Preghiera di Comunità Una |
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giovedì 6 febbraio 2014
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Granelli
di sale, fiammelle di luce
Gesù proseguì: «Voi
siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa
lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via
e calpestato dalla gente.
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La
settimana scorsa abbiamo celebrato la presentazione al tempio di Gesù.
Simeone
arriva al tempio, vede Maria, Giuseppe e il bimbo e riconosce in lui il
Messìa. Lo prende tra le braccia e dice di lui “luce per illuminare
le genti”. E noi questo lo crediamo e lo professiamo nel Credo quando
diciamo “Dio da Dio, luce da luce”. Crediamo che Gesù, il
Messìa, il Salvatore, sia la luce che illumina, getta luce sulle
realtà spirituali e sul senso della nostra esistenza.
Oggi
però Gesù ci spiazza. Dice: “voi siete la luce
del mondo”, “voi siete il sale della terra”.
“Dai,
Gesù, non esagerare!” mi viene da dire. Io la luce del mondo???
Ma se vedo appena dove metto i piedi e nemmeno un metro più in là!
Eppure, se credo in Gesù, e ci credo sulla testimonianza degli apostoli,
devo prendere sul serio quello che dice.
Ferma
un attimo, ricominciamo da capo... a chi lo sta dicendo? Lo sta dicendo
ai suoi discepoli, immediatamente dopo aver proclamato il suo ritratto
della persona pienamente realizzata, della persona felice, le “beatitudini”
(che avremmo dovuto leggere domenica scorsa, se non si fosse accavallata
la festa della presentazione del Signore): beati voi che non attaccate
il cuore alle cose... beati voi che non vivete da arrabbiati... beati voi
che avete misericordia del prossimo... beati voi che perdonate e non serbate
rancore... beati voi che vedete la vita intorno a voi con occhio pulito,
privo di malizia... beati voi che costruite sentieri di pace coi fratelli,
coi vicini, col mondo...
Lo
sta dicendo ai suoi discepoli, ma lo sta dicendo anche a noi che, pur con
tanta fatica, cerchiamo di camminare sulle sue strade.
E ancora mi vien da dire: “No,
dai, non ci posso credere! Io luce? Io sale? Con tutti i miei difetti?
Con tutte le mie mancanze? Con tutti i miei tradimenti, i miei peccati?”.
Ma la parola di Dio resta lì, in tutta la sua chiarezza: “voi
siete la luce del mondo”, “voi siete il sale della terra”.
È una notizia troppo bella per prenderla alla leggera... eppure
non posso strappare questa pagina. È una parola che devo ascoltare.
Gesù
però ci dice anche che non ha senso che abbiamo cominciato a vedere
la sua presenza e a gustarne il sapore buono e ci teniamo tutto per noi.
“Voi siete il sale della terra”: dovete dare sapore alla vita intorno
a voi. “Voi siete la luce del mondo”: dovete illuminare i passi
di chi arranca nelle nebbie, dovete rendere visibile la bellezza interiore
di ogni persona, fatta a immagine di Dio, dovete buttare luce sulle realtà
interiori più profonde. Se siete miei discepoli non potete tenervi
per voi le cose belle che avete scoperto.
Sperimentiamo,
nel mondo intorno a noi e spesso anche nelle nostre famiglie, delle vite
trascinate, senza gusto, senza entusiasmo. Quanto lamentarsi, negli anziani,
che le cose non sono più come una volta! E quanti giovani spesso
sfiduciati! Quante persone che fanno fatica a tirare avanti, a volte sul
piano economico e materiale e altre volte su quello dei rapporti in famiglia
o degli impegni con malati o anziani! E quanti fratelli e sorelle che si
sentono un disastro, incapaci di fare niente di buono, incapaci di vedere
niente di buono in sé stessi!
Il
mondo ha bisogno di sapore, di luce, ed è importante che noi portiamo
sapore e luce dove possiamo. Non dobbiamo pensare di dover cambiare il
mondo, di fare grandi cose. È un po' come col sale in cucina: ne
basta una piccola quantità per dare gusto alle pietanze, una quantità
rapportata anche alla sensibilità di chi dovrà mangiarle.
E così, analogamente, non dobbiamo pensare che servano grandi energie
e competenze per "insaporire" le cose attorno a noi; dobbiamo solo aprirci
al mondo, farci vicini ai fratelli, lasciare trasparire la luce che si
è accesa dentro di noi. Il nostro vivere acquista un sapore vero
se produce più “vita” intorno a noi, amore, benessere, crescita
umana e spirituale. Essere “sale” e “luce” può concretizzarsi in
mille modi diversi, e qui possiamo solo buttare dei flash qua e là,
e magari sollevare delle domande da lasciare ronzare dentro al nostro cuore.
Certamente siamo stati sale e luce quelle volte in cui siamo riusciti a
trasmettere a qualcuno la presenza di un Dio che è padre buono e
misericordioso, che accoglie con lo stesso abbraccio ogni persona, forte
o debole, santo o peccatore.
Pensavo
ad esempio, per cominciare, alla Comunità Una, prima di tutto, e
poi alla comunità cristiana parrocchiale, vicariale e diocesana,
come luoghi fatti di persone che danno un sapore vero di fraternità
a dei rapporti personali che spesso, nella società più ampia,
sono insipidi, indifferenti, formali o addirittura conflittuali. Tra fratelli
nella fede e soprattutto tra fratelli di Comunità, dobbiamo assolutamente
sentire la spinta ad aiutarci a trovare il gusto buono della vita in Cristo,
a sollevarci dai momenti di depressione, a vedere le bellezze che ciascuno
ha anche quando si sente uno schifo, a distinguere, alla luce del Vangelo
di Gesù, le cose che contano per la vita da quelle generalmente
proposte dalla cultura mondana del benessere e dell’apparire.
Ma
dobbiamo anche ricordarci che la Comunità è una palestra,
dove facciamo esercitazioni, “ginnastica” per crescere nella vita cristiana,
che però, specialmente in quanto laici, è una vita da vivere
nel mondo dei rapporti quotidiani, nel lavoro, nel vicinato, nella partecipazione
alla vita sociale e politica del quartiere, della città, dell’Italia
e del mondo. E un'altra considerazione è che Gesù dice "voi...
siete sale, voi siete luce", rivolgendosi cioè ai discepoli
al plurale: l'opera di insaporire e di illuminare acquista maggiore forza
se è condotta non da singoli, ma da una comunità di fratelli
e sorelle.
In
gruppo, condividendo su queste letture, notavamo come spesso l’ambiente
di famiglia sia uno tra i più difficili per testimoniare la bellezza
di seguire il Cristo. Rischiamo di passare per dei fissati, dei bigotti...
Vorremmo che i nostri fratelli e sorelle di sangue o i nostri figli scoprissero
questo dono, vivessero con un respiro più largo, con un sorriso
più grande verso la vita... Come possiamo fare? Non è certo
con la discussione che si fa breccia nel cuore, e allora forse possiamo
solo testimoniare che affrontiamo con gioia la vita, anche con gli inevitabili
acciacchi, che non siamo arrabbiati, astiosi, criticoni, ma siamo contenti,
fiduciosi, sereni. Far vedere, nei fatti, che sappiamo spenderci per gli
altri... e ne siamo felici.
E
poi Isaia, nella prima lettura di questa domenica,
ci indica con chiarezza il modo concreto di essere luce e sale, quello
che Gesù nel Vangelo chiama “vedano le vostre opere buone”:
attraverso l’attenzione al bisognoso, l’amore fattivo per il sofferente,
la cura per saziare “l’afflitto di cuore”. Ciascuno di noi può cercare
di capire se l’attenzione che ha per il prossimo nel bisogno, materiale
o psicologico, possa essere rafforzata, allargata. Quanto sono attento
all’altro? Quanto contribuisco perché le persone che incontro trovino
più gusto nella vita, vedano orizzonti più sereni? O quanto
faccio finta di non accorgermi o trovo scuse che io non posso fare tutto
e ormai ho già dato?
Ma
Isaia mi pare che vada anche oltre al semplice intervento caritativo personale,
quando dice “toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito”.
Sono parole che ci devono interrogare: come posso contribuire a togliere
di mezzo l’oppressione? Come posso spingere, col mio stile di vita, prima
di tutto, e poi con la pressione dell’opinione, per contrastare la situazione
di povertà che si allarga, lo sfruttamento dei paesi impoveriti,
tipicamente da parte dei paesi “cristiani” di cui noi facciamo parte? Come
posso lavorare, nel quotidiano, perché lo straniero povero non sia
additato come una minaccia ma sia accolto come un fratello? Quali passi
posso compiere, anche pagando di persona, perché ogni famiglia,
ogni persona, abbia la possibilità di una vita dignitosa, casa,
istruzione, salute?
Le
letture di oggi, quindi, ci danno una notizia veramente buona: la fiducia
che il Cristo ci accorda di essere sale e luce nel momento stesso in cui
ci mettiamo al suo seguito. Ma allo stesso tempo ci chiedono di verificare
la qualità del nostro essere “sale”, vedere se per caso abbiamo
annacquato le indicazioni dateci da Gesù, le strade di felicità
che sono le beatitudini, verificare se il nostro cristianesimo ha preso
la piega della tradizione, dell’abitudine, buono per farci essere persone
“perbene”, ma insufficiente a dare sapore alla vita. Ci chiedono di andare
a scoprire i paralumi con cui abbiamo nascosto la luce del Vangelo, a verificare
se non siamo diventati timorosi di far trasparire la luce di Dio, se non
ci proponiamo all’esterno con atteggiamenti “politicamente corretti”, ricchi
di distinguo e precisazioni. Perché in questi casi rischiamo grosso,
rischiamo di essere diventati quel sale senza sapore che non serve a niente,
buono solo per essere buttato via e calpestato dalla gente.
Queste
letture e queste riflessioni servano dunque a darci una scossa. Ci accontenteremo
di una fede spenta? Di un cristianesimo senza sapore? No, rimettiamoci
con più decisione sulle strade tracciate dal Cristo e seguiamole,
per mano a Lui, e saremo granelli di sale, fiammelle di luce.
Così dice il Signore: «Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio». |