27 novembre 2022
Prima dom. di Avvento


"La Buona notizia di Giovanni per una comunità del 21° secolo"

Il prologo di Giovanni come inizio dell’Avvento 2022.

Nel delineare i nuovo cammino spirituale per la Comunità, si era pensato di cominciare con il Prologo di Giovanni in corrispondenza con l'Avvento di quest'anno. Mi sono subito proposto io per tenere questa prima tappa, non perché sia un esperto del Vangelo di Giovanni, anche se questo brano l’ho studiato per 5 mesi  al Fassolo, riga per riga, ma per dirvi quello che ho scoperto su questo brano, sia come riflessione personale, che leggendo un testo di Padre Maggi di Montefano [1], che ascoltando Don Matteo Moretti in una conferenza su You Tube [2].

In questo brano [il testo in fondo], che uno di noi ha letto, ho tolto i versetti sul Battista, che sono stati aggiunti dopo, in un secondo tempo.
Il prologo (di cui ognuno di voi ha sottolineato una frase che poi, se vorrà, alla fine condividerà), anche se posto all’inizio del vangelo di Giovanni, è un inno liturgico, sostanzialmente il credo che la comunità di Giovanni professava.
Alla fine vi chiederò di sottolineare nuovamente una frase e vedremo, cioè ognuno vedrà, se dopo la mia condivisione sarà la stessa di prima o un'altra, oppure se avrà un altro significato per lui/lei.

Come legare il Prologo al Natale? La mia risposta è che questo brano ha un annuncio tanto sconvolgente che porta una novità tale che può diventare un nuovo inizio, una nuova nascita, un brano da masticare in queste 4 settimane di avvento, di attesa. Il canto in latino delle profezie aveva un ritornello "Rorate coeli desuper et nubes pluant Justum", ossia "Stillate rugiada, o cieli, dall'alto, e le nubi piovano il Giusto": ecco, questo brano collega il cielo e la terra e annuncia cieli e terre nuove e la necessità di Dio di amare creando.

Santa Caterina da Siena nel dialogo 153 diceva: "O Padre etterno! O fuoco e abisso di caritá! O etterna bellezza, o etterna sapienzia, o etterna bontá, o etterna clemenzia, o speranza, o refugio de’ peccatori, o larghezza inextimabile, o etterno e infinito bene, o pazzo d’amore! E hai tu bisogno della tua creatura? Sí, pare a me; ché tu tieni modi come se senza lei tu non potessi vivere, conciossiacosaché tu sia vita, dal quale ogni cosa ha vita e senza te neuna cosa vive.

Tutto il creato esiste per la pura gioia di Dio. Il lavoro della creazione fu un lavoro di gioia, il cui scopo era era infondere più gioia nell’esistenza”[3].

Da tempo ho pensato che questo brano è in sostanza la Genesi e che Giovanni, più che dirci qualcosa su Gesù, qui ci abbia voluto dire qualcosa di più profondo, di più antico. Non per niente inizia con le stesse parole della Genesi: "In principio..", in greco En archè: "ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν ὁ θεὸς τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν", "In principio Dio creò il cielo e la terra".

Nel prologo invece abbiamo: "Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος", "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio".

Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.

Ecco, sono questi i versetti  che hanno collegato la mia riflessione alla Genesi: il prologo non si riferisce tanto a Gesù nato a Nazareth, ma alla Vita che ha necessità  di farsi carne, universo, terra, atomo, sasso, foglia, albero, aria, uccello e anche uomo. È quello che i mistici di ogni religione, e non solo loro, hanno percepito, se pur con linguaggi diversi.

"Amate tutta la creazione divina, nel suo insieme e in ogni granello di sabbia. Amate ogni fogliolina, ogni raggio di sole! Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa! Se amerai tutte le cose, coglierai in esse il mistero di Dio. Coltolo una volta, comincerai a conoscerlo senza posa ogni giorno di più e più profondamente. E finirai per amare tutto il mondo di un amore ormai totale e universale”.
(F. Dostoevskij- I fratelli Karamazov, Parte II, libro VI, Cap. III)

Per Pitagora:  "Anche ciò che sembra inerte come una pietra possiede una certa frequenza di vibrazioni".

Per Boff questa capacità di costituire relazioni costituisce lo spirito dell’Universo……. [4]. Nello spirito della montagna come nel nostro, il principio di relazionalità funziona allo stesso modo, ma in grado differente. Nella montagna in forma rudimentale, benché nella sua reale singolarità, e in noi in maniera altamente densa, riflessa e cosciente. L’essere umano, uomo e donna, rappresenta quel momento della complessificazione ed evoluzione della Terra in cui essa ha cominciato a sentire, a pensare, ad amare e a venerare. L’essere umano è Terra che cammina, sente, custodisce e celebra [5].

