come Comunita` sia quello di rendere piu` visibile, a noi stessi e agli altri, un barlume del volto di Dio.
 

Buon cammino.