La
Trasfigurazione viene celebrata normalmente a inizio agosto, giusto
quando siamo a Sambuco al campo, tant’e` vero che al campo ci da’ motivo
per dirci “sarebbe tanto bello restare qui, ma bisogna tornare a valle
e vivere il messaggio di Cristo nella vita quotidiana”.
Quest’anno l’episodio della Trasfigurazione e` inserito dalla Chiesa anche
all’inizio della Quaresima.
La Quaresima e` un tempo
di preparazione, di “ascesi”,
come diceva don Michele domenica scorsa, ossia
di salita, come verso la cima di una montagna.
Un
punto importante di questo episodio e` il risuono
della voce di Dio: “questo e` il mio Figlio ... ascoltatelo!”. L’ascolto
della parola di Gesu` diventa l’invito per questo periodo.
Riflettevo
pero` che tutti sperimentiamo ogni giorno la difficolta` di “ascoltare”
la parola di Dio. E` come quella pubblicita` degli apparecchi acustici:
“sento i suoni ma non capisco le parole”. Oppure capiamo le parole ma non
il loro significato preciso. Ovvero capiamo le idee ma ci restano estranee.
Siamo dei cittadini a cui hanno raccontato che salire sul Monte Rosa ti
lascia affascinato; ci crediamo, ma non sappiamo in realta` cosa voglia
dire. Siamo dei ragazzini a cui hanno raccontato che l’amore per una donna
ti fa battere il cuore e ti fa galleggiare a mezz’aria. Ci crediamo, ma
pensiamo che intanto e` meglio giocare a pallone. Conosciamo le
idee astrattamente, ma non siamo arrivati ad esclamare “Ah, ecco!”.
Per questo facciamo fatica a vivere nel quotidiano secondo i precetti di
amore che a parole conosciamo a memoria.
Penso
che sia per questo motivo, per aiutare a superare queste difficoltà
di comprensione, che Gesu` fa fare a tre discepoli quest’esperienza unica.
Uno
sguardo al suo volto luminoso. Come avere un flash in 3D della vista
dal Castore, il cielo quasi nero, l’aria rarefatta. Come la prima esperienza
dello sguardo di una ragazzina che ti resta nel cuore per tutta la vita. C’e`
bisogno, per il cuore umano, di una percezione piu` diretta delle cose,
e figuriamoci se non della parola di Dio.
Sto
leggendo in questi giorni un libro di Carlo Carretto: “Ho cercato e ho
trovato”, dell’83. Carretto parla di come Dio prima lo intuisci nella creazione,
poi la ragione ti aiuta a scoprire una certa logica, sforzandoti di dare
un significato a tutto il Reale che ci circonda. Poi pero` la ragione ti
imbroglia, con la sua limitatezza e la voglia orgogliosa di saperla lunga.
Allora, dice Carretto, la devi mettere da parte,e devi abbandonarti all’esperienza
diretta della contemplazione. Gia` quando avevo letto Carretto da giovane
questo tipo di affermazioni mi sconvolgeva.
Come
si arriva a percepire Dio? L’antifona di questa domenica riporta questi
versi del salmo: Di te dice il mio cuore: << Cercate il suo
volto >>. Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo
volto.
Tutti vorremmo “vedere il volto di Dio”,
per
non dover camminare solo sulla fiducia di quello che ci hanno raccontato
altri, ma quest’esperienza sembra riservata solo a poche persone come
i tre apostoli di questo brano. Eppure
a tutti, di quando in quando, e` capitato di avere dei barlumi, di avere
delle percezioni dirette della verita` della parola di Dio,
di sentirsi come avvolti dall’amore di Dio. Per me era cosi` alle volte,
da giovane, nel momento di silenzio dopo l’eucarestia. E piu` di recente
e` stata qualche esperienza di preghiera. Come a Taize`, quando ti avvii
per uscire e ti soffermi in un piccolo inchino a salutare il Signore. Allora
ti senti avvolto dal silenzio, la testa smette di far rumore ... ti senti
alla presenza di Dio ... il cuore dice, senza parole, “lo so Signore che
tu sei qui”...
Come si fa a vedere
il volto di Dio? Come si fa a sentire la sua voce? Come si fa a percepire
in maniera viva la verita` della parola di Gesu`? Gesu` gia` aveva
detto “beati i puri di cuore, perche` vedranno Dio”. Questo
mi sembra debba essere il punto principale della riflessione di stasera.
Ed e` un messaggio che ci arriva non solo dal Cristo. L’estate scorsa io
e Barbara abbiamo partecipato a Viareggio al Ratha Yatra, la festa annuale
degli Hare Krishna. Abbiamo tirato il carro sacro, abbiamo suonato i meditation
bell e cantato il mahamantra. E dopo la cena vegetariana abbiamo assistito
allo spettacolo, preceduto da una catechesi del maestro venuto dall’India.
