giovedì, 23 aprile 2009

Traccia di riflessione sulle letture della 3adomenica di Pasqua, anno B

Mi pare che sia interessante rileggere le letture di domenica prossima come la descrizione di un cammino che i discepoli fanno, o che Gesù risorto fa fare loro, per arrivare ad essere veramente “apostoli”, inviati, testimoni. E quindi come la descrizione di un cammino da fare anche per me, per noi che vogliamo essere seguaci di Cristo, e non solo dei simpatizzanti.

 

Il primo punto: la fatica che i discepoli fanno a credere che quello che appare loro non è un fantasma ma Gesù vivo...e la fatica che fa Gesù per convincerliEppure erano stati con lui per tre anni, e Gesù lo aveva detto più volte che avrebbe dovuto soffrire ed essere ucciso... e che in tre giorni sarebbe risorto. Ma i discepoli in fondo mica ci avevano creduto davvero a queste parole; avranno pensato che Lui esagerava sempre. E ora pensano che non sia reale, che sia un fantasma. E Gesù, con grandissima pazienza, deve far vedere che ha un corpo, mani, piedi, che mangia il pesce arrosto... Alla fine i discepoli si sbloccano, accettano che Lui sia veramente lì, vivo, che è lo stesso Gesù che avevano seguito e ascoltato per tre anni, il Gesù che aveva compiuto segni straordinari econ cui avevano condiviso tutto.

È un passo che devo fare anche io, che dobbiamo fare anche noi. Perché non è poi così scontato che crediamo in Gesù vivo. Anche per noi spesso il Vangelo è come un “fantasma”, qualcosa di non reale, parole astratte e lontane dalla vita vera, e di cui avere anche un po’ di paura, perché ci chiede cose troppo difficili. Col risultato che gli togliamo forza perché non ci disturbi troppo. E invece questo passo lo devo fare: Gesù non è una filosofia, non è una storia antica, ma è vivo, qui, ora, dentro di me. Un Gesù da riscoprire vivo nella mia vita, presente, che mi dice qualcosa. Il concetto è: o non credo, oppure, se credo in Gesù, sulla parola degli apostoli, che lo hanno visto e lo hanno testimoniato a costo anche della vita, devo crederlo e saperlo vivo e presente nella mia vita.
 

Il secondo punto è la gioia che alla fine ha il sopravvento. Gesù è veramente risorto, è lì tra loro, li ha perdonati per averlo lasciato solo al momento del suo arresto. La gioia non viene dalle cose. Le cose possono dare piacere o soddisfazione, ma non una gioia che dura. Le gioie che stanno in una scatola, i gioielli, sono ben poca cosa. La gioia viene dalle persone, dai rapporti di amore. Ed essere davanti a Gesù, Dio fatto uomo, che ti ama e offre ancora la sua amicizia, è il massimo della gioia! Questa gioia i discepoli non la perderanno più, neppure dopo che Gesù sarà asceso al cielo, perché ormai ne sentono la presenza accanto a loro, quando salgono al tempio a pregare o nelle loro case.

È un altro passo da fare anche per me, da riconquistare ogni giorno, anche con fatica. Sentire Gesù vivo, presente, che mi ama... De Mello riporta un esercizio di preghiera prediletto da Santa Teresa d’Avila: “guardarlo guardarvi”: immaginare Gesù davanti a noi, che ci guarda. E Teresa aggiunge: “amorevolmente e umilmente”. È incredibile, ma il Vangelo ce lo racconta così Gesù, non che ci guarda con severità e rimprovero, ma con amore, come quando guarda il giovane ricco: “Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse...”. E poi “umilmente”. Ancora più incredibile, ma Gesù non ci può guardare con superiorità, lui che si è fatto servo, che ha lavato i piedi.Scoprire un Gesù così, vivo, reale, che mi perdona e mi ama... come è possibile che non mi entri dentro una gioia stabile, anche nelle fatiche, anche nei momenti di tribolazione? Quindi, anche se per me la gioia oggi è poco stabile, comunque so che c’è ed è raggiungibile, e quindi non voglio smettere di cercarla.
 