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Dopo questo mio collegamento con Genesi, che comunque fanno sia Padre Maggi che don Moretti, diamo due notizie sul prologo:
Esso è stato inserito nel Vangelo di Giovanni successivamente al resto: probabilmente era il credo di quella comunità, che veniva cantato e danzato durante  le loro riunioni.
Il Vangelo di Giovanni, così diverso dai sinottici, ha fatto fatica a farsi riconoscere come "canonico", cioè facente parte del Canone riconosciuto dalla Bibbia: veniva considerato in origine come apocrifo.
Questa comunità, infatti, era un po’ diversa e considerata quasi sovversiva dalle altre chiese nascenti, perché non aveva gerarchia, perché l’unico Pastore era Gesù e nella comunità erano tutti uguali.
Ancora oggi la chiesa dà poco spazio a questo Vangelo nella liturgia. Infatti abbiamo un ciclo di tre anni in cui leggiamo Matteo, Marco e Luca, mentre il Vangelo di Giovanni è letto nel Tempo di Pasqua e in alcune domenica di Quaresima; il capitolo 6, con il discorso sul pane di vita, si legge poi, nell’anno B, nelle domeniche dalla XVII alla XXI del Tempo ordinario, mentre il Prologo lo leggiamo come vangelo della messa del giorno a Natale.

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Vediamo adesso la novità teologica di Giovanni rispetto alla teologia ebraica della Creazione.

Il prologo come abbiamo già visto comincia con le stesse parole delle Genesi "In Principio". Ebbene, l’autore di questo Vangelo non è d’accordo con questa teologia e smonta tutto il bagaglio teologico della creazione che si era radicato nei secoli in Israele. Dice Giovanni che in principio, prima ancora che Dio pensasse e creasse il cielo e la terra, c’era qualcos’altro.

Quindi, scrive Giovanni, "In principio", che vuol dire prima dell’inizio della creazione, esisteva già… chi? cosa? Qui Giovanni usa un termine che veramente non è facile tradurre, perché in greco è "logos" che ha un’incredibile varietà di significati.

"Logos" è un termine che da una parte significa "progetto" e da un’altra, in quanto progetto formulato, significa "parola".
Per Gli Ebrei, quando a Mosè furono dati i comandamenti (Es 31,18), Jahvè scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza: appunto, le dieci parole ("dieci" in greco si dice "deca" e "parole" si dice "logos", da cui deriva "decalogo", cioè i dieci comandamenti). La teologia ebraica diceva che tutta la creazione avvenne per i dieci comandamenti: quindi, nell’osservanza dei dieci comandamenti dati da Dio a Mosè si realizza la creazione.

Giovanni non è d’accordo; per questo dice che fin dall’inizio, prima di creare il mondo, prima della creazione, c’era una parola che annulla le altre dieci parole, perché di valore incommensurabile. Un’unica parola al posto delle dieci parole, una parola che si esprime in un unico comandamento.

I dieci comandamenti, dati da Dio, annullati in un attimo; il mondo non è stato creato in vista dei dieci comandamenti, ma in vista di una parola che si esprime in un unico comandamento! Ecco allora che Giovanni, al capitolo 13 del suo Vangelo, dirà, mettendole nella bocca di Gesù, queste parole: "Vi do un comandamento nuovo" (Gv 13,34).
Ebbene, Giovanni non sceglie il termine greco "néos", che usiamo anche noi in italiano con "neo", per indicare un comandamento in più (ci sono i dieci dati da Mosè e Gesù dà un comandamento nuovo, cioè da aggiungere ai dieci comandamenti): no! Giovanni - e vedremo in questi incontri come gli evangelisti scelgano attentamente le parole che usano - non usa il termine "aggiunto nel tempo", ma usa un termine (kainos) che significa una qualità talmente eccellente da oscurare tutte le altre. Gesù dice: "Vi do un comandamento nuovo per la qualità", e come un’unica parola si oppone alle dieci parole, quest’unico comandamento annulla e cancella tutti e dieci i comandamenti.

Nell’unico comandamento che Gesù lascia alla sua comunità Dio non viene nominato! E questo comandamento lo esprime così: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amate gli uni gli altri: come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Non chiede l’amore per Dio, ma chiede un amore da trasmettere e scambiare tra gli uomini, uguale a quello che Lui ci ha dimostrato.

Dicevo che Giovanni, con questo prologo, si riallaccia e ricalca il libro della Genesi, ma polemicamente ne prende le distanze. Nel libro della Genesi viene proclamato il grave castigo inflitto ai nostri progenitori, perché avevano avuto il desiderio di diventare uguali a Dio, ed erano stati colpiti in una maniera tremenda. Ebbene, Giovanni dice che non è vero, perché questo desiderio di raggiungere la condizione divina è insito nell’uomo; Dio glie lo ha messo, perché quando ha creato il mondo lo ha creato perché voleva che l’uomo raggiungesse la sua stessa condizione divina. Ogni ideale che sia al di sotto di questo progetto mutila il progetto di Dio sull’umanità.

E allora possiamo tradurre in italiano di oggi:

Fin dall’inizio, prima ancora di creare il mondo, Dio aveva un progetto

questo progetto si dirigeva a Dio

e un Dio era questo progetto….(l’uomo divinizzato)

Tutto, a causa di questo progetto cominciò ad esistere, e

senza di questo non cominciò ad esistere cosa alcuna di quel che esiste.


E, soprattutto, Giovanni corregge la concezione della Genesi: non c’è un paradiso irrimediabilmente perduto a cui pensare con nostalgia, ma un paradiso da costruire. Il racconto della Genesi non è un racconto di una realtà - quella del paradiso -  irrimediabilmente perduta, ma una profezia di quello che c’è da costruire. Questa è la volontà di Dio, perché tutto è stato creato per realizzare questo progetto.

Finché ogni uomo non avrà avuto la possibilità di raggiungere la pienezza della condizione divina - e per far questo ci vuole pienezza di libertà e di serenità - la creazione non è terminata ed esige la collaborazione di tutti noi. Quindi dobbiamo vedere la creazione non come un rivale, ma come un alleato con cui realizzare questo progetto di Dio. Nella teologia di Giovanni, che poi riprenderà Paolo, questa affermazione della creazione incompleta porta ad un’altra considerazione: fintanto che ogni uomo non avrà la possibilità di diventare figlio di Dio, di raggiungere la condizione divina, Dio stesso è incompleto. I Vangeli, il Nuovo Testamento ci presentano un Dio che non è ancora completo. Lo dirà Paolo nella prima lettera ai Corinzi: "soltanto quando l’uomo avrà raggiunto la pienezza e ogni uomo avrà risposto a Dio, solo allora Dio sarà tutto in tutti" (cfr 1 Cor 15,20-28). Ancora Dio non è tutto. Fintanto che ognuno di noi non risponde a questo invito di Dio, Dio non è completo.

Capiamo tutti che questa teologia sovverte tutto ed è una buona notizia: la Genesi e il Decalogo sono parola dell’uomo, sono la propria proiezione, sono le proprie risposte alle domande della vita (perché c’è dolore? perché c’è il male? perché si soffre?) che hanno creato una teologia negativa, ma il progetto di Dio era ed è un Benedizione. Matthew Fox scrive:” il creato è la benedizione originaria, e tutte le benedizioni successive, quelle che impartiamo a coloro che amiamo …. sono prefigurate nella benedizione originaria che è il creato stesso, una benedizione talmente incondizionata, talmente colma di grazia che è difficile vivere senza accorgersene ” [6].

E questa benedizione originaria mi pare ben raccolta nella Benedizione della fraternità di Romena [7]:

Possa la via crescere con te,
possa il vento essere alle tue spalle,
possa il sole scaldare il tuo viso,
possa Dio tenerti nel palmo della Sua mano.

Prenditi tempo per amare,
perché questo è il privilegio che Dio ti dà.

Prenditi tempo per essere amabile,
perché questo è il cammino della felicità.

Prenditi tempo per ridere,
perché il sorriso è la musica dell’anima.

Prenditi tempo per amare con tenerezza,
perché la vita è troppo corta per essere egoisti.

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In questo Prologo c'è poi la dicotomia tra luce e tenebre, che penso anche per voi, come per me, è sempre stata considerata la lotta tra il bene e il male. Invece ho scoperto che Giovanni qui intende il progetto di Dio avversato dagli uomini religiosi: Gesù infatti non è stato accolto ma giudicato dal Sinedrio, massima autorità religiosa ebraica.

Infatti se lo leggiamo bene dice:

In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta

Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.

C’è un forte richiamo alla Vita e c’è una forte speranza, perché la morte di Gesù non ha spento questo progetto di Dio, di una vita piena, vita piena che spesso gli uomini di religione non accolgono, ma con le loro regole quasi uccidono. Nel Vangelo leggiamo infatti: "E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!  Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato»" (Mc 2,27-28) e "Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito" (Mt 23,4).

Terminando possiamo dire che questo brano è un INNO ALLA VITA, e Logos lo posso allora tradurre come per me è ora questa vita:

energia generatrice

maschile e femminile,

che riesca a riconoscerti nel continuo cambiamento

che possa riconoscerti in me come negli altri e nella creazione,

che possa sentirmi una manifestazione , un dono di questa vita,

che possa scoprire anche gli altri così, reciprocamente

come uomo in cammino sul sentiero della Vita.




Giovanni - Capitolo 1 

PROLOGO

In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.

................

Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.




Note
  1. https://www.studibiblici.it/conferenze/il_prologo_di_giovanni.pdf
  2. https://www.youtube.com/watch?v=oRhLkUSqgvQ&t=1677s&ab_channel=ConventoSant%27Andrea
  3. Mattew Fox, The Reinvention of Work.
  4. Cfr.: AA.VV. ( José Arregi - Leonardo Boff - Ivone Gebara - Manuel Gonzalo - Diarmuid O’Murchu - José María Vigil), Il cosmo come rivelazione- una nuova storia sacra per l’umanità – prefazione di Piero Benvenuti, a cura di Claudia Fanti e Josè Maria Vigil, Gabrielli Editori, San Pietro in Cariano (VR), 2018, pagg. 106.
  5. come sopra, pag. 108.
  6. Matthew Fox –La Spiritualità del creato- manuale di mistica ribelle, Gabrielli Editori, 2016, pagg.27-28.
  7. https://www.romena.it/la-benedizione-di-romena