E il succo della catechesi era la necessita` di togliere la crosta attorno
al cuore, per entrare in sintonia con Dio. Per
vedere Dio non bisogna fare niente, bisogna solo disfare.
Uno
dei canti di Taize` che mi piacciono di piu` dice “Jesus
le Christ, lumiere interieure, ne laisse pas mes tenebres me parler, Jesus
le Christ, lumiere interieure, donne moi d’accueilir ton amour”.
“Gesu` Cristo, luce interiore, non lasciare che le mie tenebre mi parlino;
Gesu` Cristo, luce interiore, fammi accogliere il tuo amore”.
Quali sono le
mie tenebre che mi impediscono di accogliere l’amore di Dio, di vedere
il suo volto, di ascoltare Gesu`, la Parola che parla alla mia vita?
Le
mie tenebre. Questo e` il punto. Non
serve a niente, per il cammino di questa Quaresima, fare delle rinunce.
Quando si combatte qualcosa le si da` un potere pari a quello impiegato
per combatterla, ci ribadisce Tony De Mello. Quello
che serve e` capire, capire
che quella cosa che voglio combattere e` una scemata, disfarmi
delle croste, diradare le tenebre che non mi fanno vedere la luce.
Le mie tenebre
che mi parlano. Mi sono venute a mente tante di quelle cose ...
Quando
resto arrabbiato per i torti subiti.
Dovevo far carriera e invece sono andato all’indietro. E li`, cova rabbia.
E rancore. Senza accorgermene, mi ero detto: “se faccio carriera sono
felice”. Non l’ho fatta, e allora, per essere coerente, devo essere
infelice. Mi hanno sempre detto: “devi riuscire nella vita, fare strada,
soldi, senno` sei un fallito”. E io ci ho creduto, e ora sono depresso,
e ascolto la mia depressione. E come faccio, con questa rabbia dentro,
che anche quando non ci penso mi rode piano piano, a capire che l’imperativo
“devi riuscire nella vita” era tutta una grandissima stupidaggine? Che
quello che conta e` la ricchezza della mia vita spirituale, e` la gioia
interiore? Se do` ascolto alle voci che mi dicono che bisogna essere OK,
essere invidiati, essere considerati belli, o intelligenti, o istruiti,
come faccio a credere nelle parole di Gesu`: “beati i poveri, beati gli
umili”? Se Gesu` avesse dato importanza all’essere OK sarebbe stato come
uno dei tanti notabili del tempo, e non ci avrebbe lasciato assolutamente
niente. OK, ma niente.
Le
mie idee distorte sull’amore e le mie delusioni sugli altri:
“se tu mi amassi faresti ... credevo che tu fossi diverso ... mi aspettavo
di piu` da te”. Sono scemo io, mi ero illuso che quest’altra persona fosse
superiore alle debolezze di tutti. E invece era come gli altri, come me.
E la mia delusione non mi fa vedere che ero io ad aver messo troppe
aspettative, che io, che dico di amare l’altro, in realta` volevo cose
per me. E come faccio a vedere che anche lei/lui ha bisogno del mio
amore per superare le sue, di delusioni? Come faccio, se do` ascolto alle
tenebre della mia delusione, a percepire la bellezza di saper perdonare,
il calore nel cuore di quando ristabilisco un rapporto incrinato facendo
magari io il primo passo?
Quando
ho ragione e voglio che la mia ragione sia evidente a tutti.
La cosa piu` importante e` avere ragione. E se ho ragione non posso accettare
che l’altro non lo ammetta. “Non mi curo, cosi` ti faccio vedere che la
mia e` una malattia seria e non una scemata come dicevi tu! beccati questo!”.
Piuttosto mi ammalo, ma devo far vedere che avevo ragione. Arrivo perfino
ad insultare una persona che amo perche` io dico che la amo e quella dice
che non lo vede e io glie lo voglio dimostrare a tutti i costi. Ma la amo?
O e` il mio orgoglio che mi parla? E come faro` a vedere le difficolta`
dell’altro, se quello che conta per me e` avere ragione?
Le
etichette che appiccico ad ogni essere e ad ogni gruppo.
Quelli li` sono borghesi, sono intellettuali, sono comunisti, sono cafoni,
sono incivili. Li ho catalogati, non hanno piu` niente da dirmi.
Come quel bimbo, raccontato sempre da De Mello, - “guarda l’uccellino,
e` un passerotto” - e la volta dopo: “guarda, un passerotto!” - e lui:
“ah, si`, lo conosco gia`, mi e` venuto a noia”. La nostra fissazione
di classificare tutto ci impedisce di vedere.
