Annunciare il Vangelo
Un percorso sulle lettere di Paolo sulla nostra chiamata alla santità e all'annuncio del Vangelo =================================== Scelti da Dio =============== |
Indirizzo e piano divino della salvezza (Ef 1, 1-14)
Indirizzo[1]Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù: [2]grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo. Il piano divino della salvezza [3]Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro GesùCristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. [4]In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, [5]predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, [6]secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; [7]nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. [8]Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, [9]poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito [10]per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. [11]In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, [12]perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo. [13]In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, [14]il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria. |
La lettera agli Efesini inizia con un cantico che ben conosciamo, preceduto da un saluto di Paolo. Inviterei a leggere le lettere paoline come se fossero indirizzate a ciascuno di noi, alla comunità, perché Paolo non parla al vento, ma si rivolge a persone e comunità concrete. All’inizio del cantico il ritornare sul termine benedizione mi spinge a pensare che la radice della nostra santità sta proprio nell’essere benedetti da Dio; Dio dice ogni giorno, ogni momento una parola buona sulla nostra vita e dice proprio tutte le parole buone che ha: "ogni benedizione" vuol dire che non ce ne sono altre. Nella carità di fronte a Lui siamo immacolati; qui non voglio distruggere la dottrina del peccato originale, ma qui si dice che non solo Maria è l’immacolata, ma tutti siamo immacolati di fronte a Dio perché di fronte a un Padre, o meglio una Madre, perché una madre sa perdonare tutto anche di più ai propri figli, mentre a volte i padri possono sembrare più duri. Poi questa parola tanto cara ai nostri protestanti “predestinandoci”, anche se su questo punto particolare questi fratelli cristiani hanno deviato un poco rispetto all’annuncio di Paolo, che qui afferma come la predestinazione riguardi tutti e non solo qualche fortunato. Tutti infatti siamo predestinati ad essere figli secondo il disegno d’amore di Dio: siamo figli perché Dio lo vuole, non per merito nostro. Con questa lettura commentata di Ef 1, io avrei già finito di dire quello che volevo; poi ci ho un po’ pensato soprattutto ieri dopo le vostre condivisioni e ho modificato alcune cose. Per ripercorrere il tema della nostra comune vocazione alla santità vorrei fare parlare Paolo: |
Il ministero di Paolo (Rm 15, 14-16)
[14]Fratelli
miei, sono anch'io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure
siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi
l'un l'altro. [15]Tuttavia, su
alcuni punti, vi ho scritto con un pò di audacia, come per ricordarvi
quello che gia sapete, a causa della grazia che mi è stata concessa da
parte di Dio [16]di essere un
ministro di Gesù Cristo tra i pagani, esercitando l'ufficio sacro del
vangelo di Dio perché i pagani divengano un'offerta gradita,
santificata dallo Spirito Santo. |
Quella ai Romani è l’unica
lettera che Paolo scrive ad una comunità che non aveva ancora
conosciuto ed allora in attesa di incontrarli di persona si presenta ai
cristiani di Roma; ammonendo i fratelli, ricorda la grazia ricevuta per
essere diventato un ministro di Cristo. Credo che queste parole possano essere applicate a tutti noi in virtù del battesimo che abbiamo ricevuto e che ci ha fatto sacerdoti, re ed appunti profeti per annunciare il vangelo perché le genti divengano una offerta gradita a Dio. Noi siamo graditi a Dio, lo siamo già, ma possiamo esserlo di più; tutti i figli sono graditi ai genitori, ma se fanno qualcosa di grande e di bello, lo dico da padre, noi diventiamo orgogliosi e così credo sia anche per Dio. |
Lode a Dio (Rm 16, 25-27)
[25]A
colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo che io
annunzio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del
mistero taciuto per secoli eterni, [26]ma
rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche, per ordine
dell'eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede, [27]a Dio che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli dei secoli. Amen. |
La
lettera ai Romani si conclude con una glorificazione, una benedizione
nella quale cogliamo cosa vuol dire essere graditi a Dio cioè obbedire
alla fede; il problema però rimane: il nostro compito è annunciare il vangelo, ma come?
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Un obiettivo dell'annuncioo ===============
Paolo mette in guardia rispetto al sentirsi bravi e al fatto che gli altri debbano ricompensarmi (Vedi anche la seconda lettera ai Tessalonicesi)[1]:
Come ci ricorda a spesso papa Francesco, è necessario notare come non siamo in una impresa, non abbiamo da aumentare il prodotto interno lordo, ma abbiamo da annunciare a tutti per guadagnarne qualcuno, cioè coloro che accoglieranno il vangelo. Ma io posso annunciare il vangelo nel momento in cui ne sono partecipe. Quale è allora l’oggetto dell’annuncio? =================================== Cosa annunciamo? ===============
Dio è morto per noi; ecco il vangelo: siamo amati infinitamente ed incondizionatamente da Dio; ecco quello che dobbiamo annunciare, perché se io sono amato automaticamente amo, non può essere diversamente. Se io mi sento amato, e io sono amato sicuramente da Dio, ripeto, se io mi sento amato, amo, non ci si può sbagliare su questo. Ed è un amore eterno, infinito, incondizionato.
Paolo legge il suo presente con la disputa tra gli Ebrei e i Cristiani che si stanno separando dalla religione ebraica e consideravano gli Ebrei come nemici di Cristo e del suo vangelo. Ma i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili: se Dio ci chiama, e lo fa ogni giorno, se Dio ci ama, e lo fa ogni giorno, questo amore e questo dono, questa chiamata non possono essere tolti. Noi possiamo anche fregarcene di essere delle persone amate da Dio, possiamo comportarci come se Dio non esistesse, ma l’amore rimane. Quante volte magari ci sono dei momenti difficili nelle vicende matrimoniali ed a volte si arriva anche alle separazioni. Ci sono discussioni litigi incomprensioni ma io dico a mia moglie: "Guarda, se trovi qualcuno che ti ama quanto me vai, se trovi una felicità più grande; l’unica cosa che non mi puoi impedire di fare è di amarti; puoi fare tutto, a volte anche il male contro di me, puoi dirmi quello che vuoi, anche parole di cui poi ci si pente, ma non credere che tu possa impedirmi di amarti, non penso mai al perché ti ho sposato, non lo posso pensare perché l’amore è quello". Chissà, lo dico magari per convincere anche me stesso, ma lei non può impedirmi di amarla. E così è Dio. Possiamo comportarci come le persone più lontane da Dio, ma ciò che è certo è che Dio ci ama: questa decisione è assolutamente irrevocabile, non è modificabile. =================================== Come annunciare il Vangelo ===============
Si noti innanzitutto che all’interno delle comunità erano presenti conflitti e discussioni. Lasciamo perdere la visione romantica e ideale descritta negli Atti degli Apostoli in At 2: in fondo noi uomini siamo sempre uguali. Anche noi nella professione di fede affermiamo di credere “la Chiesa una, santa, cattolica apostolica”, ma lo sappiamo bene che la Chiesa di Cristo non è una, che in tanti suoi esponenti non è neppure santa, che non è cattolica se cattolica significa universale e neppure apostolica perché con difficoltà annuncia il vangelo di Cristo. Questa affermazione rimane nella fede e noi siamo chiamati a farla diventare realtà. Paolo ricorda di non essere stato mandato a battezzare, ma ad annunciare il vangelo, e pertanto non si deve fare riferimento a lui ma al vangelo. Anche se Paolo come predicatore era un genio assoluto (andatevi a leggere il discorso all’Areopago di Atene negli Atti degli Apostoli [2]), riconosce che il vangelo non deve fondarsi sulla sapienza umana, affinché “non venga resa vana la croce di Cristo”, che è l’essenza del vangelo. La parola della croce, che è stoltezza per quelli che si perdono, è potenza di Dio per quelli che si salvano. Considerate infatti la vostra chiamata, ma guardatevi, guardiamoci in faccia: non ci sono fra noi molti sapienti dal punto di vista umano, né persone molti potenti; c’è forse qualcuno bello, qualcuno giovane, c’è forse qualcuno forte (magari un tempo, oggi con l’età avanzata un po’ meno), ma Dio ha scelto noi e chi doveva scegliere di diverso? Dio ha scelto me, ha scelto ciascuno di noi non perché siamo i più belli, i più forti, i più santi, perché se uno si aspetta l’eccezionale, allora mi presento io e questo si mette anche a ridere.
