Preghiera di Comunità Una
Traccia di riflessione - Gruppo Fuoco
giovedì 6 febbraio 2014

 

Granelli di sale, fiammelle di luce



 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 13-16)

Gesù proseguì: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».


 
 

La settimana scorsa abbiamo celebrato la presentazione al tempio di Gesù.

Simeone arriva al tempio, vede Maria, Giuseppe e il bimbo e riconosce in lui il Messìa. Lo prende tra le braccia e dice di lui “luce per illuminare le genti”. E noi questo lo crediamo e lo professiamo nel Credo quando diciamo “Dio da Dio, luce da luce”. Crediamo che Gesù, il Messìa, il Salvatore, sia la luce che illumina, getta luce sulle realtà spirituali e sul senso della nostra esistenza.
 

Oggi però Gesù ci spiazza. Dice: “voi siete la luce del mondo”, “voi siete il sale della terra”.

“Dai, Gesù, non esagerare!” mi viene da dire. Io la luce del mondo??? Ma se vedo appena dove metto i piedi e nemmeno un metro più in là! Eppure, se credo in Gesù, e ci credo sulla testimonianza degli apostoli, devo prendere sul serio quello che dice. 

Ferma un attimo, ricominciamo da capo... a chi lo sta dicendo? Lo sta dicendo ai suoi discepoli, immediatamente dopo aver proclamato il suo ritratto della persona pienamente realizzata, della persona felice, le “beatitudini” (che avremmo dovuto leggere domenica scorsa, se non si fosse accavallata la festa della presentazione del Signore): beati voi che non attaccate il cuore alle cose... beati voi che non vivete da arrabbiati... beati voi che avete misericordia del prossimo... beati voi che perdonate e non serbate rancore... beati voi che vedete la vita intorno a voi con occhio pulito, privo di malizia... beati voi che costruite sentieri di pace coi fratelli, coi vicini, col mondo... 
 

Lo sta dicendo ai suoi discepoli, ma lo sta dicendo anche a noi che, pur con tanta fatica, cerchiamo di camminare sulle sue strade.

Gesù, come sempre, usa esempi semplici, come quello del sale, importante nella vita quotidiana, usato in certi periodi storici come moneta, anche offerto come simbolo di amicizia a chi entrava in casa. Il sale dà sapore, ma questa parola indica anche il sapere e la sapienza, perché sapienza è, in fondo, la capacità di dare il giusto sapore alle cose, ai fatti della vita. Quindi Gesù dice ai suoi discepoli, e quindi a noi, che noi sappiamo dare sapore alla vita, e non solo per noi, ma per la "terra".

E ancora mi vien da dire: “No, dai, non ci posso credere! Io luce? Io sale? Con tutti i miei difetti? Con tutte le mie mancanze? Con tutti i miei tradimenti, i miei peccati?”. Ma la parola di Dio resta lì, in tutta la sua chiarezza: “voi siete la luce del mondo”, “voi siete il sale della terra”. È una notizia troppo bella per prenderla alla leggera... eppure non posso strappare questa pagina. È una parola che devo ascoltare.
 

E, se ci penso bene, comincio a verificare che un po’ è proprio così. Da quando ho cominciato, anche forzatamente, a dare meno importanza alla mia carriera, al mio successo, da quando ho accettato i miei fallimenti personali e il crollo della mia immagine, da quando ho iniziato ad ascoltare con più regolarità la voce di Dio dentro di me, nel silenzio, da quando ho cominciato a dare più credito a Gesù che mi invita ad avere fiducia nel suo amore e nell’aiuto del Padre, da quando ho ridotto il mio continuo pensare al passato e al futuro, dando sempre più peso al momento che sto vivendo... la vita ha preso un sapore più buono... Ricordo quelle volte a Taizé, mentre mangiavo una minestra nella zona degli adulti in silenzio, e quella minestra aveva un sapore eccezionalmente buono... e alle prove dei canti che mi sembrava di essere dentro a un CD, come in un film di fantascienza.... o quelle volte che viaggiavo in moto su delle strade di collina in Francia e mi son messo a gridare “che bello!!!” nel casco... o quando sono partito in moto da solo per la Croazia, con l’adesivo fatto da me attaccato al cupolino, con la foto di un motociclista col sole dietro e la scritta “Se prendo le ali dell’aurora, anche là mi afferra la tua mano e mi guida la tua destra”, con la certezza che il Signore era con me, in me, ad accompagnarmi in quella nuova avventura... Sì, pian piano la vita ha preso un gusto più saporito, meno ansie, meno rammarichi, meno delusioni, meno sogni di quelli che rimandano la felicità al futuro... La consapevolezza che ho tutto quello che mi serve, ora, qui, per essere felice... Magari spesso non lo vedo, ma so che è così. E se mi metto in silenzio, pian piano si accende una luce che me lo fa vedere...