Quando abbiamo dato un
nome alle cose non siamo piu` capaci di vedere. In Africa si sparano
tra di loro: “vabbe`, ma sono incivili”, come se
la loro diversa civilta` li rendesse immuni dal morire, dal soffrire le
invalidita`, o di restare vedove o orfani. C’e` una preghiera per la pace,
ma l’ha organizzata un prete rosso. Chissa` cosa vuol dire
che e` “rosso”? Ha fatto una bella predica sul perdono, ma e` un
prete e quelle cose le deve dire. ... come dire che le cose che
Gesu` ha detto le ha dette perche` le “doveva” dire perche` era un Dio,
e la sua parte non gli lasciava spazio per dire altro ...
I
ricordi del passato, anche quelli belli,
mi impediscono spesso di cogliere le gioie del momento presente, e diventano
allora tenebre. “Com’era bello quando ...”, e non vedo le cose belle di
ora.
Cosi`
come i
sogni per il futuro: “saro`
felice quando mi sposo” e poi “quando avro` un figlio”, e poi “quando vado
in pensione” e poi ... arrivo alla fine dei miei giorni e la felicita`
l’ho sempre messa un po’ piu` in la` e non ho visto che era giusto intorno
a me.
Oppure quando
voglio che cambi il resto del mondo.
Parlo con quel tale e lui mi innervosisce perche` parla sempre di problemi.
E` un rompiscatole. Deve cambiare. O forse e` perche` mi mette in discussione?
Forse perche` nel mio subconscio capisco che dovrei prestargli ascolto?
Mi innervosisce, e non vedo altro. Se mi sforzassi un po’ di osservarmi
con distacco mentre parlo con lui, forse capirei quali sono le mie paure
che mi fanno innervosire. Capirei che la sorgente del nervoso non e`
lui, ma e` dentro di me, nel mio timore di turbare l’ordine che mi sono
fatto.Vorrei stare bene cambiando le cose
fuori, le persone fuori, e invece la sorgente del mio disagio e` dentro,
nelle mie idee storte che non metto mai in discussione, e che magari non
sono neppure mie, ma me le sono bevute dalla cultura del mio ambiente e
della mia famiglia senza neppure rendermene conto.
Ma
forse la cosa peggiore e` quando
mi accorgo dei miei peccati, delle mie debolezze,
e mi perdo a dirmi “come sono cattivo”, “se fossi un vero cristiano farei
...”, e giu` a fare una testa cosi` al Signore sui miei peccati.... e parlo
io, e parlo io, e non sento le sue parole di amore e di perdono. Mi concentro
sugli errori passati e sulle mie debolezze presenti, e non guardo avanti. Preferisco
guardare le mie tenebre, anche per condannarle, piuttosto che guardare
agli spiragli di luce. Il
fatto e` che io mi identifico con le mie tenebre. “Io sono cosi`”. E invece
e` l’ora di capire che il mio vero io e` qualcosa di piu` profondo, che
io NON sono le mie debolezze, le mie tensioni, le mie depressioni, le mie
rabbie. Quelle sono cose fuori di me, ovvero che sono dentro di me ma non
fanno parte del mio vero essere. Non diciamo piu`: “sono depresso”, ma
piuttosto “c’e` depressione”. Io non sono depresso, ma c’e` una
depressione che, se la guardo con distacco, facilmente sparisce in poco
tempo.
Per concludere,
due
note sugli apostoli in quest’episodio. Gli apostoli pochi giorni prima
avevano sentito Gesu` parlare della sua prossima morte, e Pietro da lui
si era sentito dire: “va’ lontano da me, satana!”. C’erano sicuramente
delle tenebre. Pero` ora vedono Gesu` nella sua luce. I problemi svaniscono
di colpo: “e` bello per noi stare qui”. Ora le tenebre non parlano piu`.
Ora e` tutto chiaro. “ah, ecco!”.
La voce dal cielo
li spaventa, ma Gesu` li rincuora: “alzatevi e non temete”. Non
bisogna avere paura di incontrarsi con Dio, non bisogna avere paura di
qualcosa di piu` grande di noi.
E
infine Gesu` dice loro di non parlare dell’episodio. Ma vi immaginate
cosa dovevano avere in cuore? Non pensate che gli si dovesse leggere qualcosa
in faccia?
Credo
che il nostro impegno oggi, come singoli e come Comunita`, sia proprio
quello di cominciare a diradare le tenebre che ci impediscono di vedere,
di smantellare le croste che ci impediscono di ascoltare, partendo dal
cercare di vedere la realta` che ci circonda e quella dentro di noi, osservando
il mondo e noi stessi in modo piu` distaccato.
E
il nostro impegno sia allora quello di un rapporto piu` costante con la
sorgente della luce. E
di aiutarci l’un l’altro a guardare di piu` alla luce e di ascoltare meno
le tenebre. Il
nostro impegno come Comunita` sia quello di rendere piu` visibile, a noi
stessi e agli altri, un barlume del volto di Dio.
Buon cammino.