È sempre presente il problema che si è presentato all’interno della comunità dei Galati, e cioè che a volte il vangelo ci dice una cosa e noi deviamo, andiamo da un’altra parte. Di fronte alla notizia che Dio ci ama, a volte nasce la tentazione di cercare un altro Dio, un Dio pagano a cui offrire sacrifici per ottenere grazie. Bisogna fare attenzione a non ricadere nelle pratiche religiose frutto di tradizioni ed abitudini senza metterci il cuore, e non sto parlando di non recitare più i rosari, ma di pregarli con il cuore, che è diverso. Le parole di Paolo sono dure nei confronti dei Galati e li accusa di stoltezza e stupidità: perché hanno ancora bisogno di così tanti legami, costrizioni, indicazioni fredde per poter vivere il loro rapporto con Dio? Non è tanto diverso per noi, ma a volte le abitudini, le tradizioni, il “si è sempre fatto così” ci sollevano dalle nostre responsabilità. Essere liberi da certi legami ci rende responsabili e questo non ci piace, né da ragazzi, né da adulti, né da anziani. Siamo responsabili della nostra fede, responsabili: dare risposta alla chiamata di Dio, questa è la responsabilità cristiana.
Ecco il metodo nell’annunciare il vangelo, la testimonianza concreta della propria vita: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me”. Troppe volte siamo tentati di considerare e vedere in Cristo soltanto il vero Dio incarnato ma non è così: non solo Cristo è vero Dio ma soprattutto, come preghiamo nel Credo, per noi è vero uomo, l’uomo pienamente realizzato nella sua vocazione originaria, voluta da Dio. Io devo vivere la mia vita come Cristo ha vissuto la sua [3]. Noi abbiamo come punto di riferimento Cristo come uomo, per cui devo vivere come Lui, sono chiamato ad essere come Lui, con gli stessi sentimenti di pietà, di compassione. Allora, e qui concludo, quali sono le opere gradite a Dio? Faccio rispondere a Luca, amico e discepolo di Paolo: “Voi farisei pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno? Date piuttosto in elemosina quello che c'è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro” (Lc 11,39-41). Fate tutto ma se ne volete fare una, fate piuttosto giustizia, vivete nell’amore di Dio. Vorrei soffermarmi sul termine “elemosina”: il concetto è greco e in ebraico non esiste, poiché si parla di zedaqah, ovvero giustizia: quando quindi leggiamo nei vangeli "elemosina" questa è una traduzione greca e sbagliata. Gesù, che parlava in aramaico, non parla di elemosina, ma di giustizia. Il nostro rapporto con Dio è un rapporto di fede che non ha nulla a che vedere con quello che a volte pensiamo essere la religione; all’inizio della prima media io do ai miei alunni una definizione di fede che non ricordo dove ho trovato, ma mi serve per dire che la nostra non è una religione ma una fede. La fede è quell’atto di fiducia radicale con cui un uomo, una creatura si affida totalmente nelle mani del suo creatore (nel salmo 90 ritrovo questo sentimento, questo affidarsi totalmente, mettendosi nelle mani di Dio). Conclusione: siamo chiamati ad essere una benedizione, cioè quella benedizione che è il vangelo, la bella notizia che Dio ci ama; ora che Dio mi ami posso anche esserne convinto, ma se sono nella disperazione e non ho chi rende concreto questo amore di Dio, io quell’amore come faccio a sentirlo? Se mia moglie prega sentendosi disperata per tutto ciò che sta vivendo, devo sapere che l’amore di Dio per lei passa in primo luogo attraverso di me; ripeto, che Dio mi ami posso esserne sicuro, ma dove lo sento dove mi è dimostrato? Siamo chiamati ad essere un sacramento di salvezza gli uni per gli altri, un sacramento cioè un segno sacro della salvezza di Dio per l’altro. Sono chiamato a diventare un uomo, una donna nuova in pensieri, cioè cambiando la nostra testa (quanto sono lontani i miei pensieri dai tuoi pensieri…) ed occorre quindi alzare l’asticella dei nostri pensieri poiché dobbiamo arrivare a pensare come Dio per essere una benedizione. In parole: dobbiamo educarci a parole d’amore che sono quelle che rimangono in eterno (rendere le relazioni d’amore eterne già qua in terra per poi viverle in paradiso). In opere: cioè vivere uno stile di servizio. Vi siete visti in questi giorni? Anche poco fa notavo l’attenzione al fratello che aveva un piccolo problema e qualcuno è partito a prendere un cuscino: questo vuol dire essere sacramento di salvezza. Togliamoci dalla testa la sindrome del pubblicano, per cui dobbiamo sempre e comunque autoflagellarci come neanche nel Medioevo: "sono vecchio, non riesco più a fare niente"! Per essere sacramento di salvezza basta andare a prendere un cuscino. Ma vi siete visti quando vi abbracciate, quando dite qualcosa all’altro, ma anche quando discutete o litigate e non c’è acredine, ma la volontà di condividere? Vi siete visti? Siamo sacramento di salvezza. In omissioni: qui non mi veniva in mente niente, perché le omissioni sono qualcosa di negativo, di non fatto. Se le parole e le opere possono essere buone o cattive, le omissioni sono tutte cattive, per cui ho preferito declinare questa chiamata con il suo contrario, ovvero rivoluzione, cioè muoversi. Quale è la rivoluzione cristiana? Sentiamo ancora Paolo che nella lettera a Filemone, una lettera molto breve che si legge in pochi minuti, tratta il tema della schiavitù. Onesimo, schiavo di Filemone fugge e si rifugia da Paolo che da schiavo lo rende libero battezzandolo, ma una volta reso cristiano Paolo lo rimanda da Filemone accompagnato da questo biglietto che per noi oggi è Parola di Dio. “Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore”. (Flm 15-16). Sembra che Paolo giustifichi la schiavitù (ricordo che lo schiavo era di proprietà del padrone il quale aveva su di lui diritto di vita e di morte), però aggiunge "ricorda che io l’ho battezzato ed ora sarà anche tuo schiavo, ma è pure tuo fratello, riprendilo come schiavo ma è tuo fratello". Un secondo esempio riguarda il matrimonio; in quell’epoca storica era forte un’idea maschilista del matrimonio, ma forse chiediamoci anche se oggi è così diverso visto che diversi uomini si sentono in diritto di ammazzare le proprie mogli, compagne, fidanzate nel momento in cui si sentono lasciati. Il maschio aveva tre tipologie di donne: la moglie che serviva per fare ed educare i figli (e fare i figli per gli Ebrei era cosa molto importante ma non si cercava il divertimento), la serva che faceva i lavori di casa e l’amante che serviva per divertirsi. Seguendo la mentalità del tempo, Paolo scrive quel brano famoso letto in molte celebrazioni del matrimonio ed invita “nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto” (Ef 5,21-24). I mariti, qui presenti possono quindi rivolgersi alle loro spose sottolineando come l’obbedienza al marito per una donna sia imposta dalla stessa parola di Dio. A noi uomini è andata peggio e spesso ci dimentichiamo o facciamo finta di non aver sentito la seconda parte che forse è ancora peggiore come situazione: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei” (Ef 5,25) e Cristo è morto per la Chiesa e non solo. Quindi alle donne è chiesto di obbedire e agli uomini è chiesto di amare fino a morire, e francamente non so a chi sia andata peggio. Allora io sono un sacramento di salvezza nel momento in cui amo e mostro l’amore che ho nei confronti di Silvia fino a dare la vita, cioè tutto me stesso in ogni momento della mia vita per lei. Ecco allora che sono un sacramento di salvezza, ecco che rendo il mio rapporto un rapporto eterno, ecco la rivoluzione; io mi inserisco nel mondo e scopro che il mondo non va nella direzione della logica di Cristo. Fratelli, io non so se il presidente Mattarella firmerà il nuovo decreto Salvini sulla sicurezza, ma noi con questa legge abbiamo quantificato la vita di persone: io mi vedo il povero pescatore che vede in mare due, tre cinque persone e di fronte alla multa di dieci, quindici, venticinquemila euro, si trova di fronte alla scelta se dare da mangiare ai propri figli o salvare delle vite umane. Pare, leggendo i quotidiani di oggi, che il presidente insieme alla firma possa inviare una lettera chiedendo un ripensamento a livello di costituzionalità di un tale decreto, ma questo decreto deve interpellare la nostra coscienza cristiana e civile; non è possibile difendere la vita, essere contro l’aborto e non sobbalzare di fronte a decreti legislativi come questo. Quella non è vita? Mi sto riferendo anche al convegno delle famiglie del marzo scorso, dove si è parlato di aiutare la maternità e di modificare in senso antiabortista l’attuale legge; il caso francese è emblematico: l’anno scorso abbiamo portato Kelly a fare un corso di francese e c’erano famiglie con 3, 4 o 5 bambini e non sto parlando di immigrati. Questi bambini sono il risultato di leggi dello stato che hanno aiutato economicamente chi faceva figli; demonizzare l’aborto per poi non aiutare le famiglie, demonizzare l’aborto e dire che la vita di un uomo, una donna, un bambino naufraghi in mare perché non sono italiani costa 5000 euro è una legge cristiana? Io mi sto chiedendo le radici cristiane dell’Europa dove stanno? Allora c’è bisogno di una rivoluzione, una vera rivoluzione cristiana improntata all’amore infinito di Dio. In che modo oggi mi sento amato da Dio? In che modo voglio vivere la mia vita per essere un sacramento di salvezza, in pensieri nella logica di Dio e non del mondo, nelle parole d’amore e di cortesia che siamo chiamati a spargere: se non otteniamo risposta dobbiamo pensare che è colpa del fatto che siamo sordi e non abbiamo sentito come quando chiamo e chiedo qualcosa a mio figlio mentre è su in camera e lui mi risponde annuendo, ma sono io che non sento, non è lui che non ha risposto, nelle opere mettendoci al servizio degli altri anche se a volte le forze sembrano non consentirci di fare le cose eccezionali che in passato abbiamo fatto, nella rivoluzione di chi va “in direzione ostinata e contraria” rispetto al mondo. L’altro giorno all’ospedale Silvia ha richiamato alla mia attenzione quanto aveva appena detto una signora la quale esprimeva il suo fastidio per gli zingari mentre verso i marocchini no perché in fondo sono bravi. Siamo santi perché Dio ci benedice ogni giorno e perché siamo chiamati a fare questo, se noi non lo facciamo è colpa nostra, come diceva san Paolo, che predicava gratuitamente e predicava perché lo doveva fare come imposizione morale, perché se ho scoperto una cosa bella non la posso trattenere per me, con le parole, aiutando i nostri figli quantomeno ad essere giusti, poi io so che tutte le volte che nomino Cristo, la Chiesa, Dio, mio figlio chiude le orecchie e allora non lo nomino, glielo dico in un altro modo, l’importante è essere persone giuste, solidali, cosi posso dire a mio figlio: “vivi il vangelo e poi trovi Cristo che è lì accanto a te!" |