Mi
pare che sia interessante rileggere le letture di domenica prossima come
la descrizione di un cammino che i discepoli fanno, o che Gesù risorto
fa fare loro, per arrivare ad essere veramente
“apostoli”, inviati, testimoni. E quindi
come la descrizione di un cammino da fare anche per me, per noi che vogliamo
essere seguaci di Cristo, e non solo dei simpatizzanti.
Il
primo
punto: la fatica che i discepoli fanno a credere che quello che appare
loro non è un fantasma ma Gesù vivo...e
la fatica che fa Gesù per convincerli. Eppure
erano stati con lui per tre anni, e Gesù lo aveva detto più
volte che avrebbe dovuto soffrire ed essere ucciso... e che in tre giorni
sarebbe risorto. Ma i discepoli in fondo
mica ci avevano creduto davvero a queste parole; avranno pensato che Lui
esagerava sempre. E ora pensano che non sia
reale, che sia un fantasma. E Gesù, con grandissima pazienza, deve
far vedere che ha un corpo, mani, piedi, che mangia
il pesce arrosto... Alla fine i discepoli si sbloccano, accettano che Lui
sia veramente lì, vivo, che è lo stesso Gesù che avevano
seguito e ascoltato per tre anni, il Gesù che aveva compiuto segni
straordinari econ cui avevano condiviso
tutto.
È un passo che
devo fare anche io, che dobbiamo fare anche
noi. Perché non è poi così
scontato che crediamo in Gesù vivo. Anche per noi spesso
il Vangelo è come un “fantasma”, qualcosa di
non reale, parole astratte e lontane dalla vita vera, e di cui avere
anche un po’ di paura, perché ci chiede cose troppo difficili. Col
risultato che gli togliamo forza perché
non ci disturbi troppo. E invece questo passo lo devo
fare: Gesù non è una filosofia, non è una storia antica,
ma è vivo, qui, ora, dentro di me. Un Gesù da riscoprire
vivo nella mia vita, presente, che mi dice qualcosa. Il concetto è:
o non credo, oppure, se credo in Gesù,
sulla parola degli apostoli, che lo hanno visto e lo hanno testimoniato
a costo anche della vita, devo crederlo e saperlo vivo e presente nella
mia vita.
Il
secondo
punto è la gioia che alla fine ha il sopravvento.
Gesù è veramente risorto, è lì tra loro, li
ha perdonati per averlo lasciato solo al momento del suo arresto. La gioia
non viene dalle cose. Le cose possono dare piacere o soddisfazione, ma
non una gioia che dura. Le gioie che stanno in una scatola, i gioielli, sono
ben poca cosa. La gioia viene dalle persone, dai rapporti di amore. Ed
essere davanti a Gesù, Dio fatto uomo, che ti ama e offre ancora
la sua amicizia, è il massimo della gioia! Questa gioia i discepoli
non la perderanno più, neppure dopo che Gesù sarà
asceso al cielo, perché ormai ne sentono la presenza accanto a loro,
quando salgono al tempio a pregare o nelle loro case.
È un altro passo
da fare anche per me, da riconquistare ogni giorno, anche con fatica. Sentire
Gesù vivo, presente, che mi ama... De Mello
riporta un esercizio di preghiera prediletto da Santa Teresa d’Avila: “guardarlo
guardarvi”: immaginare Gesù davanti a noi, che ci guarda. E Teresa
aggiunge: “amorevolmente e umilmente”. È
incredibile, ma il Vangelo ce lo racconta
così Gesù, non che ci guarda con severità e rimprovero,
ma con amore, come quando guarda il giovane ricco: “Gesù, fissatolo,
lo
amò e gli disse...”. E poi “umilmente”. Ancora
più incredibile, ma Gesù non ci può guardare con superiorità,
lui che si è fatto servo, che ha lavato i piedi.Scoprire
un Gesù così, vivo, reale, che mi perdona e mi ama... come
è possibile che non mi entri dentro una gioia stabile, anche
nelle fatiche, anche nei momenti di tribolazione? Quindi, anche se per
me la gioia oggi è poco stabile, comunque
so che c’è ed è raggiungibile, e quindi non voglio smettere
di cercarla.
Il
terzo
punto: accettare la crocifissione. Gesù, prima
di tutto, mostra le ferite. È risorto, ma i segni delle ferite ci
sono ancora, lì, ben visibili, a
indicare che la passione, la crocifissione, ci sono state per davvero.
[E
qui ci sta una breve digressione su di noi, su di me: quando anche faccio
una gran bella riconciliazione, come posso pretendere di non sentire più
le ferite del mio peccato, delle mie chiusure, delle mie povertà,
come se niente fosse stato? Posso però risorgere ugualmente, accettando
di portarmi dietro i segni delle mie ferite, magari anche un po’ doloranti.]
Gesù, ci dice
il Vangelo “aprì loro la mente per comprendere le Scritture”.Gesù
spiega, spiega, spiega. L’aveva fatto coi
due discepoli sulla strada per Emmaus, lo
fa ancora qui, con grande pazienza, per far capire che la sua passione,
morte e resurrezione facevano parte di un progetto di salvezza che viene
da lontano.
Non lo capisco bene:
Dio non poteva operare la salvezza in un modo meno cruento? Gesù
ci dice di no, che è così che doveva avvenire. E mi invita
a rileggere le scritture in quest’ottica di un disegno di salvezza, rileggerle
non come un curioso, un turista della cultura, ma come un assetato, che
cerca il senso della vita, che cerca le tracce dell’amore di Dio, che cerca
parole di vita eterna. Non lo capisco ma
lo accetto, e credo che più spesso dovrei meditare sulla passione
di Gesù, le sue preghiere nell’orto degli ulivi, il Calvario, non
perché me ne derivi tristezza, ma anzi un sentimento crescente di
gratitudine e di amore. [Altra digressione:
i Valdesi ci avevano detto che loro tengono in chiesa la croce vuota, perché
Gesù è risorto. Vero, ma Gesù
ha anche detto: “quando sarò elevato da terra, attirerò tutti
a me..”. Noi adoriamo Dio fatto uomo che muore per la nostra salvezza,
non la croce vuota.]. E infine credere nella centralità del
Cristo nella storia dell’umanità, in cui noi non siamo spettatori
ma operatori concreti.
Il
quarto
punto è il risultato dei precedenti: convertirsi e cambiare
vita. Convertirsi, girare la testa e accorgermi
della presenza viva e amorevole di Dio nella mia vita e nel mondo, riscoprire
i prodigi della creazione. Vedere, riconoscere
in Gesù il Messia, il Salvatore, il Maestro della mia vita.
E quindi cambiare le mie visioni, i miei piani, i miei desideri, per adottare
quelli di Gesù.... Un processo che non
finirà mai, perché mi accorgerò sempre di essere lontanissimo,
ma che non è possibile evitare di cercare di fare e che voglio mi
porti sempre un po’ più vicino a Dio.
Nella seconda lettura
si sottolinea che “Chi dice: «Lo
conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo ...
Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente
perfetto.” Anche Gesù aveva detto
“Chi mi ama osserva i miei comandamenti” e “Questo è il
mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io
vi ho amati”. La conoscenza più profonda di Gesù mi deve
portare ad ascoltare la sua parola, e in particolare a cercare di capire
la sua volontà su di me e ad amare di più il mio prossimo. Questo
però non in termini generali, o generici, ma essendo man mano più
disponibile all’ascolto di quello che Dio mi chiede, concretamente, nella
mia vita.
Il
quinto
punto mi pare sia un ulteriore risultato
dei precedenti: la pace. Il salmo 4 dice “In pace mi corico
e subito mi addormento”. Il commento sulla Bibbia dice
che il salmo 4 è un “salmo di fiducia e gratitudine verso Dio, da
cui solo viene la felicità”. Ma si può anche dire
che da Dio viene la mia felicità solo se mi fido completamente e
mi abbandono in Lui. Il giovane ricco se ne andò
triste perché non aveva il coraggio di mollare la presa delle sue
sicurezze... Ripenso alla fatica di abbandonare le mie ansie sulle cose
da fare, come se dovessi raggiungere chissà quali obiettivi, alla
fatica di fidarmi di Dio e smettere di aggrapparmi con le unghie alle mie
sicurezze, ai valori umani di tranquillità economica, di salute,
di accettazione sociale, ma anche di “meritata vacanza”, svago, riposo. A
Cuneo ci dicevano che il problema di tanti
cristiani impegnati era il non voler mettere tutto nelle mani di Dio ma
volersi tenere delle fette di vita da gestirsi in proprio... ricordate?
Quanto cammino ho ancora da fare per abbandonarmi
in Lui, fidarmi, e decidere di cercare solo
E
infine,
sesto punto (siamo al sabato,
poi ci possiamo riposare), la testimonianza. Gesù
dice ai discepoli: “Di questo voi siete testimoni”. Il testimone
è colui che ha visto. Io cosa posso
testimoniare? Noi, cosa possiamo testimoniare, come Comunità? Come diceva
Pietro, possiamo essere “pronti sempre a rispondere a chiunque
vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Testimoniare cioè
che la vita ha un senso, uno scopo, una direzione precisa che è
Cristo Gesù. Che non è vero che il male è più
forte del bene, non è vero che la morte è la fine di tutto....
E lo possiamo fare in modo più vero ed efficace man mano che progrediamo
nel cammino descritto, in particolare nella gioia e nell’amore fraterno,
tra di noi e verso tutto il mondo.
Come conclusione, lascio un segnalibro, ricordando che il suo scopo non è di essere un ricordino di un giorno, peraltro qualsiasi, ma di farci avere sott’occhio un pezzetto della Parola di Dio che ci possa aiutare nel nostro cammino.