 

Gesù però ci dice anche che non ha senso che abbiamo cominciato a vedere la sua presenza e a gustarne il sapore buono e ci teniamo tutto per noi. “Voi siete il sale della terra”: dovete dare sapore alla vita intorno a voi. “Voi siete la luce del mondo”: dovete illuminare i passi di chi arranca nelle nebbie, dovete rendere visibile la bellezza interiore di ogni persona, fatta a immagine di Dio, dovete buttare luce sulle realtà interiori più profonde. Se siete miei discepoli non potete tenervi per voi le cose belle che avete scoperto. 
 

Sperimentiamo, nel mondo intorno a noi e spesso anche nelle nostre famiglie, delle vite trascinate, senza gusto, senza entusiasmo. Quanto lamentarsi, negli anziani, che le cose non sono più come una volta! E quanti giovani spesso sfiduciati! Quante persone che fanno fatica a tirare avanti, a volte sul piano economico e materiale e altre volte su quello dei rapporti in famiglia o degli impegni con malati o anziani! E quanti fratelli e sorelle che si sentono un disastro, incapaci di fare niente di buono, incapaci di vedere niente di buono in sé stessi!
 

Il mondo ha bisogno di sapore, di luce, ed è importante che noi portiamo sapore e luce dove possiamo. Non dobbiamo pensare di dover cambiare il mondo, di fare grandi cose. È un po' come col sale in cucina: ne basta una piccola quantità per dare gusto alle pietanze, una quantità rapportata anche alla sensibilità di chi dovrà mangiarle. E così, analogamente, non dobbiamo pensare che servano grandi energie e competenze per "insaporire" le cose attorno a noi; dobbiamo solo aprirci al mondo, farci vicini ai fratelli, lasciare trasparire la luce che si è accesa dentro di noi. Il nostro vivere acquista un sapore vero se produce più “vita” intorno a noi, amore, benessere, crescita umana e spirituale. Essere “sale” e “luce” può concretizzarsi in mille modi diversi, e qui possiamo solo buttare dei flash qua e là, e magari sollevare delle domande da lasciare ronzare dentro al nostro cuore. Certamente siamo stati sale e luce quelle volte in cui siamo riusciti a trasmettere a qualcuno la presenza di un Dio che è padre buono e misericordioso, che accoglie con lo stesso abbraccio ogni persona, forte o debole, santo o peccatore.
 

Pensavo ad esempio, per cominciare, alla Comunità Una, prima di tutto, e poi alla comunità cristiana parrocchiale, vicariale e diocesana, come luoghi fatti di persone che danno un sapore vero di fraternità a dei rapporti personali che spesso, nella società più ampia, sono insipidi, indifferenti, formali o addirittura conflittuali. Tra fratelli nella fede e soprattutto tra fratelli di Comunità, dobbiamo assolutamente sentire la spinta ad aiutarci a trovare il gusto buono della vita in Cristo, a sollevarci dai momenti di depressione, a vedere le bellezze che ciascuno ha anche quando si sente uno schifo, a distinguere, alla luce del Vangelo di Gesù, le cose che contano per la vita da quelle generalmente proposte dalla cultura mondana del benessere e dell’apparire.
 