Il terzo punto: accettare la crocifissione. Gesù, prima di tutto, mostra le ferite. È risorto, ma i segni delle ferite ci sono ancora, lì, ben visibili, a indicare che la passione, la crocifissione, ci sono state per davvero. 
[E qui ci sta una breve digressione su di noi, su di me: quando anche faccio una gran bella riconciliazione, come posso pretendere di non sentire più le ferite del mio peccato, delle mie chiusure, delle mie povertà, come se niente fosse stato? Posso però risorgere ugualmente, accettando di portarmi dietro i segni delle mie ferite, magari anche un po’ doloranti.]
Gesù, ci dice il Vangelo “aprì loro la mente per comprendere le Scritture”.Gesù spiega, spiega, spiega. L’aveva fatto coi due discepoli sulla strada per Emmaus, lo fa ancora qui, con grande pazienza, per far capire che la sua passione, morte e resurrezione facevano parte di un progetto di salvezza che viene da lontano. 
Non lo capisco bene: Dio non poteva operare la salvezza in un modo meno cruento? Gesù ci dice di no, che è così che doveva avvenire. E mi invita a rileggere le scritture in quest’ottica di un disegno di salvezza, rileggerle non come un curioso, un turista della cultura, ma come un assetato, che cerca il senso della vita, che cerca le tracce dell’amore di Dio, che cerca parole di vita eterna. Non lo capisco ma lo accetto, e credo che più spesso dovrei meditare sulla passione di Gesù, le sue preghiere nell’orto degli ulivi, il Calvario, non perché me ne derivi tristezza, ma anzi un sentimento crescente di gratitudine e di amore. [Altra digressione: i Valdesi ci avevano detto che loro tengono in chiesa la croce vuota, perché Gesù è risorto. Vero, ma Gesù ha anche detto: “quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me..”. Noi adoriamo Dio fatto uomo che muore per la nostra salvezza, non la croce vuota.]. E infine credere nella centralità del Cristo nella storia dell’umanità, in cui noi non siamo spettatori ma operatori concreti.
 

Il quarto punto è il risultato dei precedenti: convertirsi e cambiare vitaConvertirsi, girare la testa e accorgermi della presenza viva e amorevole di Dio nella mia vita e nel mondo, riscoprire i prodigi della creazione. Vedere, riconoscere in Gesù il Messia, il Salvatore, il Maestro della mia vita. E quindi cambiare le mie visioni, i miei piani, i miei desideri, per adottare quelli di Gesù.... Un processo che non finirà mai, perché mi accorgerò sempre di essere lontanissimo, ma che non è possibile evitare di cercare di fare e che voglio mi porti sempre un po’ più vicino a Dio. 
Nella seconda lettura si sottolinea che “Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo ... Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Anche Gesù aveva detto “Chi mi ama osserva i miei comandamenti” e “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. La conoscenza più profonda di Gesù mi deve portare ad ascoltare la sua parola, e in particolare a cercare di capire la sua volontà su di me e ad amare di più il mio prossimo. Questo però non in termini generali, o generici, ma essendo man mano più disponibile all’ascolto di quello che Dio mi chiede, concretamente, nella mia vita.
 

Il quinto punto mi pare sia un ulteriore risultato dei precedenti: la pace. Il salmo 4 dice “In pace mi corico e subito mi addormento”. Il commento sulla Bibbia dice che il salmo 4 è un “salmo di fiducia e gratitudine verso Dio, da cui solo viene la felicità”. Ma si può anche dire che da Dio viene la mia felicità solo se mi fido completamente e mi abbandono in Lui. Il giovane ricco se ne andò triste perché non aveva il coraggio di mollare la presa delle sue sicurezze... Ripenso alla fatica di abbandonare le mie ansie sulle cose da fare, come se dovessi raggiungere chissà quali obiettivi, alla fatica di fidarmi di Dio e smettere di aggrapparmi con le unghie alle mie sicurezze, ai valori umani di tranquillità economica, di salute, di accettazione sociale, ma anche di “meritata vacanza”, svago, riposo. A Cuneo ci dicevano che il problema di tanti cristiani impegnati era il non voler mettere tutto nelle mani di Dio ma volersi tenere delle fette di vita da gestirsi in proprio... ricordate? Quanto cammino ho ancora da fare per abbandonarmi in Lui, fidarmi, e decidere di cercare solo la Sua volontà!
 

E infine, sesto punto (siamo al sabato, poi ci possiamo riposare), la testimonianza. Gesù dice ai discepoli: “Di questo voi siete testimoni”. Il testimone è colui che ha visto. Io cosa posso testimoniare? Noi, cosa possiamo testimoniare, come Comunità? Come diceva Pietro, possiamo essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Testimoniare cioè che la vita ha un senso, uno scopo, una direzione precisa che è Cristo Gesù. Che non è vero che il male è più forte del bene, non è vero che la morte è la fine di tutto.... E lo possiamo fare in modo più vero ed efficace man mano che progrediamo nel cammino descritto, in particolare nella gioia e nell’amore fraterno, tra di noi e verso tutto il mondo.

 

Come conclusione,  lascio un segnalibro, ricordando che il suo scopo non è di essere un ricordino di un giorno, peraltro qualsiasi, ma di farci avere sott’occhio un pezzetto della Parola di Dio che ci possa aiutare nel nostro cammino.