Ma dobbiamo anche ricordarci che la Comunità è una palestra, dove facciamo esercitazioni, “ginnastica” per crescere nella vita cristiana, che però, specialmente in quanto laici, è una vita da vivere nel mondo dei rapporti quotidiani, nel lavoro, nel vicinato, nella partecipazione alla vita sociale e politica del quartiere, della città, dell’Italia e del mondo. E un'altra considerazione è che Gesù dice "voi... siete sale, voi siete luce", rivolgendosi cioè ai discepoli al plurale: l'opera di insaporire e di illuminare acquista maggiore forza se è condotta non da singoli, ma da una comunità di fratelli e sorelle.
 

In gruppo, condividendo su queste letture, notavamo come spesso l’ambiente di famiglia sia uno tra i più difficili per testimoniare la bellezza di seguire il Cristo. Rischiamo di passare per dei fissati, dei bigotti... Vorremmo che i nostri fratelli e sorelle di sangue o i nostri figli scoprissero questo dono, vivessero con un respiro più largo, con un sorriso più grande verso la vita... Come possiamo fare? Non è certo con la discussione che si fa breccia nel cuore, e allora forse possiamo solo testimoniare che affrontiamo con gioia la vita, anche con gli inevitabili acciacchi, che non siamo arrabbiati, astiosi, criticoni, ma siamo contenti, fiduciosi, sereni. Far vedere, nei fatti, che sappiamo spenderci per gli altri... e ne siamo felici.
 

E poi Isaia, nella prima lettura di questa domenica, ci indica con chiarezza il modo concreto di essere luce e sale, quello che Gesù nel Vangelo chiama “vedano le vostre opere buone”: attraverso l’attenzione al bisognoso, l’amore fattivo per il sofferente, la cura per saziare “l’afflitto di cuore”. Ciascuno di noi può cercare di capire se l’attenzione che ha per il prossimo nel bisogno, materiale o psicologico, possa essere rafforzata, allargata. Quanto sono attento all’altro? Quanto contribuisco perché le persone che incontro trovino più gusto nella vita, vedano orizzonti più sereni? O quanto faccio finta di non accorgermi o trovo scuse che io non posso fare tutto e ormai ho già dato?
 

Ma Isaia mi pare che vada anche oltre al semplice intervento caritativo personale, quando dice “toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito”. Sono parole che ci devono interrogare: come posso contribuire a togliere di mezzo l’oppressione? Come posso spingere, col mio stile di vita, prima di tutto, e poi con la pressione dell’opinione, per contrastare la situazione di povertà che si allarga, lo sfruttamento dei paesi impoveriti, tipicamente da parte dei paesi “cristiani” di cui noi facciamo parte? Come posso lavorare, nel quotidiano, perché lo straniero povero non sia additato come una minaccia ma sia accolto come un fratello? Quali passi posso compiere, anche pagando di persona, perché ogni famiglia, ogni persona, abbia la possibilità di una vita dignitosa, casa, istruzione, salute?
 

Le letture di oggi, quindi, ci danno una notizia veramente buona: la fiducia che il Cristo ci accorda di essere sale e luce nel momento stesso in cui ci mettiamo al suo seguito. Ma allo stesso tempo ci chiedono di verificare la qualità del nostro essere “sale”, vedere se per caso abbiamo annacquato le indicazioni dateci da Gesù, le strade di felicità che sono le beatitudini, verificare se il nostro cristianesimo ha preso la piega della tradizione, dell’abitudine, buono per farci essere persone “perbene”, ma insufficiente a dare sapore alla vita. Ci chiedono di andare a scoprire i paralumi con cui abbiamo nascosto la luce del Vangelo, a verificare se non siamo diventati timorosi di far trasparire la luce di Dio, se non ci proponiamo all’esterno con atteggiamenti “politicamente corretti”, ricchi di distinguo e precisazioni. Perché in questi casi rischiamo grosso, rischiamo di essere diventati quel sale senza sapore che non serve a niente, buono solo per essere buttato via e calpestato dalla gente.
 

Queste letture e queste riflessioni servano dunque a darci una scossa. Ci accontenteremo di una fede spenta? Di un cristianesimo senza sapore? No, rimettiamoci con più decisione sulle strade tracciate dal Cristo e seguiamole, per mano a Lui, e saremo granelli di sale, fiammelle di luce.
 


Dal libro del profeta Isaia (Is  58, 7-10)

Così dice il Signore: «Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio».